
Il primo gradino di questo
itinerario è il labirinto: il sentiero tra le alte siepi di bosso è lungo più
di un chilometro e prevede sette deviazioni senza sbocco, come sette sono i
peccati capitali. Un’immagine del vivere, dunque, tra le difficoltà e le
tentazioni dell’esistenza.
Percorrendolo, ci si rende conto
del proprio modo di affrontare la vita, che rispecchia tal quale il proprio
modo di dirigersi all’interno del labirinto.
Dall’entrata, un vialetto conduce
diritto alla torre centrale, da cui è possibile gettare uno sguardo dall’alto.
La tentazione è di fermarsi a questo e tornare subito indietro. Non è forse più
facile guardare la vita dall’esterno, accontentandoci della descrizione che ce
ne fanno gli altri, senza immergervisi? Ci prende l’ansia al pensiero di
poterci perdere, di continuare a girare senza riuscire ad uscirne. E così, dal
lavoro al divertimento, dal modo di vestire a quello di comportarci, tutto è
già stabilito e organizzato… basta conformarsi… e alla fine uscire di scena
convinti di avere vissuto.
No… voglio affrontare il rischio di vivere ed entrare nel
labirinto. Ma subito iniziano i bivi, e più d’uno assieme. Tante sono le
scelte, tante sono le strade che possiamo intraprendere nella vita, ma una sola
di queste ci farà avanzare nel percorso. Permettendoci di raggiungere la meta.
Interessante come ho visto altri
scegliere e altri ancora ho poi interrogato per sentire cos’avrebbero scelto:
- vado a caso, sperando nella buona sorte
- provo tutte le strade, finché non trovo quella
giusta
- se mi vedo in difficoltà, forzo la strada passando
attraverso la siepe.
Altrettanti modi di affrontare le
situazioni della vita che richiedono una scelta.
Io mi sono detto: dev’esserci un
criterio attenendosi al quale è possibile individuare la via giusta. Il
progettista certo non ha creato un caos, ma una sfida!
Ho preso il primo bivio a
sinistra e così via avanzando, sempre a sinistra… e ho continuato a procedere
senza intoppare nelle deviazioni senza sbocco.
A metà del percorso, ecco
l’uscita di sicurezza. Forte la tentazione di uscire dall’ansia con cui il
percorso continua a provarti. «Forse finora sono stato semplicemente
fortunato», mi sono detto; «Perché rischiare ancora? In fondo la sfida l’ho
accettata: occorre proprio vincere? Perché non accontentarmi del piacere e
della tranquillità che tutti trovano fuori di qui?».
No, andiamo avanti: non sono
fatto per la mediocrità. E allora avanti, avanti per sentieri sempre uguali che
si stringono attorno a te, disorientandoti e facendoti mancare l’aria. Ad un
tratto la vedo l’uscita: è appena al di là di quella siepe, vicinissima, e un
ben tracciato sentiero si dirige in quella direzione. Ma il percorso non
corrisponde al criterio da cui mi sono finora lasciato guidare. Possibile? E’
così evidente! Poter arrivare subito e porre fine a questo tormento! Decido di
seguire la tentazione… ma qualcosa mi dice di tenere a mente il punto in cui mi
trovo, nel caso dovessi ritornare. Non si sa mai…
Infatti l’allettante deviazione
non porta da nessuna parte. E il ritornare non è così facile. Ma il ricordo e
il sangue freddo mi aiutano e continuo per un percorso che mi allontana
dall’uscita intravista per poi farmici ritrovare subito dopo. E’ finita: ce
l’ho fatta!
Attenendomi strettamente –per
fede!- al criterio intravisto, non mi sono perso nei rami morti dei peccati
capitali, anche se ho rischiato forte proprio nell’ultimo, abbagliato dal suo
presentarmi la felicità così a portata di mano. Non ci sono caduto solo perché
il ricordo vivo della mia fede e l’intravvedere il nulla annullante della
deviazione intrapresa mi hanno richiamato sulla strada giusta.
Continuando il percorso nel
parco, poco più in là la grotta dell’eremita invitava a sedersi per riflettere
sull’esperienza vissuta e ciò che essa ci dice di noi stessi.
Io l’ho fatto. E tu… in che modo
ti stai aggirando nel labirinto della vita?
Michele Bortignon