Ci sono momenti, talora periodi,
in cui senti una sorta di aridità interiore, una sensazione di deserto,
un’oppressione quasi fisica che non sai da dove venga.
La prima possibile causa è la desolazione: non hai fatto
nulla di male, ma proprio perché sei orientato verso il bene, lo spirito del
male cerca di spaventarti con le sue esagerazioni («Dove vai a farti del
male?!») o di scoraggiarti con scrupoli («In quel che stai facendo, qualcosa di
sbagliato comunque c’è!») e sensi di inadeguatezza («Non puoi farcela!»).
Il risultato è che continui a
rigirarti nella paura, nell’angoscia e sprofondi sempre più nella palude della
tristezza.
L’aridità, in questo caso, è uno
strumento dello spirito del male per bloccarti e tenerti con sé, da cui puoi
uscire accorgendoti del tranello in cui sei caduto e rialzando lo sguardo verso
quel Dio che hai perso di vista, che ti porta a guardare con realismo la
situazione in cui ti trovi e ad affrontarla nel suo Spirito.
Se il disagio ti raggiunge quando
col peccato ti sei allontanato da Dio, e il disgusto per quel che hai fatto,
unito alla nostalgia di essere con Lui, ti chiama a tornare a camminargli
accanto, si parla di compunzione. Può però anche, più semplicemente, nascere da
una situazione che, pur senza peccato, va comunque corretta perché la stai
vivendo in una modalità che non è risposta adeguata alla realtà: è il caso di
tante reazioni istintive, che riproducono nel presente reazioni di difesa a
ferite del passato, ma che ora fanno inutilmente male a te e agli altri.
Nella compunzione, l’aridità è
allora uno strumento di Dio per aiutarti ad accorgerti della strada sbagliata
che stai percorrendo e richiamarti con Sé a fare ciò che è giusto.
Una terza situazione di aridità
può semplicemente derivare da problemi di salute: quando stai male, anche
l’umore ne è influenzato e tendi a vedere tutto nero, ad essere irritabile, a
sentire tutto come un peso. Il problema si presenta soprattutto nei malesseri
dovuti a sbalzi ormonali, ad esempio, per le donne, in certi giorni del ciclo.
L’ultima possibile causa possiamo
illustrarla con la metafora del bambino a cui il padre sta insegnando a
camminare. Si sente sicuro nel sostegno della sua mano, ma, ad un tratto, lo
perde: non perché il padre l’abbia abbandonato -è lì accanto che continua a
seguirlo con premura!-, ma perché è giunto il momento che provi a muovere da
solo i primi passi.
Così anche tu ad un certo punto
devi imparare a camminare da solo nella situazione che stai vivendo, imparando
a fare ciò che è bene anche senza necessariamente sentirti confermato dal suo
appoggio affettivo, andando comunque avanti a fare ciò che è giusto.
A
differenza delle situazioni precedenti, non sei angosciato come nella
desolazione, non stai facendo qualcosa di sbagliato come nella compunzione, non
sei ammalato, ma, anzi, stai facendo tranquillamente ciò che è bene, ciò che è
giusto, e quanto fai dà frutti positivi per te e per gli altri. Affrontala
dunque, senza spaventarti, per quel che è: un’occasione di crescita, in cui
sviluppare la virtù della fortezza, fatta di pazienza, di coraggio, di
perseveranza nelle avversità, per continuare nel bene senza scoraggiarti,
opponendoti alla pusillanimità, che, come insegna san Tommaso, è il difetto di
chi non raggiunge l'altezza delle proprie possibilità, cioè non si esprime
nella pienezza delle sue potenzialità, fermandosi davanti agli ostacoli o
accontentandosi di condurre un'esistenza mediocre.Michele Bortignon