Certo, l’essenziale avviene
attraverso una Parola che le tocca il cuore e un discernimento che le rischiara
la mente, ma a rendere più “palpabile” questa presenza c’è talora bisogno di
qualcosa di più.
Nella Bibbia, sono certe azioni
simboliche a sottolineare la provenienza da un Oltre di una forza, di un aiuto,
di una Presenza che viene affermata a parole. C’è sempre un qualcosa di fisico
-un bacio, un abbraccio, un porre le mani sul capo, la consegna di un oggetto-
accompagnato da una Parola che mette in relazione Dio e la persona, entrambi
presenti nel cuore di chi la pronuncia.
Un gesto simbolico accompagnato
da una benedizione è dunque, per i protagonisti delle Scritture, un modo
concreto di favorire un’esperienza di
Dio.
Da qui nascono i sacramenti e i
sacramentali, che santificano, mediante un rendere presente Dio in gesti e
Parole, certe occasioni della vita umana.
Ma, come abbiamo detto, non ci
sono solo queste occasioni speciali e richiedere una speciale presenza di
Cristo, e Lui stesso, nelle sue ultime parole rivolte agli undici prima di
ritornare al Padre (Mc 16, 17-18), ci indica quando e come vuole essere
presente attraverso “quelli che credono”: facendosi tramite della sua azione (“nel mio nome”), con dei gesti (“imporranno
le mani”) diranno le parole necessarie per quella situazione (“parleranno
lingue nuove”) senza lasciarsi travolgere dalla negatività presente in essa
(“prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà
loro danno”) e così libereranno le persone dalle paure (“scacceranno i
demòni”) che rovinano loro la vita (“guariranno i malati”).
I gesti sono gesti che questi “credenti” hanno visto fare da
Lui, le Parole sono quelle che hanno ascoltato dalla sua bocca. Ma, poiché in
queste situazioni sono necessarie delle parole “efficaci”, dobbiamo riferirci a
quelle a cui Gesù stesso ha attribuito un’efficacia particolare riunendole
nella preghiera che il Padre non può non ascoltare rispondendo con il dono del
suo Spirito (“il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che
glielo chiedono!” Lc 11, 13), che, accompagnando la persona a vivere
nell’Amore, la “salva” nella situazione che sta attraversando.
L’invocazione dell’accompagnatore, in questi frangenti,
dovrà perciò plasmarsi sulle richieste contenute nella preghiera che Gesù ci ha
insegnato.
Le
prime tre richieste, riguardanti Dio stesso (“sia santificato il tuo nome;
venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra”)
esprimono l’obiettivo di quel che chiediamo per noi: Dio agirà per noi se lo
lasciamo agire in noi e attraverso di noi; se l’amore, che è la sua Vita,
diventa la nostra Vita.
Queste
richieste vengono rivolte a un Dio rivelato da Gesù come “Padre”.
Chiamandolo “Padre” affermiamo
che siamo suoi figli, per cui possiamo chiedere con fiducia, sicuri che Egli,
al di là delle nostre richieste, discernerà il nostro bene e verso di esso
orienterà il nostro cuore.
Chiamandolo “Padre” esprimiamo il
nostro desiderio di essergli pienamente figli e quindi la nostra volontà di
trovare in Cristo, suo Figlio, la via per esserlo.
Rivolgendomi, come
accompagnatore, al “Padre Nostro” affermo che puoi contare su Qualcuno che si interessa a te,
che vuole il tuo bene e che, essendo anche Padre mio, attraverso di me ora vuol
esserti vicino per dirti qual è il suo cuore e quale il suo sguardo su di te.
La parola che, accompagnata da un gesto, rivolgo alla
persona è definita “preghiera di intercessione”. In essa chiedo al Padre di
trasformare questa situazione dando alla persona lo Spirito di suo Figlio Gesù
Cristo, il crocifisso-risorto. Guardando allora alla situazione con lo sguardo e il cuore di Dio,
assieme possiamo vederla come punto di partenza verso un bene maggiore.
Entrando nel suo amore e nel suo modo di amare, troviamo la chiave per
trasformare questa morte in una risurrezione, questo disastro in un bene che
non ci sarebbe mai stato se tutto fosse rimasto come prima, senza questa
situazione. E’ questo che ci mette in sintonia con Cristo, che ci fa
essere Lui: la capacità di trasformare un male in un bene più grande. Con le
parole che dico aiuto la persona ad entrare nello Spirito del Cristo e a far
proprio il modo in cui Gesù vuol vivere in lei questa situazione.
Come
dire questa Parola? Ci sono due passi da fare:
- portare la situazione al Padre, come è
vissuta dalla Persona;
- portare la situazione alla persona,
come è vissuta dal Padre.
Quali
sono le situazioni da affrontare?
Essenzialmente
tre, identificabili nelle tre successive richieste al “Padre nostro”, ciascuna
caratterizzata dalla paura o dall’esperienza del fallimento nell’ottenere il
soddisfacimento di un bisogno avvertito dalla persona in maniera angosciosa:
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”: esprime la paura o
l’esperienza del fallimento nel benessere. L’affidarsi all’Amore e diventare
amore per gli altri ne è la cura.
“Rimetti a noi i nostri debiti come noi li
rimettiamo ai nostri debitori”: esprime la paura o l’esperienza del fallimento nelle
relazioni. Il perdono ne è la cura.
“Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal
male”: esprime
la paura o l’esperienza del fallimento nel perseguire il proprio progetto di
vita. Il rendersi interiormente liberi, attaccandosi a un bene più grande, ne è
la cura.
Perché, come accompagnatore, posso rivolgere queste
richieste al Padre?
Posso chiedere, per chi non ne è
capace o non è in grado di farlo, quello che tutti assieme chiediamo al Padre
per noi stessi. E, pregando alla sua presenza la sua situazione, gli insegno
cosa chiedere e come chiederlo.
Le parole che dico nella
preghiera di intercessione le accompagno con un gesto. Un gesto che deve essere
un contatto fisico per rendere concreta, simbolicamente sperimentabile nella
mediazione dell’accompagnatore, la prossimità che Dio le sta promettendo.
Prendere le sue mani tra le mie
mani, posarle la mano sulla spalla o sul capo, un abbraccio sono gesti che,
attraverso il corpo, parlano direttamente al cuore, provvedono la comprensione
della mente, che sta ascoltando la Parola, di quell’emozione che la trascina
con sé a posarsi sulle ferite del cuore, portando una promessa di guarigione e
suscitando così la speranza che innesca la fede e l’amore.
Michele Bortignon