Quando
certe atrocità è l'uomo a commetterle, abbiamo perlomeno un colpevole con cui
prendercela. Non basta alla nostra sofferenza, ma la nostra ragione si dà una
ragione.
Diverso
quando è la vita a scatenarsi contro di noi: una disgrazia, una malattia, un
cataclisma con il loro non senso mettono in crisi la nostra fede in un
Dio-Padre.
Nella
convinzione che ciò che ci fa male è un male in sé, nella convinzione che chi
ama protegge, come può permettere questo un Dio che ama?
L'ateo
risponde: questa è la prova che Dio non c'è; o, se anche esiste, è impotente
contro il male.
Quel
Dio che è a me più intimo del mio stesso io, tanto da esserne la verità, è però
anche “nell'alto dei cieli”: per il totalmente altro da me il problema da
affrontare non è tanto il mio soffrire di adesso, quanto il mio diventare Uomo,
scopo della vita che egli mi ha dato.
Le
difficoltà scovano e mettono in moto le mie risorse e le mie capacità. Una
volta emerse, esse fanno parte di me, diventano la mia forza, la mia energia.
Se
però si limitasse a permettere il male in vista di un bene maggiore, Dio
sarebbe una specie di organizzatore/allenatore, attento al nostro bene ma
lontano. E noi saremmo soli. Ed è proprio la solitudine quel che ci ferisce di
più nella sofferenza.
Ecco
allora che Dio si fa accanto a noi nella sofferenza:
- Come
Padre ci dà dei fratelli, aiuto concreto nel nostro bisogno; e tali ci
rende per chi avrà poi bisogno di noi.
- In
Cristo crocifisso, Dio si è inchiodato a una croce uguale alla nostra,
condividendo la nostra paura e la nostra sofferenza. Ora abbiamo Qualcuno
con cui piangere e assieme al quale cercare la via per la risurrezione.
- Lo
Spirito, poi, è la speranza, la fiducia, l'amore che ci spingono da dentro
a lottare contro la paura, a vincere la rabbia, a superare lo
scoraggiamento.
Nella
nostra sofferenza, Dio non ci dà risposte: Dio si fa risposta.
Dio
non passa per la mente attraverso la filosofia o la psicologia, ma lo sentiamo
in un abbraccio, in una presenza, in uno stringersi caldo del cuore, in una
Parola che dirada la nebbia.
Nella
sofferenza abbiamo bisogno di un “qui” che ci stringa forte, ma anche di un
“oltre” che ci apra lo sguardo e le mani su una vita nuova. Chissà... forse
anche migliore...
Michele
Bortignon