Che cosa ancora cercare di sapere a suo riguardo? Forse con qualcuno aveva parlato dei suoi progetti, del perché volesse andare a Gerusalemme e di cosa avesse intenzione di fare una volta giunto là.
Mentre formulava questi pensieri, don Manuel si ritrovò ancora una volta nelle vicinanze della cattedrale. Ed entrò per un momento di preghiera.
La luce che penetrava attraverso le vetrate, rifrangendosi sulle tessere policrome, disegnava mosaici colorati sulle pareti e sul pavimento. Alzando lo sguardo, si soffermò incuriosito su una raffigurazione dell’ascensione: davanti ai discepoli, Gesù si alzava verso il cielo lasciando profondamente impressa, sul suolo roccioso, l’impronta dei suoi piedi.
Don Manuel si trovò a pensare che anche Iñigo aveva lasciato un’impronta importante nelle persone che aveva accompagnato. Lui stesso, negli incontri di quegli ultimi giorni, aveva potuto notarlo: erano cambiate dentro, e ora provavano la stessa sete di Dio che muoveva Iñigo, avevano accolto il suo stesso modo di pensare, si erano rivestite del suo stesso modo di fare.
Ma come avevano vissuto il distacco da lui?
«Si, ecco: forse è questa l’ultima cosa che mi resta da sapere», pensò. «A volte il momento dell’addio mostra la qualità di un legame, rivelando se si è creata una dipendenza o se la relazione ha aiutato a crescere».
Afferrato da questa intuizione, uscì di chiesa dirigendosi ancora una volta verso la casa di Calle Sobrerroca.
Canyelles lo accolse questa volta un po’ perplessa per quel suo continuo cercare: «Ah, ecco il discepolo mancato!» lo punzecchiò salutandolo. «Si direbbe che lei non riesca a rassegnarsi alla partenza di Iñigo. Ma guardi che nessuno è indispensabile a questo mondo! Chiunque abbia fatto esperienza di Dio diventa un tubo che convoglia il suo Spirito. Ma l’acqua ce la mette Dio! Da un tubo o da un altro…».
Don Manuel non riuscì a capire se quell’osservazione esprimesse acume o sarcasmo e preferì tornare alla questione che gli premeva: «E’ proprio di questa partenza che volevo sapere…».
«Beh, non c’è molto da dire… E’ stato un momento… un po’ strano. Per queste occasioni si pensa a un addio strappalacrime, con promesse di rincontrarsi… Noi, invece, ci siamo quasi trovati a litigare. Si: ci siamo scontrati su due diversi modi di vedere le cose e alla fine ciascuno è rimasto della propria idea. Senza comunque che questo incrinasse l’affetto reciproco.
Vede, forse perché noi siamo madri, abbiamo il vizio di preoccuparci, a volte magari un po’ troppo… Ma quella volta ci sembrava saggio che Iñigo non intraprendesse un viaggio così pericoloso da solo. Si sa: in due ci si può sempre aiutare in caso di bisogno! Qualcuno degli uomini a cui aveva dato gli Esercizi si era anche offerto di andare con lui. Ma sa cosa ci rispose? «Prendendo con me un compagno, se avessi fame da lui mi aspetterei l'aiuto, se inciampassi da lui potrei sperare una mano per rialzarmi. Così porrei la mia fiducia in lui e finirei per affezionarmici a motivo di tutte quelle attenzioni. Io invece voglio riporre questa fiducia, questo affetto e questa speranza solo in Dio. Per questo preferisco partire da solo: mio unico desiderio è avere soltanto Dio come rifugio1».
Beh, devo dirle che questo non accettare la nostra offerta non lo capimmo: un dono è segno di un affetto che ti accompagna. E nell’affetto umano è Dio che si fa presente. Perché la grande nostalgia di Dio è di continuare a incarnarsi per starci vicino.
Ma, forse, questo desiderio di Dio lo può capire solo chi, come una madre, ha portato un bambino in grembo, o, almeno chi, come un padre, lo ha fatto crescere al proprio fianco.
