1 novembre 2023

Il linguaggio del corpo

Che cos’è amarti? Avere premure per te come nucleo di relazioni: non ti amo se non amo tutto ciò che tu ami.

Se per amarti ti separo da ciò che ami e ti faccio mia/mio, ti uso per me, come strumento per soddisfare i miei bisogni, questo non è amore.

C’è amore tra universi parzialmente sovrapposti, in cui c’è incontro e distanza. Nell’amore c’è spazio per tanti, perché tutti mi portano e ti portano qualcosa.

Qual è allora la differenza tra una relazione matrimoniale e le altre? La stabilità. Il matrimonio è una relazione stabile, a cui si resta fedeli non perché utile o piacevole, ma perché l’ho scelta e fatta crescere come parte di me.

Il dono che porta la stabilità è il crescere della capacità di rimanere nei problemi finché o li risolvi o cambi tu, senza fuggirne.

Da che cosa viene creata la stabilità? Essenzialmente da una vita familiare: casa, figli, parenti, riconoscimento sociale. I rapporti sessuali sono entrati a far parte delle esigenze della stabilità perché attorno ai figli, che in essi sono concepiti, si crea famiglia; e un genitore non può essere presente in più famiglie. I rapporti sessuali creano, inoltre, coinvolgimento emotivo profondo, desiderio di condivisione di ogni altro aspetto della vita. Sono dunque più tipici della relazione matrimoniale. Diversamente si creerebbe un doloroso “vorrei ma non posso”, un’attrazione verso una totalità che in altri tipi di relazione è impossibile da ottenere.

In che occasioni si parla col corpo? La corporeità crea o esprime emozioni, in vista di un’unione con chi sento prezioso per la mia vita. Dunque:

  • la uso ritualmente per creare unione in un saluto;

  • la uso quando sono io / è l’altro travolto da una forte emozione, che l’essere uniti aiuta a stemperare e ad affrontare;

  • la uso, in un impulso di tenerezza, per celebrare la bellezza del sentirci uniti.

C’è un linguaggio del corpo in cui i gesti possono dunque dire:

  • «ciao, sono contento di vederti»

  • «ti sono vicino»

  • «ti voglio bene»

Ma i gesti possono anche dire «Voglio ricevere da te piacere e dartene»; non nascono, cioè, dalla simpatia, dalla vicinanza, dalla tenerezza, ma dalla pulsione erotica, che, come abbiamo detto, di per sé è orientata a creare famiglia.

Quando allora voglio parlare col corpo, devo chiedermi: cosa voglio dire con i gesti che faccio? Il linguaggio che uso esprime ciò che voglio dire? Voglio davvero e sono in grado di sostenere la prospettiva che quel linguaggio simbolicamente sta creando?

E’ importante discernere, da una parte per non creare situazioni in cui uso chi invece vorrei amare, dall’altra per esprimere compiutamente coi gesti ciò che voglio dire, senza lasciarmi bloccare dal timore che possano dire altro.

Ma la scelta di usare quel determinato linguaggio si può dire corretta solo dopo averne verificato i frutti. Che cosa, dunque, ci dice che stiamo usando correttamente il linguaggio del corpo in quella determinata relazione? Il fatto che questa cresca arricchendo contemporaneamente anche le altre.

Se un gesto d’amore è vero, fa crescere nell’amore chi lo fa, che diventa così più capace d’amore con qualsiasi altra persona. Dove c’è concorrenza, dove una relazione cresce a detrimento di altre, nasce il sospetto che le persone si stiano usando, non amando.

                                                                                    Michele Bortignon

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