Mi sono ritrovata tra le mani gli
scritti di due santi vissuti secoli fa, Sant’Ignazio di Loyola e Santa Teresa
d’Avila e ho iniziato a leggerli con l’idea di conoscere e approfondire la loro
esperienza di fede. Mano a mano che proseguivo con la lettura il mio sguardo è
cambiato e lentamente sono passata dal leggere al sentire e vivere. Ed ecco che
in me sono sorti questi interrogativi: come possono le parole scritte secoli fa
divenire attuali e irrompere nella vita di una persona del XXI secolo? E il
discernimento può rappresentare uno strumento per arrivare alla vera felicità,
quella che dà serenità all’anima e pace nelle relazioni?
Ho compreso che, se nelle parole
umane troviamo l’ispirazione divina, succede che quelle stesse parole possono
uscire dalle pagine, attraversare la storia e, soffiate dallo Spirito, entrare
nella nostra esistenza.
Sarà così possibile nelle
tempeste emotive, nelle delusioni relazionali, di fronte agli schiaffi che la
vita ti presenta arrivare a dire “grazie Signore, se non avessi avuto questo
dolore non avrei capito e non sarei cresciuto”.
1. Come si affronta la vita:
consolazione e desolazione in Sant’Ignazio
Nella prima, l’anima, come un
bimbo, “riposa tranquilla tra le braccia di sua madre”. Può avere problemi,
preoccupazioni, dolori ma non si sente sola ad affrontarli.
Se deve prendere una decisione si
lascia guidare dalla Parola, sente che nelle scritture o nel confronto con una
persona illuminata si delinea la soluzione che progressivamente diviene sempre
più chiara, lasciando nell’anima pace.
Nella seconda l’anima è avvolta
dalle tenebre e si sente oppressa, schiacciata dalle difficoltà, incapace di
reagire e di vedere una soluzione. Il desiderio sarebbe quello di fuggire
dall’angoscia evitando le difficoltà (fuga dalla situazione) oppure reagire
d’impulso con violenza per restituire il dolore (aggressività fisica o verbale)
o ancora sentirsi annullata, incapace di qualsiasi reazione (chiusura totale
verso l’esterno). Non ci sono soluzioni e il malessere cresce.
2. Come si reagisce agli
sbagli: falsa umiltà e vera umiltà in Santa Teresa
La prima si insinua nell’anima
come un’inquietudine, un senso di inadeguatezza e di errore. La inaridisce e la
riempie di scrupoli che portano a sentirsi incapaci e sbagliati e di
conseguenza a non pregare e non agire. La paura dell’errore porta
all’inattività. I peccati vengono gonfiati ed è come se l’anima non fosse mai
stata degna, mai capace di nulla di buono. Un gigante dallo sguardo arcigno e
severo tiene in pugno l’anima, permettendole appena di respirare per
sopravvivere, ricordandole in ogni momento la sua indegnità.
La seconda abita l’anima con
lievità: la sorregge, la accarezza, la consola. Non nasconde all’anima i suoi
errori o le sue mancanze ma, guardandoli assieme, li considera con benevolenza
e misericordia, incoraggiando così ad andare oltre e a volgere lo sguardo e
l’attenzione verso il buono.
3. Bene reale e bene apparente
in Santa Teresa
Nel primo, sempre sono presenti
effetti benefici per sé e per gli altri e il bene personale non è in antitesi
al bene degli altri. Il bene si moltiplica e cresce
Nel secondo ci si convince che
non si può fare tutto per tutti, che è meglio accontentare qualcuno piuttosto
che scontentare tutti, che uno ha il diritto di stare bene e se sta bene lui
poi potrà far stare bene gli altri. Il bene viene diviso, spartito, conteso.
4. La crescita dell’amore
verso Dio si misura dall’amore verso il prossimo per Santa Teresa
Tanto più amiamo gli altri come
noi stessi, tanto più siamo sicuri di amare Dio. Preghiera e opere sono le due
facce della stessa medaglia, l’una si aggancia all’altra e nessuna delle due ha
senso e valore se non c’è l’altra. La preghiera prepara il cuore e la mente
all’azione. L’azione dà voce, mani, volto allo Spirito, invocato nella
preghiera.
5. Disposizioni al bene o al
male dell’anima in Sant’Ignazio
L’anima è sempre soggetta a due
sollecitazioni, una conforme al suo agire e una contraria. Una si presenta
silenziosa, l’altra rumorosa, pungente o infastidente. L’anima disposta al bene
sarà punzecchiata dal male, che potrebbe presentarsi sotto forma di falso bene
e farsi aprire la porta con l’inganno.
L’anima disposta al male dà le
chiavi di casa al maligno che entra ed esce indisturbato, senza fare rumore. Lo
spirito del bene invece “sta alla porta e bussa”
6. Riconoscere gli spiriti in
sant’Ignazio
La differenza tra l’agire spinto
dallo spirito del male e quello del bene si vede dai frutti. Nel primo caso i
frutti sono per me, per la mia soddisfazione e piacere e spesso non contemplano
l’altro con i suoi bisogni ma si contrappongono (ho diritto di fare/avere, non
posso sempre rinunciare) e creano situazioni in cui una parte deve prevalere
sull’altra. Quando l’obiettivo è raggiunto ci si trova più soli perché si sono
usati gli altri per i propri fini, desiderosi di trovare presto nuovo
soddisfacimento per colmare il vuoto.
Nel caso dello spirito del bene
la spinta all’azione comprende anche il bene dell’altro. L’azione perciò,
qualunque essa sia, fa stare bene me e gli altri. Quando termina non si
esaurisce in me ma posso ritrovarla nel cuore altrui. Qui essa può alleviare,
sanare, incoraggiare, alleggerire o semplicemente dialogare; in ogni caso
lascia una traccia.
Se con lo spirito del male, come
un predatore, svuoto gli altri per riempirmi, con lo spirito del bene c’è un
travaso tra i cuori che si ritrovano, alla fine, traboccanti entrambi.
7. Perseveranza nella
preghiera
Dopo aver iniziato a “frequentare
il regno di Dio” ci si sente un po’ arrivati e ci si rilassa. Questo è il
momento in cui, forti di ciò che si è costruito, si diventa più vulnerabili
agli attacchi del maligno, il quale non perde occasione di intrufolarsi e
creare scompiglio.
8. Ascesi in Santa Teresa
Quando la situazione di
sofferenza non è modificabile perché non ci sono i mezzi o dipende dal
comportamento altrui, la via da percorrere è quella della libertà interiore:
non cerco nella relazione o nella situazione, a tutti i costi, la soddisfazione
dei miei bisogni di affetto, stima e sicurezza, ma vado oltre: li cerco in Dio
che mi ama e mi vuole risorto accanto a sé.
9. Comportamento di fronte
all’errore del prossimo in Santa Teresa
Di fronte alle offese, alle
mancanze o ai dispetti, il mio amor proprio mi porta a rispondere “con la stessa
moneta”. In me albergheranno tensioni e rancori che non contribuiscono a
costruire nulla di buono (né dentro me, né nella relazione). Rispondendo invece
con calma e serenità e agendo il comportamento virtuoso contrario, dentro di me
cresce la pace (io sto bene con me stesso). Nella relazione io porto una
testimonianza di Amore; agisco l’amore meglio che con lunghi discorsi.
10. Persecuzioni in Santa
Teresa
La libertà interiore fa tacere
anche quando si è accusati ingiustamente.