La
più grande causa di frustrazione nella vita di coppia è quando ti senti
costretto dall’altro a vivere in una situazione che non ti garba: quel che per
te è un fastidio, per l’altro è un piacere o una necessità; quel che per te è
sbagliato, per l’altro è la cosa più giusta da fare; quel che per te è
importante, per l’altro è un’inezia trascurabile.
Ti
urta, ti fa incazzare quel che percepisci nell’altro come insensibilità, come
mancanza di un po’ di volontà di venirsi incontro, come presunzione di
possedere la verità; accuse che, naturalmente, ti vengono tal quali rivoltate
contro dall’altro.
Certo,
è un bel pensiero affermare che la diversità è arricchente…; ma quando per me
questa diversità si presenta come assurdità? Addirittura come un farsi del male
da parte di chi la sta compiendo?
Dopo
aver tentato il tentabile, non c’è che il rispetto. Come Mosè che si toglie i
calzari di fronte al manifestarsi del totalmente Altro, guardando al mio
coniuge riconosco che totalmente altra rispetto alla mia è la sua storia, sono
le sue esperienze, che, in certi aspetti della sua vita, lo stanno portando su
una strada totalmente altra rispetto alla mia. In certi aspetti, non su tutto:
attenzione qui al rischio di generalizzare, pensando che allora tutto sta
crollando. Quello che crolla qui –ed è bene che crolli!- è la visione romantica
della coppia come di “un corpo e un’anima sola”, perché il rischio è che uno
sopraffaccia e l’altro si adegui, volente o nolente.
Ognuno
ha diritto alla propria vita e l’interesse a una vita comune. Paradossalmente,
allora, la vita in comune è migliore quando ciascuno si fa la propria; certo
dedicando spazi alla condivisione e alle esperienze forti vissute assieme: è
questo a costruire la coppia, non il banale stare sempre uniti. Uno sta meglio
con l’altro se prima è stato bene con se stesso nel fare quel che lo appassiona
o nel fare le cose come gli va.
L’errore
è nell’aspettarsi che l’altro o l’essere coppia sia ciò che dà senso alla vita:
se lo carichi di questa aspettativa, lui sarà stressato e tu deluso.
Ognuno
deve avere il proprio baricentro in se stesso, non nell’altro o nella coppia -
che questo baricentro si chiami Dio o sia il suo dio (lavoro, successo, soldi,
religione, …).
Il
rapporto di coppia è altro. Non è una tana in cui ripararsi, ma è un campo in
cui coltivare le comuni risorse per farle fruttare all’esterno; è un luogo di
conflitto in vista di una reciproca maturazione. E l’affetto è la forza
centripeta che impedisce che queste due forze centrifughe facciano deflagrare
la coppia. Questa dinamica relazionale si chiama “famiglia”. E’ nel fare
famiglia che si crea unità, non in romanticherie appiccicose.
Se
le cose stanno così, “let it be”: Devi liberarti dall’avere
costantemente un progetto su come devono andare le cose e lasciarti portare dal
flusso della vita. Let it be: lascia che sia. Lasciati sorprendere.
Controllando ottieni la monotonia del previsto e attriti con chi non la pensa
come te.
L’unico
maestro sono le conseguenze. Ed anche l’unico discrimine tra la verità e
l’errore. Abbi fiducia in loro. E magari potrebbero anche smentire la tua
ipotesi! I conti si fanno solo alla fine, dal punto di vista di Dio, oggettivo,
non dal tuo o da quello del tuo partner, frutto di esperienze diverse.
“Let it be” e lasciarti
sorprendere… ok, ma non viene da solo. Quel che devi metterci tu è un sollevare
lo sguardo e guardarti attorno. Non c’è solo il rapporto di coppia, che ora tu
stai caricando della responsabilità di farti felice. Guardati attorno: non c’è
solo quello! Al di là c’è la Natura, ciò che ti appassiona, tante persone a cui
vuoi bene; e soprattutto c’è il mistero della vita (chiamalo Dio, se vuoi) che
sta alla porta e bussa per aprirti al nuovo, al vero, al bello. La Vita ha
tanto da offrire!
E’ partendo da qui che -forse!-
potrai reintegrare l’amicizia con il coniuge: condividendo la vita che ti
riempie. Semplicemente e solamente. Soprattutto senza aspettative. Se è vita
vera saprà attirarlo, portandolo ad un modo di essere più vero. Probabilmente
non il tuo e forse nemmeno il suo. Sarà una mediazione senza bisogno di
mediare.
Perciò, non perdere tempo in
recriminazioni, piagnistei e vendette: nutriti di tutto ciò che ti dà vita.
Michele
Bortignon