1/01/2020

Quale risposta quando non c'è risposta?


Quando certe atrocità è l'uomo a commetterle, abbiamo perlomeno un colpevole con cui prendercela. Non basta alla nostra sofferenza, ma la nostra ragione si dà una ragione.
Diverso quando è la vita a scatenarsi contro di noi: una disgrazia, una malattia, un cataclisma con il loro non senso mettono in crisi la nostra fede in un Dio-Padre.
Nella convinzione che ciò che ci fa male è un male in sé, nella convinzione che chi ama protegge, come può permettere questo un Dio che ama?
L'ateo risponde: questa è la prova che Dio non c'è; o, se anche esiste, è impotente contro il male.
Quel Dio che è a me più intimo del mio stesso io, tanto da esserne la verità, è però anche “nell'alto dei cieli”: per il totalmente altro da me il problema da affrontare non è tanto il mio soffrire di adesso, quanto il mio diventare Uomo, scopo della vita che egli mi ha dato.
Le difficoltà scovano e mettono in moto le mie risorse e le mie capacità. Una volta emerse, esse fanno parte di me, diventano la mia forza, la mia energia.
Se però si limitasse a permettere il male in vista di un bene maggiore, Dio sarebbe una specie di organizzatore/allenatore, attento al nostro bene ma lontano. E noi saremmo soli. Ed è proprio la solitudine quel che ci ferisce di più nella sofferenza.
Ecco allora che Dio si fa accanto a noi nella sofferenza:
  • Come Padre ci dà dei fratelli, aiuto concreto nel nostro bisogno; e tali ci rende per chi avrà poi bisogno di noi.
  • In Cristo crocifisso, Dio si è inchiodato a una croce uguale alla nostra, condividendo la nostra paura e la nostra sofferenza. Ora abbiamo Qualcuno con cui piangere e assieme al quale cercare la via per la risurrezione.
  • Lo Spirito, poi, è la speranza, la fiducia, l'amore che ci spingono da dentro a lottare contro la paura, a vincere la rabbia, a superare lo scoraggiamento.
Nella nostra sofferenza, Dio non ci dà risposte: Dio si fa risposta.
Dio non passa per la mente attraverso la filosofia o la psicologia, ma lo sentiamo in un abbraccio, in una presenza, in uno stringersi caldo del cuore, in una Parola che dirada la nebbia.
Nella sofferenza abbiamo bisogno di un “qui” che ci stringa forte, ma anche di un “oltre” che ci apra lo sguardo e le mani su una vita nuova. Chissà... forse anche migliore...

Michele Bortignon