«Mi dai una definizione di
monaco? Chi è monaco? Tu sei monaco? E io?», mi chiede Maria Rosa in uno
stimolante whatsapp. “Monos” in greco significa uno, singolo, indiviso. Il
termine è passato poi a definire chi si ritira dal mondo nell’ascesi, ossia
osservando i tre voti di castità, povertà e obbedienza. No: io sono
orgogliosamente laico, in mezzo alla gente; anche se ho i miei momenti da solo
con Lui. Del resto, anche Gesù…!
«Ma no… io intendevo uno con Lui,
indivisibile da Lui…», incalza Maria Rosa.
E’ bello sentire vibrare un cuore
innamorato, desideroso di darsi completamente a Dio. Ma, pensando a me… e
quando non ci riesco? Quando la tentazione ha la meglio su di me? Quando “Video
meliora proboque, deteriora sequor”, per cui mi accusano o mi accuso di
incoerenza? Questo “vorrei ma non ci riesco” è snervante! Si… non è sempre
così, è vero, però ogni tanto qui o là, cado.
Ma ho scoperto una cosa che sento
un tesoro prezioso e mi commuove profondamente: sono io a condannarmi… Dio invece
si avvicina senza giudizio e mi conferma la sua fiducia; e allora trovo la
forza di rialzarmi e riprendere a camminare. Dolorante, vergognoso e… reso un
po’ più umile. Nel ricordo, il peccato diventa il contenitore di questa
esperienza di Dio, l’occasione in cui Lui si è manifestato e mi ha toccato il
cuore. Penso al peccato e ricordo un abbraccio. E’ questo il perdono: non una
cancellazione, non un “facciamo finta che non sia successo”, ma la
trasfigurazione di una storia, una risurrezione da una morte. Questa è opera di
Dio, La dinamica è spirituale, non psicologica.
Certo, non è sempre così: a volte
mi difendo, cerco giustificazioni, minimizzo. Ma quando la sua voce mi penetra
dentro, a un tempo inquietandomi e acquietandomi, se mi lascio portare, mi fa
volare sulle sue ali.
Come potrei scambiare questa
esperienza di sentirmi figlio gratuitamente amato perché prezioso ai suoi occhi
con una ricerca di perfezione che sono io a costruirmi e in cui, pertanto,
posso solo fare esperienza di me stesso? Solo se quest’ultima nasce dalla
precedente vale qualcosa, altrimenti è puro pelagianesimo. O l’amore nasce
dall’Amore o è doverismo.
Fatta questa premessa, adesso
possiamo tornare alla domanda iniziale e rispondervi in verità. Monaco non lo
sei per l’abito che indossi (anche se questo può aiutarti a diventarlo).
L’essere uno con Dio lo scegli tu nel battesimo (o in una sua successiva
coscientizzazione, quando proclami Cristo Signore della tua vita), ma
diventarlo è opera della sua Grazia in te, quando il tuo bisogno di essa ti
porta a desiderarla, credervi e invocarla.
Michele Bortignon
Tutto ha inizio con un pizzico d’invidia
da parte mia per chi riesce a trovare il tempo per staccare e immergersi in Dio
totalmente; soprattutto invidia per chi riesce a trovare tempi lunghi e
frequenti per farlo.
Io con un lavoro, un marito, due
figli, una casa e un cane, riesco a ritagliarmi spazi lunghi solo
saltuariamente…molto saltuariamente.
Beati i monaci! Beati loro che
della vita hanno fatto motivo di preghiera e lavoro. Beati loro che si possono
permettere tempi lenti e dilatati…così è almeno nell’immagine che ho io del
monaco.
Ma chi è il monaco? Lo è solo chi
si estranea dal mondo e si ritira in monastero? Oppure c’è un monachesimo del
cuore, un modo d’essere monaco che va al di la del saio? Io da laica lo posso
essere?
La risposta del dizionario su chi
è il monaco è poco esaustiva: “monaco è chi si consacra a Dio abbracciando la
vita ascetica da eremita o in comunità in monastero”.
No, allora non lo sono e non
potrò mai esserlo se si limita a questo.
Mi viene in aiuto Michele, dopo
lo scambio di alcuni messaggi, andando al significato etimologico della parola:
“Monos” in greco significa uno, singolo, indiviso.
Allora sì, siamo, sono, posso
esserlo o diventarlo: uno con Dio, io e Lui, indivisa da Lui perché Lui non mi
molla. Ho sicuramente tanto lavoro e tanta strada da fare ancora, ho molto da
cercare, ma soprattutto ho molto da lasciarmi trovare. Sì, siamo monaci nel
cuore, possiamo esserlo e diventarlo un po’ ogni giorno, la strada è quella che
conduce dentro di noi in quello spazio intimo e profondo dove, a piedi nudi, ci
troviamo spogli di fronte a Dio e dove non dobbiamo far altro che lasciarci
amare.
Maria Rosa Brian