12/24/2017

Non c'era posto per loro

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“…non c’era posto per loro” (Lc 2,7)
In questo Natale, partendo da queste parole, ci siamo chiesti in quale spazio di noi, della nostra vita abbiamo escluso Dio - in tutti quei “luoghi” della nostra esistenza che ci disturbano, ci creano disagio e vergogna - e come potrebbero cambiare le cose se accettassimo di farcelo entrare…

…in quella parte di me che mi dice sei meno di zero, non vali… e aspetto sicura che mi farà volare in alto con Lui.

…dove mi sento un bambino allegro e giocherellone e, un momento dopo, un po’ stupido… ma Lui mi dice che ogni tanto ci vuole.

…nell’aridità di certi dialoghi… sicuro che con Lui rifioriranno.

…nel mezzo delle mie paure che mi fanno vedere tutto nero… certa che con Lui, queste paure, diventeranno insignificanti.

…in questo periodo frenetico, tra le mille incombenze della mia vita… e guidata dal Suo amore ricentrarmi maggiormente in Lui.

…nei momenti di sconforto… sicuro che Lui saprà dargli un senso, come un piccolo mattone che contribuisce a costruire la mia vita.

…quando sono agitata per mio papà che ha alti e bassi ed è continuamente dentro e fuori dall’ospedale… avvertire il Tuo abbraccio caldo e speciale che mi consola.

E tu… che cosa aspetti a fargli posto?
Buon Natale!

Anna, Cristina, Enrico, Maria Rosa, Michele, Pasqualina, Roberto.


12/02/2017

Quando per andare avanti…serve un passo indietro

Diciamocelo: non siamo solo per gli altri. Abbiamo anche noi bisogno di tempi e di spazi per le nostre passioni, di poter fare qualche volta a modo nostro anche se sappiamo che non è il massimo, di sentir rispettate le nostre piccole manie.
Ma quello che sento un mio diritto, quando è invece l’altro a reclamarlo, non mi trova più tanto d’accordo: «Ma che egoista! Perché non tiene conto di me? E’ stupido quel che fa! Perché non si comporta razionalmente? Non riusciamo più a capirci! Forse non c’è più rapporto tra noi». E i pensieri continuano ad avvoltolarsi su se stessi facendoci arrabbiare sempre di più e lasciandoci dentro tanta amarezza e smarrimento.
C’è un’alternativa?
“Let i be!” diceva una canzone dei Beatles: lascia che sia…
Ho provato a farlo: non ho reagito, ho preso la mia agenda e sono andato a camminare parlandone con il Signore (per iscritto, come sono solito fare quando ho bisogno di capirmi).
E lì mi sono sfogato: ho rivestito di razionalità i miei pensieri di rivalsa, ho ascoltato la natura attorno a me che nella sua bellezza mi diceva tutt’altro, ho cercato di mettere assieme questo e quello dando valore ad entrambi. Insomma… ho fatto un gran guazzabuglio, ma mi sono sfogato. Senza freni. E al ritorno ero tranquillo: la rabbia se n’era andata. Come mai? Cos’era successo?
Dio non aveva parlato, lo so bene: quando lo fa, non mi fa ragionamenti; quelli sono solo miei. Ma mi aveva ascoltato e mi aveva fatto compagnia. E’ stato con me quando io mi sono sentito abbandonato da chi volevo stesse con me.

Ma a Dio non basta che io sia tranquillo perché Lui è con me; vuole che sia tranquillo anche perché torno ad essere con Lui. Egli ha ascoltato tacendo i vaneggiamenti mossi dal suo Nemico, che mi pungolava facendomi sentire solo e abbandonato, che mi diceva di trovare da me il modo di salvarmi.
Dio tace e, alla fine, se non è d’accordo, dice semplicemente «Mah…!?». Non lo senti con la mente, ma col cuore, e tutte le tue costruzioni crollano miseramente, perché tutto ciò che non è Bene non sta in piedi se non è la tua rabbia o la tua paura a sostenerlo.
Per rimetterti in carreggiata a Lui basta un accenno: «Non è a questo che ti ho chiamato…». E tutto assieme riemerge quel che tu sei con Lui, la tua storia con Lui a cui i tuoi progetti arrabbiati non danno continuità. Due parole che ti spiazzano e in un attimo ribaltano tutto e lo rimettono nella giusta prospettiva.

Ora tocca a te rimettere a posto, tenendo conto di te e dell’altro. Che è il modo del Dio-Trinità.

                                                                                                                                  Michele Bortignon      

E’ naturale che dopo una lite si chieda scusa… ma solo se si ha torto. E, guarda caso, noi non abbiamo quasi mai torto… per non dire mai. Anche l’altra parte, però, è convinta di aver sempre ragione… Come mai?  I conti non tornano!
Trovi tanti motivi per giustificarti... Ma, se ascolti bene dentro di te, senti che qualcosa non va: perché altrimenti continueresti a ripeterti che hai ragione, che hai fatto bene, che tu non hai sbagliato? Quel senso di non essere a posto, che ti pungola anche se continui a ripeterti che tu sei a posto (nel discernimento la chiamiamo “compunzione”), che ti fa sentire un po’ in torto, che non ti dà pace e non ti lascia nella pace, viene da Dio: è Lui che ti “parla” e non ti lascia nella pace per condurti a un bene e a una gioia vera.
Da’ spazio e ascolto a quella voce, metti da parte il tuo orgoglio ferito, la tua presunzione di giustizia e osserva cosa fa e dice Gesù: «Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri». (Gv 13, 14). Gesù ti invita ad abbassarti, a umiliarti, a chiedere scusa …anche se la ragione è quasi tutta tua. Ecco, lavora su quel “quasi” e fatti un onesto esame di coscienza: forse hai usato un modo sbagliato di porti, forse per difenderti hai attaccato alzando la voce… Chiedere scusa non significa dare totalmente ragione all’altro e neanche accettare le sue posizioni, ma semplicemente riconoscere i tuoi errori e pentirtene. Attenzione, non si tratta di chiedere scusa a Gesù: no, troppo comodo! Gesù ti chiede di lavare i piedi ai fratelli, non a Lui. Si tratta proprio di umiliarti e chiedere scusa a chi magari ti ha attaccato e offeso.
Questo passo di umiliarti non lo puoi fare da solo: riuscirai a farlo solo se vai con Lui dall’altro, da chi ti ha offeso. È solo andando assieme a Gesù che ti riuscirà di farlo con le parole e i modi giusti, senza cercare di difenderti e senza curarti se l’altro capisce e accetta o no il tuo gesto.
Prima di andare, fermati un po’ con Gesù, chiedigli di venire con te, chiedigli di farti capire il significato di lavare i piedi.
Cosa succede dopo? Forse nella situazione fra te e l’altra persona niente, ma a cambiare è il tuo animo: una nuova leggerezza ti accompagna, il senso di aver fatto la cosa giusta, il sentirti di nuovo per mano di Dio (Sant’Ignazio la chiama “consolazione”). L’aver messo fine a tutte quelle voci interiori che ti tormentavano, la gioia e il sentirti bene saranno la conferma che dal bruco che eri sei rinato farfalla, in volo libera per l’aria.


Maria Rosa Brian