6/01/2019

La speranza. Per vivere da protagonista.


«Quanti esercitanti puoi accompagnare? Quelli per cui riesci a pregare». Così Ignazio. Ed è vero: la persona che accompagni, solo se ce l’hai nel cuore e nei pensieri, gestandola dentro di te come tua figlia, alla fine potrai partorirla tra le braccia di Cristo.

Stavo dunque pregando per una mia esercitante, provata dalle difficoltà della vita, che cercava di recuperare uno sguardo positivo sulla stessa. Perché, se ti lasci abbattere, con te cade anche tutta la tua famiglia.
Ma come aiutarla?
«Dovrebbe avere fiducia nella vita…», mi sono detto. O, meglio, in Chi ci aiuta a darle un senso. E questa si chiama fede.
La fede, però, uno non può darsela. E nemmeno è un dono, come qualcuno afferma: se tale fosse, perché a Lui sì e a me no? No: la fede è figlia della Grazia: quando mi sento amato gratuitamente, comincio a fidarmi di chi vuole il mio bene; e, passo successivo,  faccio mio il suo spirito, il suo modo di essere e di fare, sentendolo bene anche per me.
Ma non è facile scoprire di essere amati. Le disgrazie e le difficoltà, quelle sì le vediamo subito: ci scoppiano davanti riempiendoci di sofferenza e di paura. E ci bloccano nella commiserazione, nello scoraggiamento, nella depressione. Allora… è tutto uno schifo?
Eppure… se un po’ alziamo la testa, forse ci accorgiamo di una vicinanza, di un gesto o una parola amica, o almeno della Vita che comunque va avanti, portando anche tanta bellezza.
Eppure… se non guardiamo solo a noi, possiamo cogliere lo sguardo di chi conta sul nostro prenderci cura di lui; e il suo bisogno ci tira fuori e rafforza le nostre risorse, rendendoci solidi nella vita.
Questo “eppure” si chiama speranza. E’ il raggio di sole nella nebbia, è l’aurora che si fa spazio fra le tenebre, è la carezza che ci coglie di sorpresa, è la certezza interiore che altro ci aspetta.
La speranza è reattiva: muove. Verso dove? Lei non lo sa. Per questo ha bisogno di appoggiarsi alla fiducia, che sa benissimo con chi camminare.
La fiducia sceglie. Sceglie a chi affidarsi, in chi confidare. In chi, se non in quella forza, così reale da essere avvertita come una persona, che ci dice “Non temere: io sono con te!”, che agisce concretamente, e spesso inaspettatamente, attraverso chi ci è accanto, che ci spinge a rendere Vita l’esistenza?
Via via che la fiducia ricava un bene da questo suo affidarsi, la speranza da cui è nata si trasforma in certezza. Certezza che, alla fine, tutto sarà bene, perché non siamo più soli ad affrontarlo.
Ancora strariperanno le difficoltà, scrosceranno le disgrazie, soffieranno le avversità, ma quella casa non cadrà, perché ora è fondata sulla roccia.

Questa è dunque l’equazione delle virtù teologali:
Se mi sento amato, trovo che la vita ha un senso, e questo mi apre alla speranza.
La speranza abbraccia la fiducia per trovare una strada su cui camminare.
La fiducia non può che rivolgersi verso Colui che mi ha amato per primo.
Camminando con Lui, divento Lui e comincerò ad amare a mia volta.

C’è un abisso tra il vivere la vita da vittima e viverla da protagonista.
Ed è questo che cambia il mio modo di vederla.


                                                                                      Michele Bortignon