Il sinodo dei vescovi sulla nuova
evangelizzazione, svoltosi nell’ottobre del 2012, ha affermato che la Chiesa ha
bisogno dei laici, in un ruolo non di semplice collaborazione funzionale: la
nuova evangelizzazione ha bisogno che i laici diano testimonianza diretta e
vissuta della propria vocazione, perché il contatto con persone che compiono
scelte vere e profonde è ciò che più può porre agli uomini d’oggi
l’interrogativo sulla propria vocazione.
Mentre, dunque, nella nuova
evangelizzazione i preti portano la preparazione teologica, per trasmettere il
patrimonio della fede, e i religiosi uno stile di vita che rimanda a un Oltre,
quello che i laici hanno da offrire è l’esperienza dei problemi della vita concreta,
ma vissuti in maniera diversa da quanto propone il mondo: nella fede, nella
speranza, nell’amore, ossia nello Spirito del Cristo.
In questa prospettiva, Kaire
mette a disposizione un percorso formativo e una spiritualità che aiuta i laici
a vivere in Cristo la loro situazione di vita e con Lui trasformarla in
esperienza di vita per gli altri. E’ questa la specifica missione di chi vive nella
spiritualità Kaire: con la propria storia farsi compagno di strada di chi sta
cercando la salvezza che Cristo può portargli, quella salvezza che lui per
primo ha trovato nella relazione con Lui.
Abbiamo infatti sperimentato che
vivendo il nostro problema con Cristo, nel suo Spirito, la nostra morte si apre
ad una risurrezione. E questa è una ricchezza, una lezione di vita a
disposizione di quelli che ora stanno vivendo il nostro stesso problema».
E’ proprio in questo modo che Ignazio
di Loyola ha composto i suoi “Esercizi Spirituali”: “…io chiesi al
pellegrino qualche notizia sugli Esercizi, desiderando conoscere come li aveva
composti. Mi rispose che non li aveva
scritti tutti di seguito, ma quello che accadeva nell'anima sua e trovava
utile, ritenendo che avrebbe potuto giovare anche ad altri, lo annotava” (S.
Ignazio di Loyola, Autobiografia, n.99).
Crediamo dunque che dare Esercizi
spirituali non può limitarsi ad applicare un metodo, ma è un camminare con Dio
che accosta l’altro nel suo percorso, perché anch’egli impari a camminare con
Dio.
Ma la spiritualità Kaire non è
solo vivere in Dio la concretezza della nostra storia. Camminare con Dio
sarebbe solo un arido impegno se non fosse prima di tutto relazione fatta di
dialogo, di tenerezza, di confidenza, di fiducia, ossia di presenza reciproca
affettivamente gustata.
In una parola, stiamo vivendo il
Kaire quando in tutto e per tutto siamo capaci di rallegrarci (da qui appunto
il nome: “Kaire!” = “Rallegrati!”) perché qualsiasi situazione è occasione e
opportunità di vivere con Cristo e in Cristo in un’intimità, in una comunione
di Spirito che ci fa sempre più uno con Lui.
Nonostante siano caratteristici
del Kaire, gli aspetti che abbiamo appena descritto appartengono però anche ad
altre esperienze. Non è dunque a livello teologico o pedagogico che si trova
ciò che rende il Kaire unico, ma a livello ecclesiologico.
Tornando a quanto citato
all’inizio riguardo l’auspicio dei vescovi di vedere il laicato assumere nella
Chiesa un ruolo non subordinato, ma coordinato con quello delle altre
componenti ecclesiali, in una situazione come l’attuale, in cui
l’accompagnamento spirituale è tradizionalmente esercitato dal clero e dai
religiosi, o subordinato ad una loro supervisione, Kaire è l’esperimento di
renderlo un servizio svolto in autonomia e responsabilità dai laici, validato non
da un patrocinio o da un controllo esterno, ma dai risultati ottenuti, seguendo
il criterio di discernimento indicato da Gesù: “Dai frutti li riconoscerete”
(Mt 7, 16).
Saranno dunque i frutti ottenuti -non
solo a livello personale, come la pace, la gioia e la libertà interiore, ma
anche a livello ecclesiale, come l’apertura al servizio e la comunione
reciproca- a dichiarare o meno la bontà
di questo esperimento e conseguentemente e dimostrare che con il laicato -opportunamente
accompagnato a vivere nello Spirito del Cristo e adeguatamente formato- è
possibile che la Chiesa possa continuare quella missione che il calo numerico
delle vocazioni sacerdotali e religiose sta rendendo problematica.
Un sogno assurdo? Intanto
cominciamo. Dal niente, ma cominciamo.
Anche la Trinità, nella visione
di Ignazio, ha iniziato la redenzione mandando il Figlio in un villaggio
sperduto in un’epoca impossibile!
Michele Bortignon
Michele Bortignon