Io dico che non si può amare Dio senza tener conto di lui, del modo in cui lui vuole amarci: senza accettare che ora si nasconda per farsi cercare e ora ci capiti improvvisamente davanti per farsi abbracciare; che ora voglia stupirci confondendosi nella grandezza dell’universo e ora voglia sfiorarci nella carezza di una persona di cui sei tu l’universo…».
«E il fatto che non abbia accettato la vostra proposta di aiuto vi ha molto deluso?».
«Da una parte sì, perché non ha saputo darci il dono più grande: il piacere di ricambiare, la possibilità di una reciprocità. E’ stato un padre per noi, ma non ci ha lasciato esercitare la nostra maternità nei suoi confronti. Si sa: chi si limita a ricevere si sente pur sempre inferiore al donatore!
Da un altro punto di vista, però, ci siamo consolate: noi ci sentivamo così piccole al suo confronto! Ma in quell’occasione abbiamo capito che anche un grande amore per Dio può avere davanti ancora tanta strada da fare nel cammino della maturità umana. Perché non si può raggiungere Dio se non passando per l’uomo: Cristo insegna!».
Don Manuel assentì a quelle parole, che gli sembrarono effettivamente esprimere una verità. Mentre però si avviava verso casa, gli parvero perdere di smalto, quasi non bastassero a spiegare la complessità della situazione.
Anche se non poteva ammetterlo con se stesso, la consuetudine con la vicenda di Iñigo - una vicenda così umana che era difficile porsi davanti ad essa in attacco o sulla difensiva - cominciava a farglielo sentire un compagno di strada; e, di fronte all’incomprensione altrui, si sentì quasi in dovere di prendere le sue difese.
Quel voler porre solo in Dio la propria sicurezza non era forse il punto d’arrivo nella conversione del cavaliere che, sicuro di sé, voleva farsi santo? Dai grandi progetti offerti a Dio era passato al camminare nella vita ascoltandola assieme a lui!
Sì, forse c’era anche qui una parte di protagonismo - e il diverbio con le donne di Manresa lo evidenziava -, ma intanto era un passo nella direzione che Dio aveva cominciato a fargli intravvedere. Era una sfida che Iñigo lanciava a se stesso, a quel se stesso così ancora legato ai criteri del mondo anche nel seguire Dio, ma che voleva sempre più assomigliare a quel Cristo che lo aveva affascinato.
Era, ancora, di fronte alla grandezza della sua chiamata a conoscerlo sempre meglio (per questo voleva recarsi nei luoghi in cui Egli aveva vissuto e operato!), un rifiutarsi di lasciarsi limitare dai propri problemi fisici (la gamba continuava a fargli male e ora ci si erano messi pure i dolori allo stomaco!) e dalle proprie paure, che lo avrebbero confinato in una vita comoda e sicura, ma insignificante.
Era, infine, il coraggio di rendersi libero da cose e persone per seguire la visione che Dio gli aveva messo nel cuore. Cosa avrebbe scoperto seguendola? Ancora non lo sapeva; il suo “Dio solo” per il momento era un impulso affettivo, una dichiarazione d’amore, un affidarsi gratuito alla gratuità. Non lo sapeva… ma echi di antiche Parole avevano fondato la promessa: “Quelle cose che occhio non vide né orecchio udì né mai entrarono in cuore di uomo Dio le ha preparate per coloro che lo amano2, per coloro che gettano in Lui le proprie preoccupazioni, credendo che Egli si prenderà cura di loro3”.
E immaginò Iñigo affidarsi completamente a Cristo con l’antica preghiera che un giorno questi aveva letta su uno dei portoni dell'Alcazar di Siviglia:
Anima di Gesù santificami.
Corpo di Cristo salvami.
Sangue di Cristo inebriami.
Acqua del costato di Cristo lavami.
Passione di Cristo fortificami.
O buon Gesù esaudiscimi.
Nelle tue piaghe nascondimi.
Non permettere che io sia separato da Te.
e comandami di venire a Te
perché con i tuoi Santi ti lodi,
nei secoli dei secoli.
Amen.
1 Ignazio di Loyola, Autobiografia, n.35
2 1 Cor 2, 9
3 1Pt 5, 7-9
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