
Stavo dunque pregando per una mia
esercitante, provata dalle difficoltà della vita, che cercava di recuperare uno
sguardo positivo sulla stessa. Perché, se ti lasci abbattere, con te cade anche
tutta la tua famiglia.
Ma come aiutarla?
«Dovrebbe avere fiducia nella
vita…», mi sono detto. O, meglio, in Chi ci aiuta a darle un senso. E questa si
chiama fede.
La fede, però, uno non può
darsela. E nemmeno è un dono, come qualcuno afferma: se tale fosse, perché a Lui
sì e a me no? No: la fede è figlia della Grazia: quando mi sento amato
gratuitamente, comincio a fidarmi di chi vuole il mio bene; e, passo
successivo, faccio mio il suo spirito,
il suo modo di essere e di fare, sentendolo bene anche per me.
Ma non è facile scoprire di
essere amati. Le disgrazie e le difficoltà, quelle sì le vediamo subito: ci
scoppiano davanti riempiendoci di sofferenza e di paura. E ci bloccano nella
commiserazione, nello scoraggiamento, nella depressione. Allora… è tutto uno
schifo?
Eppure… se un po’ alziamo la
testa, forse ci accorgiamo di una vicinanza, di un gesto o una parola amica, o
almeno della Vita che comunque va avanti, portando anche tanta bellezza.
Eppure… se non guardiamo solo a
noi, possiamo cogliere lo sguardo di chi conta sul nostro prenderci cura di
lui; e il suo bisogno ci tira fuori e rafforza le nostre risorse, rendendoci
solidi nella vita.
Questo “eppure” si chiama
speranza. E’ il raggio di sole nella nebbia, è l’aurora che si fa spazio fra le
tenebre, è la carezza che ci coglie di sorpresa, è la certezza interiore che
altro ci aspetta.
La speranza è reattiva: muove.
Verso dove? Lei non lo sa. Per questo ha bisogno di appoggiarsi alla fiducia,
che sa benissimo con chi camminare.
La fiducia sceglie. Sceglie a chi
affidarsi, in chi confidare. In chi, se non in quella forza, così reale da
essere avvertita come una persona, che ci dice “Non temere: io sono con te!”,
che agisce concretamente, e spesso inaspettatamente, attraverso chi ci è
accanto, che ci spinge a rendere Vita l’esistenza?
Via via che la fiducia ricava un
bene da questo suo affidarsi, la speranza da cui è nata si trasforma in
certezza. Certezza che, alla fine, tutto sarà bene, perché non siamo più soli
ad affrontarlo.
Ancora strariperanno le
difficoltà, scrosceranno le disgrazie, soffieranno le avversità, ma quella casa
non cadrà, perché ora è fondata sulla roccia.
Questa è dunque l’equazione delle
virtù teologali:
Se mi sento amato, trovo che la
vita ha un senso, e questo mi apre alla speranza.
La speranza abbraccia la fiducia
per trovare una strada su cui camminare.
La fiducia non può che rivolgersi
verso Colui che mi ha amato per primo.
Camminando con Lui, divento Lui e
comincerò ad amare a mia volta.
C’è un abisso tra il vivere la
vita da vittima e viverla da protagonista.
Ed è questo che cambia il mio
modo di vederla.