Ho avuto modo di ascoltare -e,
devo dire, con compiaciuto stupore- una trasmissione radiofonica in cui un
rabbino spiegava come gli Ebrei studino le scritture: in accalorate discussioni
con un compagno di studi, in cui confrontano la reciproca diversa
interpretazione. Il risultato finale non è una convergenza, una mediazione per
arrivare a una posizione condivisa, ma un approfondire ancor più la propria
idea grazie alle obiezioni con cui l’altro la mette in discussione e alle
contro-obiezioni portate per difenderla.
La loro prospettiva è che la
realtà è plurale e complessa: non c’è un vero e un falso, un giusto e uno
sbagliato, ma molteplici possibili approcci.
Non si tratta di relativismo,
dove tutto è uguale e indifferente, ma di fiducia nella capacità dello spirito
umano di imparare dalle esperienze, di elaborare soluzioni che tengono conto
della complessità delle situazioni, per creare, infine, la propria strada.
La verità non è dunque un punto
di arrivo né di partenza, ma il ribollire della realtà accolta nel suo
multiforme presentarsi, che chiede di essere affrontato navigandoci dentro con
coraggio e creatività, non col paraocchi di chi teme di uscire dalla traccia
imposta da altri.
Non dico che tutti debbano e possano
ritrovarsi in questa prospettiva (per alcuni è estremamente piacevole e
rassicurante avere qualcuno che decide per loro!), ma se senti che della tua
via sei chiamato ad essere protagonista, entraci e vivila, senza farti
condizionare dall’ideologia del pensiero unico.
Se ripenso alla mia esperienza,
il trovare la mia strada nel camminare con Dio non è stato l’apparire di
un’idea che mi sembrasse migliore rispetto a quella che animava la strada che
fino ad allora stavo seguendo, ma il risultato di un disagio profondo rispetto
alle difficoltà frapposte alla mia voglia di esplorare, di seguire spunti,
intuizioni e maestri, di provare a cambiare con creatività.
Perché un pensiero vuole essere
unico? Perché la persona che lo porta, sentendo messo in discussione ciò che ha
creato, si sente attaccata personalmente, teme di essere messa in crisi assieme
al pensiero con cui si identifica.
Ma… “lo Spirito soffia dove
vuole”, creando quelle diversità di pensiero e di azione che si adattano a
mutate esigenze. E lo stesso Spirito, che è spirito d’amore, spinge poi
all’unità delle diversità promovendo il rispetto, il riconoscimento e la
valorizzazione reciproca. Se non trovi questo rispetto, è inevitabile un
allontanamento che però, vissuto con Cristo, diventa a sua volta positivo: il
poter essere ora completamente te stesso, senza compromessi, ti permette di
lasciarti guidare -ora finalmente libero di poterlo fare!- da quel che senti
consonante con ciò che sei, con il Dio “intimior intimi mei” che avverti
come Verità che fa verità.
Ecco allora che la nuova strada,
non cercata né voluta, si crea mentre la percorri. Il disagio che provavi ti
mostra tutti i modi di essere e di fare che -ora ce l’hai ben chiaro!- dovrai
accuratamente evitare di fare tuoi; in questo scopri che chi ti è stato maestro
lo è stato anche con i suoi sbagli. Le intuizioni che finora hai seguito con
ingenuo entusiasmo chiedono di essere chiarite, approfondite, rese vere per
diventare le linee portanti del tuo nuovo cammino.
E tutto questo in mezzo a una
fitta nebbia che non ti lascia scorgere se non il passo successivo e il pesante
timore, ben alimentato da tanti, che il tuo sia stato un colpo di testa, una
presunzione, una mancanza di umiltà. Che questa sia veramente la tua strada, la
strada su cui Dio ti chiama, non puoi essere tu a dirlo, ma gli altri, i frutti
che ti riportano, maturati nel loro camminare con Dio assieme a te. E anche il
fatto che la cosa continui, resistendo alle ostilità e alle difficoltà
frapposte.
Come poter evitare di entrare a
tua volta nelle strettoie del pensiero unico? Lasciando la tua strada nelle
mani di Dio. Essa può essere semplicemente un fiore che Dio fa sbocciare in
quest’angolo di prato, assieme a tanti altri, per far bella la vita. Non devi
legarla a te sperando sia qualcosa di più; se lo è, lo sarà anche senza di te.
Non è il tuo fiore a dare senso al prato, né il suo moltiplicarsi o il suo
persistere, ma Chi con esso sta dipingendo la vita. L’unica cosa da fare è
lasciarti fiorire nella carezza del sole. Ogni altra guida, che ti spinga da
dentro o da fuori, non è da Dio.
Michele
Bortignon