
Avere opinioni diverse è lecito,
e se ci confrontiamo, aperti ciascuno a capire che cosa per l’altro è
importante e a trovare un punto d’incontro, le divergenze sono gestibili.
Ma ci sono delle modalità
manipolatorie che ci fanno saltare i nervi e ci trascinano sul loro campo a
rispondere a tono e magari proprio per ottenere la vittoria a qualsiasi costo.
Succede di solito quando l’altro
sente in pericolo qualcosa a cui tiene ma non ha argomenti per difendere le
proprie esigenze. Tipicamente si tratta di bisogni di natura istintuale che,
portati alla luce, si mostrerebbero incapaci di realizzare il suo bene anche
domani, non solo oggi; il bene anche per gli altri, non solo per lui.
Bisogni che lo dominano senza
mostrare il proprio volto, cosicché lui pensa di essere tanto più libero quanto
più, invece, sente chiari, di pancia, motivi che si reggono però soltanto su
una loro logica interna, che non regge a un confronto oggettivo con quello che
è il bene autentico: come abbiamo detto, quello che è bene per me anche domani,
non solo oggi; quello che è bene anche per gli altri, non solo per me.
Gli è più facile allora trovare
vie di fuga dal confronto, che però gli diano la sensazione di avere in mano la
situazione e di vincerti:
- disprezzarti, deriderti e offenderti;
- fare confronti, sottolineando le tue debolezze (ma
anche tu… ma tu peggio…);
- alzare la voce e cercare di prevalere col tono;
- irridere la tua posizione, trattandoti da stupido o
da esagerato;
- portare il discorso lontano da ciò che si sta
trattando, parlando di argomenti correlati ma secondari.
“Il diavolo scappa quando gli
scopri il gioco”, si dice. Mentre il suo tentativo è invece quello di
coinvolgerti nello stesso gioco: usare gli stessi mezzi che usa l’altro,
possibilmente con più forza e più astuzia.
E se, invece, gli scoprissimo il
gioco?
«Perché mi stai offendendo,
deridendo, denigrando, perché giri il discorso? Dammi invece delle ragioni che
io possa capire e mettere assieme alle mie per trovare ciò che è bene davvero!
Se non ne hai, dovrò continuare per la mia strada e fare come ho deciso di
fare». E glielo dico a voce bassa, con tono tranquillo ma deciso.
Questo, naturalmente, implica che tu per primo abbia
chiarito a te stesso le tue ragioni. Non è facile, perché le stesse dinamiche
inconsce che agiscono su di lui agiscono anche su di te. Inoltre, a renderti
difficile affrontare il problema e preferire piuttosto lasciar perdere,
sottometterti, rinviare ci si mettono i sensi di colpa e di abbandono: «Non
dovrei ribellarmi, litigare con chi mi vuol bene e a cui voglio bene…; …poi
ognuno se ne andrà per la sua strada e sarà un disastro; chissà cosa mi
succederà se non faccio come dice lui!». L’ansia ti spinge a risolvere subito;
ma ciò che è affrettato non viene dalla Verità che vuol fare verità.
Normalmente le prime analisi e
soluzioni che ti vengono alla mente sono sbagliate, perché ispirate dalla
rabbia che porta alla rivalsa o dalla paura che porta alla sottomissione.
Queste forze ti vogliono vincitore o anestetizzato, non parte di una strategia
che porta alla soluzione. Le riconosci perché senti soddisfazione o
tranquillità, ma non pace.
Aspetta. Datti tempo. Ciò che non
è da Dio perde la sua evidenza e sparisce.
Un po’ alla volta ti si
renderanno evidenti le dinamiche malate che vi accomunano, tu e lui; non solo
tu, non solo lui.
Tu continua a cercare di capire,
a chiarire.
Che cos'è importante per te, su
cui non puoi transigere?
Che cosa è importante per lui, su
cui puoi venirgli incontro?
Come ci si può dividere i compiti
per affrontare il problema (ossia chi fa che cosa)?
Ciò che è vero sa rendere
evidente la propria verità, però devi posarlo sul tavolo con delicatezza, quasi
con noncuranza, a evitare levate di scudi a difesa dell’opposta posizione. E
soprattutto, dal momento che difficilmente l’altro riuscirà a farlo, media tu
la soluzione tenendo conto delle sue esigenze. Sentirsi ascoltato, tenuto in
considerazione, lo renderà a sua volta disponibile.
Michele Bortignon