Nel nostro mondo, spasmodicamente
teso alla ricerca di un benessere dagli orizzonti strettamente personali,
quante psicologie, quante filosofie di vita promettono di risolvere i nostri
problemi e di darci la ricetta per un’esistenza realizzata!
I problemi personali, però, nella
maggior parte dei casi nascono in ambito relazionale e quindi possono essere
guariti solo in ambito relazionale.
La psicologia dà un “perché” a
quel che sto vivendo, la filosofia dà un “come”, indica cioè una prospettiva
per uscirne, ma solo la spiritualità (che non prescinde comunque dagli apporti
della psicologia e della filosofia) dà un “Chi”, ossia la relazione con una
Persona che, dove nelle persone c’è limite e chiusura autocentrata, rimanda a
un oltre di relazionalità, e in Cristo si svela come principio della completa
espansione del Sé in tutto (l’amore!).
Con questo “Chi” che è oltre me,
e con cui posso entrare in relazione, posso uscire da me per entrare nell’oltre
da me quando quest’oltre non è un valore che io scelgo per uscire dal mio problema,
ma quando per quest’oltre mi sento scelto da Chi mi vuole con Lui, come Lui,
per essere Lui. E’ la forza di questa relazione, affettivamente importante, che
dà ali al cambiamento. Davanti, invece, a un valore che sento giusto assumere,
sento che sono io ad averlo scelto e sempre io posso ri-scegliere di
abbandonarlo alla prima difficoltà, nell’incapacità di perseverarvi. E’ grande
e degno questo atteggiamento prometeico, ma pesante da portare e intriso di
doverismo.
Il cambiamento che porta ad
uscire dalla malattia è dunque una vocazione: vocazione a condividere una
storia che porta alla salvezza, ossia ad una vita in pienezza, in cui la
malattia si scioglie o acquista senso.
“Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi
ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che
sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il
mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11, 28-30): ciò che
rende leggero il carico non è il suo non essere pesante, ma il fatto che è
portato in giogo, cioè in coppia, condiviso con un altro. E il giogo di Gesù è
l’essere in coppia col Padre, l’affrontare con Lui, nella preghiera, la
situazione che sta vivendo. Per noi, condividere il giogo con Gesù per entrare
nella vita in pienezza è fatto di due passi: il primo è di lasciarsi guarire le
ferite inferte da relazioni malate, incontrando in Lui Chi ci fa vivere una relazione
sana; il secondo quello di aprirsi alla bellezza di vivere con Lui verso gli
altri lo stesso amore con cui ci ha guarito e di cui ci riempie; in una parola,
essere Lui.
Guardando alle tante promesse di
salvezza che il mercato globale ci presenta per sedurci su strade settoriali,
riconosciamo che ognuna di queste porta beneficio, ma nessuna è risolutiva dei
nostri problemi, nessuna porta alla vita in pienezza se non affronta sul piano
relazionale l’origine dei nostri problemi, che è relazionale, e il desiderio
profondo che ci abita per entrare nella vita in pienezza, anche questo
relazionale.
Di fronte ad ogni psicologia e ad
ogni filosofia noi riaffermiamo la nostra fede in Gesù Cristo, crocifisso per
mostrarci che cos’è l’Amore e dall’Amore risuscitato ad una vita in pienezza,
per nutrire di speranza la nostra fede che “Se
siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo
anche con la sua risurrezione” (Rm 6,5).
Michele Bortignon
Michele Bortignon