4/18/2013

Gestire ansie e paure

Secondo una psicologia che attualmente si sta facendo strada, le emozioni che fanno male a te e a gli altri (invidia, avarizia, superbia, tristezza, lussuria, ira, ecc.; tutte sempre accompagnate da ansia e paura) sono una parte di te, da accettare e di cui capire il messaggio.
Ora, se qualcosa fa parte di te, è ineliminabile, per cui, logicamente, devi accettarlo, far pace con la sua presenza in te; ma, per riuscirci, devi capirne il senso, il significato costruttivo nell’ambito della tua vita individuale e sociale.
Si tratta senz’altro di una visione immediatamente tranquillizzante: «Allora non sono sbagliato!», ti dici, «Semplicemente non mi sono ancora capito». E provi allora a capirti. Naturalmente lo farai applicando i tuoi schemi interpretativi della realtà, quelli che si sono formati a partire dalla tua esperienza della vita.
Sulla base di questi, emerge che è assolutamente giusto che tu faccia quel che stai facendo: sono gli altri a sbagliarsi, per cui il problema si risolverà quando saranno loro a cambiare. «Sono una vittima del sistema!».
Oppure i tuoi limiti sono talmente grandi che nulla potrà mai assolutamente cambiare nella tua situazione. «Sono una vittima del destino!».
La tua pacificazione assume allora il volto della rassegnazione: poiché gli altri non intendono cambiare e la storia non può essere cambiata, vorrà dire che va bene così!
La tua vita assume allora un tono basso, a tratti lacerato da lampi di insofferenza e di ribellione. Oppure ti immergi nel lato piacevole di queste emozioni, senza pensare a cosa sarà di te domani o alle conseguenze sugli altri.

Considerati gli esiti, questa psicologia non può certo costituire una prospettiva appetibile  per il cristiano, che nella Pasqua di Cristo trova un’alternativa ben più vitalizzante: guardando alla propria vita in sovrapposizione alla vicenda di Gesù, vede che c’è una morte attuale, creata per l’appunto da queste emozioni devastanti; c’è una strada per vivere in modo diverso la situazione che gli crea problema (nello Spirito del Cristo: nella fede, nella speranza, nell’amore; rivestendo un ruolo attivo, non di vittima!); e c’è infine una risurrezione: la situazione viene trasformata da questo suo modo di viverla, perché interiormente -anche se fuori potrebbe non essere cambiato nulla!- egli vive nella gioia, nella serenità, nella libertà interiore.

Qual è, dunque, l’approccio cristiano alla gestione delle emozioni negative, per poterle vivere nella dinamica pasquale?

Da un punto di vista ontologico, innanzitutto, devi renderti conto che queste emozioni non sono parte di te. Sono una reazione formatasi nell’ambito di una storia di relazioni affettivamente importanti, in cui sei stato però ferito da comportamenti manipolatori (seppure a volte anche a fin di bene!). Situazioni attuali che te le ricordano fanno risorgere i fantasmi di queste situazioni dolorose già vissute.
Se entri in dialogo con l’ansia e la paura che connotano tutte le tue emozioni negative, esse ti convinceranno che la situazione non è cambiata, semplicemente ti si ripresenta in forme diverse, per cui devi continuare a comportarti come allora hai imparato. Ma così continuerai a rimanere immerso nell’ansia e nella paura.

Quello che devi ascoltare non è, dunque, l’ansia e la paura, ma la parte più viva di te stesso, che ti dice che non è umano continuare a star male, non è un destino immodificabile, e che vivere è essere nella gioia e nella serenità.
Devi dunque ascoltare, prima di tutto, la voce di Dio, che ti parla di ciò che dà questa gioia e questa serenità: l’amare e l’essere amato, il credere che l’Amore fa ordine nell’esistenza creando Vita, per cui puoi sperare in un futuro diverso.
Solo dopo aver sperimentato che cosa dà vita, puoi tornare a guardare -questa volta con il Dio della Vita!- i problemi che suscitano le tue ansie e le tue paure, per capire con Lui come viverli.

