3/01/2019

Giudizio o fiducia: che cosa fa crescere?


Per capire se una cosa è giusta o sbagliata siamo soliti semplificare la realtà individuando delle situazioni standard con cui confrontarla. Ecco allora che, per esempio, la famiglia di riferimento è quella della pubblicità in televisione, e tutte le situazioni che da questa si discostano le sentiamo, se non sbagliate, perlomeno non proprio giuste. Con la conseguenza che chi vi si trova suo malgrado si sente oltretutto caricato di pesanti sensi di colpa e di fallimento.
Dal Vangelo sappiamo che chi classificava le situazioni per giudicarle erano i Farisei, ai quali Gesù contrappone una morale non dei casi, ma della persona: è bene ciò che realizza il bene della persona (“Non l’uomo è fatto per il sabato, ma il sabato per l’uomo”).
Gesù non stronca con un giudizio tutto ciò che è irregolare rispetto allo standard culturalmente condiviso, ma si chiede: «Come si può far crescere questa situazione verso un bene superiore, dove, cioè, vivano un amore, una fiducia, una speranza sempre più grandi, per condurre queste persone alla pace, alla gioia, alla libertà da ciò che le condiziona?». Egli sa andare al di là del giusto e dello sbagliato: la salvezza non è la situazione di chi è conforme a uno standard, ma il cercare di vivere nella fede, nella speranza e nell’amore la situazione in cui ci si trova.
La vita non è così facile da incasellare! Sull’Oreb, Elia riconosce che Dio non è come finora se l’era immaginato e con il mantello si copre il volto (che rappresenta la sua identità; ossia evita di giudicare) quando si rende conto che il silenzio è l’autentico luogo di Dio. Dio ti è accanto quando entri nel silenzio solo cercando di conoscere e di capire quel che è successo o che sta succedendo. Con uno sguardo di futuro guarda allora non al fatto in sé, ma a dove esso ti conduce, se come ti costruisce è ancora ciò che sei e che vuoi essere.
Anche la Voce di sottile silenzio che ti invita a non giudicare non giudica: non sei davanti a un giudice che continuamente ti classifica a posto o colpevole, per cui tu debba continuamente recuperare una perfezione che ti renda “accettabile”. Non è vita stare immobili per non sbagliare. Vita è provare per scoprire cosa succede se… e trovare dove la vita è vera e dove è illusione, comunque sapendo camminare alla giusta distanza tra un lasciarsi andare a un’istintualità incontrollata e una rigidità puritana che vede con sospetto la gioia suscitata da piccole cose molto umane.
Il Buddha pervenne all’illuminazione osservando il suonatore di uno strumento a corda intento ad accordarlo: se la corda era troppo lenta non produceva suono; se troppo tesa rischiava di spezzarsi; solo alla giusta tensione produceva il suono per cui era stata costruita. Il suono nasceva dal giusto mezzo.
Ecco dunque dov’è il giusto mezzo: se la tua vita produce una melodia, allora tutto ok; altrimenti, anziché spaventarti o deprimerti (le forti emozioni negative non vengono da Dio!), semplicemente pensa ad accordarla meglio.

Michele Bortignon