Diciamocelo: non siamo solo per gli altri. Abbiamo anche
noi bisogno di tempi e di spazi per le nostre passioni, di poter fare qualche
volta a modo nostro anche se sappiamo che non è il massimo, di sentir rispettate
le nostre piccole manie.
Ma quello che sento un mio diritto, quando è invece
l’altro a reclamarlo, non mi trova più tanto d’accordo: «Ma che egoista! Perché
non tiene conto di me? E’ stupido quel che fa! Perché non si comporta
razionalmente? Non riusciamo più a capirci! Forse non c’è più rapporto tra
noi». E i pensieri continuano ad avvoltolarsi su se stessi facendoci arrabbiare
sempre di più e lasciandoci dentro tanta amarezza e smarrimento.
C’è un’alternativa?
“Let i be!” diceva una canzone dei Beatles: lascia che
sia…
Ho provato a farlo: non ho reagito, ho preso la mia agenda
e sono andato a camminare parlandone con il Signore (per iscritto, come sono
solito fare quando ho bisogno di capirmi).
E lì mi sono sfogato: ho rivestito di razionalità i miei pensieri
di rivalsa, ho ascoltato la natura attorno a me che nella sua bellezza mi
diceva tutt’altro, ho cercato di mettere assieme questo e quello dando valore
ad entrambi. Insomma… ho fatto un gran guazzabuglio, ma mi sono sfogato. Senza
freni. E al ritorno ero tranquillo: la rabbia se n’era andata. Come mai?
Cos’era successo?
Dio non aveva parlato, lo so bene: quando lo fa, non mi fa
ragionamenti; quelli sono solo miei. Ma mi aveva ascoltato e mi aveva fatto
compagnia. E’ stato con me quando io mi sono sentito abbandonato da chi volevo
stesse con me.
Ma a Dio non basta che io sia tranquillo perché Lui è con
me; vuole che sia tranquillo anche perché torno ad essere con Lui. Egli ha
ascoltato tacendo i vaneggiamenti mossi dal suo Nemico, che mi pungolava facendomi
sentire solo e abbandonato, che mi diceva di trovare da me il modo di salvarmi.
Dio tace e, alla fine, se non è d’accordo, dice
semplicemente «Mah…!?». Non lo senti con la mente, ma col cuore, e tutte le tue
costruzioni crollano miseramente, perché tutto ciò che non è Bene non sta in
piedi se non è la tua rabbia o la tua paura a sostenerlo.
Per rimetterti in carreggiata a Lui basta un accenno: «Non
è a questo che ti ho chiamato…». E tutto assieme riemerge quel che tu sei con
Lui, la tua storia con Lui a cui i tuoi progetti arrabbiati non danno
continuità. Due parole che ti spiazzano e in un attimo ribaltano tutto e lo
rimettono nella giusta prospettiva.
Ora tocca a te rimettere a posto, tenendo conto di te e
dell’altro. Che è il modo del Dio-Trinità.
Michele
Bortignon
E’ naturale che dopo una lite si
chieda scusa… ma solo se si ha torto. E, guarda caso, noi non abbiamo quasi mai
torto… per non dire mai. Anche l’altra parte, però, è convinta di aver sempre
ragione… Come mai? I conti non tornano!
Trovi tanti motivi per
giustificarti... Ma, se ascolti bene dentro di te, senti che qualcosa non va:
perché altrimenti continueresti a ripeterti che hai ragione, che hai fatto
bene, che tu non hai sbagliato? Quel senso di non essere a posto, che ti pungola
anche se continui a ripeterti che tu sei a posto (nel discernimento la
chiamiamo “compunzione”), che ti fa sentire un po’ in torto, che non ti dà pace
e non ti lascia nella pace, viene da Dio: è Lui che ti “parla” e non ti lascia
nella pace per condurti a un bene e a una gioia vera.
Da’ spazio e ascolto a quella
voce, metti da parte il tuo orgoglio ferito, la tua presunzione di giustizia e
osserva cosa fa e dice Gesù: «Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho
lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri». (Gv
13, 14). Gesù ti invita ad abbassarti, a umiliarti, a chiedere scusa …anche se
la ragione è quasi tutta tua. Ecco, lavora su quel “quasi” e fatti un onesto
esame di coscienza: forse hai usato un modo sbagliato di porti, forse per
difenderti hai attaccato alzando la voce… Chiedere scusa non significa dare
totalmente ragione all’altro e neanche accettare le sue posizioni, ma
semplicemente riconoscere i tuoi errori e pentirtene. Attenzione, non si tratta
di chiedere scusa a Gesù: no, troppo comodo! Gesù ti chiede di lavare i piedi
ai fratelli, non a Lui. Si tratta proprio di umiliarti e chiedere scusa a chi
magari ti ha attaccato e offeso.
Questo passo di umiliarti non lo
puoi fare da solo: riuscirai a farlo solo se vai con Lui dall’altro, da chi ti
ha offeso. È solo andando assieme a Gesù che ti riuscirà di farlo con le parole
e i modi giusti, senza cercare di difenderti e senza curarti se l’altro capisce
e accetta o no il tuo gesto.
Prima di andare, fermati un po’
con Gesù, chiedigli di venire con te, chiedigli di farti capire il significato
di lavare i piedi.
Cosa succede dopo? Forse nella
situazione fra te e l’altra persona niente, ma a cambiare è il tuo animo: una
nuova leggerezza ti accompagna, il senso di aver fatto la cosa giusta, il
sentirti di nuovo per mano di Dio (Sant’
Ignazio la chiama
“consolazione”). L’aver messo fine a tutte quelle voci interiori che ti
tormentavano, la gioia e il sentirti bene saranno la conferma che dal bruco che
eri sei rinato farfalla, in volo libera per l’aria.
Maria Rosa Brian