Dalle emozioni che ti travolgono puoi imparare solo se ne esci: mentre ci sei dentro, la tua mente ne è devastata e ti impedisce di vedere qual è il bene per te e per gli altri.
E puoi uscirne, puoi distanziartene se chiami ad esserti accanto Colui che ti dice: «Non temere: io sono con te!»
Con Lui accanto puoi guardare senza paura alla tua paura: “Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché Tu sei con me” (Sal 8, 4).
Non sono allora le tue ansie e le tue paure che devi ascoltare, ma Dio che, dalla prospettiva della Vita, ti porta a scoprirne il significato: da dove vengono, dove ti portano e, quindi, cosa fare con quello che ti suggeriscono. E soprattutto che ti dice che ora Lui ti è vicino per aiutarti a ricominciare in maniera diversa.
Allora le paure non fanno più paura, ma diventano occasione di crescita.

Per uscirne completamente, è bene che “giudichi” le tue emozioni negative, osservando e comprendendo la morte interiore -e spesso anche il male fisico!- che esse ti provocano, ed arrivi a emanare la loro condanna: «Sono un male per me e non voglio più esserne travolto, non voglio più farmene condizionare». Ora puoi farlo perché l’aver scoperto che cosa dà Vita ti permette di capire come vivere ciò che ti fa problema in una prospettiva diversa, che scopri darti gioia, serenità, libertà da ciò che prima ti gettava nell’ansia e nella paura.

Quando dunque il malessere interiore -e spesso anche fisico!- ti dice che sei preda di ansie e di paure, evita di lasciarti parlare da queste, che ti portano ad avvitarti sempre più in te stesso, sprofondando nella palude della tristezza fino ad arrivare alla disperazione; quello che devi fare è invece dare spazio a quella piccola luce che ti dice che non è qui la vita, che devi cercarla altrove. Come? Dove? Non è da solo che puoi affrontare questi problemi -la tua esperienza malata non sa trovare altre soluzioni che quelle che già applichi!- ma aprendoti a un’altra esperienza, all’esperienza che altri hanno della Vita, e che ti può essere confermata dalle tue piccole ma concrete esperienze di vita che le rispecchiano.

Queste esperienze di Vita un cristiano sa di poterle trovare nella Bibbia, storia di un’umanità alla ricerca di una risurrezione all’interno delle proprie morti, e nella Chiesa, comunità di uomini come tutti feriti dall’esistenza, messi in cammino dalla fiducia di trovare Vita nell’Amore.

L’assunto teologico si scopre qui corollario psicologico: Non ci si può salvare da soli! La via per affrontare un problema è quella di aprirti all’ascolto degli inputs esterni oltre che di quelli interni, facendoli interagire tra loro, in modo che si rispondano l’un l’altro, fino a che non emerga una prospettiva che ti lasci nella pace, realizzando il bene tuo e, contemporaneamente, delle altre persone implicate nella questione.
Fa’ dunque emergere entrambe le voci che ti parlano di come affrontare la situazione che ti crea problema. Se, in un doverismo fondamentalista, ascolti solo la voce di Dio, senza far emergere le obiezioni dell’altra, più tardi queste emergeranno, mettendoti in crisi. Se ascolti solo le tue ansie e le tue paure, che ti paralizzano o ti sparano su vie di fuga, continuerai a rimanere nella nebbia e a star male, senza riuscire ad emergere dal problema.

Nella visione cristiana, l’esito finale è una situazione pacificata non dall’accettazione dello status quo, ma da una sintonizzazione interiore sui valori più vitalizzanti dell’essere umano, che, in prospettiva, riescono ad incidere anche nella situazione esterna, avviandola ad un cambiamento nello stesso loro senso.

                                                                                             Michele Bortignon