2/01/2018

Riciclare la rabbia?


Una valanga di insulti ti cade addosso, ma invece di sotterrarti ti rafforzano. Un fiume di parole taglienti ti investono, ma invece di colpirti ti scivolano via come acqua. Sguardi di fuoco vorrebbero incenerirti, ma invece muovono in te una brezza leggera. Più nell’altro monta la rabbia, più in te scende la pace profonda. Nessun desiderio di rivincita, di vendetta, di rivalsa, ma solo tanta pace e serenità; ti prende addirittura il senso dell’umorismo, voglia di sdrammatizzare, di riderci sopra e andare avanti. Avanti come? Decidendo di continuare giorno per giorno, capendo solo il prossimo passo da fare, con calma e serenità, dandoti tempo per discernere con Dio come agire e se agisci lo fai senza lasciarti guidare dall’istinto e dall’aggressività del momento. Decidi di aspettare senza reagire istintivamente, decidi di lasciar decantare i fatti: mantenere la calma e il sangue freddo ti portano a trovare l’accaduto (il diverbio, la lite, l’offesa ricevuta) indegno di essere preso in considerazione.
E invece…
Invece dietro all’angolo, dopo il primo momento in cui sei riuscita a gestire la situazione, ti aspetta la rabbia: la tua rabbia. Rabbia per il torto subito, per l’umiliazione provata, per l’ingiustizia di cui sei stata vittima. Rabbia per una situazione che devi subire e non puoi cambiare. Rabbia che credevi di aver allontanato con tanta razionalità. La rabbia invece non è razionale e, in quanto tale, difficile da controllare e trattenere. Anzi trattenendola a lungo aumenta, lievita, cresce fino a esplodere in modo esagerato e inaspettato o, peggio ancora, ad implodere con danni ancora peggiori per la tua salute.
Come trasformarla da qualcosa di negativo, in qualcosa di utile? Come riciclare la rabbia in energia positiva?
Questo mi sono chiesta ogni qualvolta mi rendevo conto che dopo la momentanea calma e tranquillità ero presa da tanta rabbia che difficilmente controllavo e che da qualche parte dovevo sfogare.
Come con i rifiuti che, riciclandoli, diventano qualcosa di utile, così vorrei riuscire a trasformare la mia rabbia.
E allora…
Allora mi permetto di imprecare, di battere i pugni, di urlare, di piangere, mi permetto di sfogarmi, ma non verso chi mi ha ferito o peggio verso chi non centra niente, piuttosto cercando in questo modo di scaricare la tensione accumulata. A volte trovo utile una passeggiata, magari in compagnia di chi ti lascia sfogare e ti sa ascoltare.
E alla fine…
Alla fine la rabbia non si ricicla, semplicemente la si sposta e la si sfoga da un’altra parte dove non può nuocere a nessuno.
Ma concludendo…
Concludendo, sfogata la rabbia, do ascolto a Lui: “Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.” (Mt 5,39-41).
È la logica di rispondere al male con il bene, trasformando ciò che fai per dovere e costrizione all’inizio, in qualcosa che fai per amore, perché senti che non può essere altrimenti, perché capisci che puoi e con Lui sai volare alto sopra certe meschinità, certe piccolezze, certi ricatti infantili. Ecco, sperimenterai che l’amore ti rende libera…anche dalla tua rabbia.

                                                                                                                        Maria Rosa Brian


Cosa significa rispondere con amore al male che ti viene fatto? Accogliere la ferita come occasione di un bene più grande, come gradino che ti avvicina a Dio, se lo sali senza recriminare, in ascolto della sfida di libertà che lancia al tuo vecchio io malato e prigioniero.   
                                                                                                                        Michele