11/04/2013

A quale livello affrontare i problemi personali?

Nel nostro mondo, spasmodicamente teso alla ricerca di un benessere dagli orizzonti strettamente personali, quante psicologie, quante filosofie di vita promettono di risolvere i nostri problemi e di darci la ricetta per un’esistenza realizzata!
I problemi personali, però, nella maggior parte dei casi nascono in ambito relazionale e quindi possono essere guariti solo in ambito relazionale.
La psicologia dà un “perché” a quel che sto vivendo, la filosofia dà un “come”, indica cioè una prospettiva per uscirne, ma solo la spiritualità (che non prescinde comunque dagli apporti della psicologia e della filosofia) dà un “Chi”, ossia la relazione con una Persona che, dove nelle persone c’è limite e chiusura autocentrata, rimanda a un oltre di relazionalità, e in Cristo si svela come principio della completa espansione del Sé in tutto (l’amore!).
Con questo “Chi” che è oltre me, e con cui posso entrare in relazione, posso uscire da me per entrare nell’oltre da me quando quest’oltre non è un valore che io scelgo per uscire dal mio problema, ma quando per quest’oltre mi sento scelto da Chi mi vuole con Lui, come Lui, per essere Lui. E’ la forza di questa relazione, affettivamente importante, che dà ali al cambiamento. Davanti, invece, a un valore che sento giusto assumere, sento che sono io ad averlo scelto e sempre io posso ri-scegliere di abbandonarlo alla prima difficoltà, nell’incapacità di perseverarvi. E’ grande e degno questo atteggiamento prometeico, ma pesante da portare e intriso di doverismo.
Il cambiamento che porta ad uscire dalla malattia è dunque una vocazione: vocazione a condividere una storia che porta alla salvezza, ossia ad una vita in pienezza, in cui la malattia si scioglie o acquista senso.
“Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11, 28-30): ciò che rende leggero il carico non è il suo non essere pesante, ma il fatto che è portato in giogo, cioè in coppia, condiviso con un altro. E il giogo di Gesù è l’essere in coppia col Padre, l’affrontare con Lui, nella preghiera, la situazione che sta vivendo. Per noi, condividere il giogo con Gesù per entrare nella vita in pienezza è fatto di due passi: il primo è di lasciarsi guarire le ferite inferte da relazioni malate, incontrando in Lui Chi ci fa vivere una relazione sana; il secondo quello di aprirsi alla bellezza di vivere con Lui verso gli altri lo stesso amore con cui ci ha guarito e di cui ci riempie; in una parola, essere Lui.

Guardando alle tante promesse di salvezza che il mercato globale ci presenta per sedurci su strade settoriali, riconosciamo che ognuna di queste porta beneficio, ma nessuna è risolutiva dei nostri problemi, nessuna porta alla vita in pienezza se non affronta sul piano relazionale l’origine dei nostri problemi, che è relazionale, e il desiderio profondo che ci abita per entrare nella vita in pienezza, anche questo relazionale.


Di fronte ad ogni psicologia e ad ogni filosofia noi riaffermiamo la nostra fede in Gesù Cristo, crocifisso per mostrarci che cos’è l’Amore e dall’Amore risuscitato ad una vita in pienezza, per nutrire di speranza la nostra fede che “Se siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione” (Rm 6,5).

                                                                                                Michele Bortignon