Sto parlando dell’abuso.
A fine mese verrà definitivamente chiuso la comunità delle suore di Loyola, i cui fondatori sono stati riconosciuti colpevoli di abuso spirituale.
Come si arriva a una situazione del genere?
Innanzitutto, cos’è l’abuso? L’abuso si verifica quando uno pensa di possedere, e poter quindi imporre, la verità, anziché cercare di costruirla assieme a chi vuol aiutare.
Quando questa mentalità si insedia in una persona, un po’ alla volta va a giustificarne anche i suoi interessi personali, per cui questa usa gli altri per realizzare i propri progetti, per soddisfare il proprio piacere, per confermare la propria validità.
L’abusatore manipola instillando sensi di colpa e di indegnità, rifacendosi alla virtù dell’obbedienza. Faccio un esempio che conosco bene: «Tu non puoi dare gli Esercizi, perché per dare gli Esercizi bisogna avere le virtù e a te manca quella dell’umiltà perché non sei sottomesso».
Al contrario dell’abusatore, che si dà un sistema di giustificazioni per cui si sente sempre nel giusto, la sensibilità dell’abusato lo porta a pensare di essere lui la causa del disagio che sta provando, dei problemi sorti tra loro, per cui cade nei sensi di colpa. E, poiché nel frattempo si è creato un legame affettivo con l’abusatore, la prospettiva di spezzarlo è estremamente dolorosa.
A identificare gli inizi dell’abuso è un senso di soffocamento, nell’impossibilità di sentire che è bene per me quel che mi viene richiesto; in più, mi sento vittima di sottili ricatti che mi impediscono di muovermi dalla situazione che si è venuta a creare.
Come uscire dall’abuso? L’unica strada sembra essere quella della denuncia intelligente, come suggerisce santa Teresa d’Avila: quando ti sembra che il tuo confessore non riesca a capirti, confrontati anche con un altro, e che il primo sappia che lo stai facendo; in questo modo starà più attento a quello che dice.
Confrontarsi con altre persone… in tal modo posso anche escludere la possibilità che sia io nel torto: perché no? Potrebbe anche essere che mi sto costruendo castelli paranoici su situazioni esigenti ma sane, perché inconsciamente rifiuto di mettermi in discussione.
Invece, se è l’altro a sbagliare, potrò separarmene a ragion veduta e senza sensi di colpa.
Michele Bortignon