8/01/2018

Monaci nel cuore


«Mi dai una definizione di monaco? Chi è monaco? Tu sei monaco? E io?», mi chiede Maria Rosa in uno stimolante whatsapp. “Monos” in greco significa uno, singolo, indiviso. Il termine è passato poi a definire chi si ritira dal mondo nell’ascesi, ossia osservando i tre voti di castità, povertà e obbedienza. No: io sono orgogliosamente laico, in mezzo alla gente; anche se ho i miei momenti da solo con Lui. Del resto, anche Gesù…!
«Ma no… io intendevo uno con Lui, indivisibile da Lui…», incalza Maria Rosa.
E’ bello sentire vibrare un cuore innamorato, desideroso di darsi completamente a Dio. Ma, pensando a me… e quando non ci riesco? Quando la tentazione ha la meglio su di me? Quando “Video meliora proboque, deteriora sequor”, per cui mi accusano o mi accuso di incoerenza? Questo “vorrei ma non ci riesco” è snervante! Si… non è sempre così, è vero, però ogni tanto qui o là, cado.
Ma ho scoperto una cosa che sento un tesoro prezioso e mi commuove profondamente: sono io a condannarmi… Dio invece si avvicina senza giudizio e mi conferma la sua fiducia; e allora trovo la forza di rialzarmi e riprendere a camminare. Dolorante, vergognoso e… reso un po’ più umile. Nel ricordo, il peccato diventa il contenitore di questa esperienza di Dio, l’occasione in cui Lui si è manifestato e mi ha toccato il cuore. Penso al peccato e ricordo un abbraccio. E’ questo il perdono: non una cancellazione, non un “facciamo finta che non sia successo”, ma la trasfigurazione di una storia, una risurrezione da una morte. Questa è opera di Dio, La dinamica è spirituale, non psicologica.
Certo, non è sempre così: a volte mi difendo, cerco giustificazioni, minimizzo. Ma quando la sua voce mi penetra dentro, a un tempo inquietandomi e acquietandomi, se mi lascio portare, mi fa volare sulle sue ali.
Come potrei scambiare questa esperienza di sentirmi figlio gratuitamente amato perché prezioso ai suoi occhi con una ricerca di perfezione che sono io a costruirmi e in cui, pertanto, posso solo fare esperienza di me stesso? Solo se quest’ultima nasce dalla precedente vale qualcosa, altrimenti è puro pelagianesimo. O l’amore nasce dall’Amore o è doverismo.
Fatta questa premessa, adesso possiamo tornare alla domanda iniziale e rispondervi in verità. Monaco non lo sei per l’abito che indossi (anche se questo può aiutarti a diventarlo). L’essere uno con Dio lo scegli tu nel battesimo (o in una sua successiva coscientizzazione, quando proclami Cristo Signore della tua vita), ma diventarlo è opera della sua Grazia in te, quando il tuo bisogno di essa ti porta a desiderarla, credervi e invocarla.
Michele Bortignon

Tutto ha inizio con un pizzico d’invidia da parte mia per chi riesce a trovare il tempo per staccare e immergersi in Dio totalmente; soprattutto invidia per chi riesce a trovare tempi lunghi e frequenti per farlo.
Io con un lavoro, un marito, due figli, una casa e un cane, riesco a ritagliarmi spazi lunghi solo saltuariamente…molto saltuariamente.
Beati i monaci! Beati loro che della vita hanno fatto motivo di preghiera e lavoro. Beati loro che si possono permettere tempi lenti e dilatati…così è almeno nell’immagine che ho io del monaco.
Ma chi è il monaco? Lo è solo chi si estranea dal mondo e si ritira in monastero? Oppure c’è un monachesimo del cuore, un modo d’essere monaco che va al di la del saio? Io da laica lo posso essere?
La risposta del dizionario su chi è il monaco è poco esaustiva: “monaco è chi si consacra a Dio abbracciando la vita ascetica da eremita o in comunità in monastero”.
No, allora non lo sono e non potrò mai esserlo se si limita a questo.
Mi viene in aiuto Michele, dopo lo scambio di alcuni messaggi, andando al significato etimologico della parola: “Monos” in greco significa uno, singolo, indiviso.
Allora sì, siamo, sono, posso esserlo o diventarlo: uno con Dio, io e Lui, indivisa da Lui perché Lui non mi molla. Ho sicuramente tanto lavoro e tanta strada da fare ancora, ho molto da cercare, ma soprattutto ho molto da lasciarmi trovare. Sì, siamo monaci nel cuore, possiamo esserlo e diventarlo un po’ ogni giorno, la strada è quella che conduce dentro di noi in quello spazio intimo e profondo dove, a piedi nudi, ci troviamo spogli di fronte a Dio e dove non dobbiamo far altro che lasciarci amare.
Maria Rosa Brian