Ai nostri giorni, per molti il
cristianesimo si è ridotto ad a serie di credenze accompagnate da un rigido
moralismo. La pastorale addita i comportamenti da assumere, ma ben raramente li
accompagna con una pedagogia che consenta di farli propri, che non sia quella
del doverismo, del semplice impegno personale. Pochi sono ancora capaci di
attivare una dinamica della grazia per suscitare risposte di fede. Ma è proprio
quest’ultimo il campo dell’accompagnamento spirituale, la cui funzione
specifica è quella di allacciare la relazione tra la persona e Dio, perché
proseguano poi a dialogare e a camminare assieme, loro due da soli.
L’accompagnatore può farlo perché
lui per primo è una persona in dialogo e in cammino con Dio, per cui apre in se
stesso -nel proprio modo di essere e di relazionarsi con Dio- un luogo in cui
la persona che accompagna può cominciare a fare altrettanto, sperimentando via
via il proprio personale modo di essere e di relazionarsi con Dio.
A partire da alcuni outputs
sull’esperienza appena vissuta da alcune persone che ho accompagnato, provo a
desumere cosa è stato importante per loro, cosa le ha aiutate ad allacciare una
relazione con Dio.
“Mi hai fatto conoscere un Dio diverso”.
“E’ stato importante poter
parlare di Dio senza schemi”.
“Ho capito che posso
personalizzare Dio nella misura in cui lo credo amore”.
“E’ stato un percorso che mi
ha portata alle radici del mio sentire”.
A quale Dio sto accompagnando la
persona? Le uniche dimensioni certe di Dio è che è “mistero” ed è “amore”.
E’ mistero perché tutti lo
avvertiamo, ma nessuno sa dire chi o che cos’è. E' un Dio da scoprire personalmente.
E’ amore perché questa è la
dimensione costitutiva del nostro essere: se è l’amore a farci Vivere in
pienezza, chi ci ha dato la vita dev’essere Amore.
Accompagnare nel rispetto di
questa natura di Dio -mistero e amore- è portare la persona ad amare in dialogo
con Colui il cui amare l’ha rivelato figlio dell’Amore (“Amatevi gli uni gli
altri come io vi ho amato” Gv 13, 34); e, in questo
accompagnamento, posso aprirle delle prospettive, mai chiedere obbedienza
presumendo di conoscere con quale volto Dio vuole incontrarla in questo momento
della sua vita.
Accompagnare è avviare e
sostenere una ricerca personale che si dipana in un mistero di cui solo Dio è
il Signore. Fuori da ogni schema imposto culturalmente, Dio ridiventa il
protagonista della propria autorivelazione e la persona della propria ricerca,
ricominciando a dar fiducia a quel sesto senso (la coscienza) che le fa sentire
che cosa è vero perché in sintonia con l’Amore.
“Prima conoscevo Dio per
sentito dire, ora lo sento”.
Da un Dio “concetto”, passando
per una deconcettualizzazione (come accompagnatore posso solo dire che non so
chi o che cosa sia Dio), la persona arriva a un Dio “sentito” come qualcosa che
agisce dentro di lei: è la scoperta e l’esperienza dello Spirito Santo, il Dio “intimior
intimi mei”, Colui che ri-cor-da il Cristo e lo attualizza nella vita della
persona per renderla pienamente figlia del Padre e trasformarne così
l’esistenza in Vita. Non è questa la salvezza?
“Hai saputo esserci quando ne avevo bisogno e non
esserci quando avevo bisogno di provare da sola”.
“Mi sono sentita scelta da Dio
attraverso di te”.
“Mi hai insegnato l’amore gratuito”.
Accompagnare non è tecnica, ma contemplazione: entrare in
Dio e lasciarlo essere attraverso di me. Mi occupo, ma non mi preoccupo, perché
so che, con i suoi tempi e nei suoi modi, Dio opera… irresistibilmente su chi
si è aperto a Lui.
Come Dio, anche l’accompagnatore
spirituale crea ritirandosi; semina, ma rispetta il mistero del germogliare;
mostra, indica, illumina, ma sa che poi è la fiducia la più grande spinta in
avanti. Insegna con le parole, ma sa che l’altro impara non tanto ciò che ha ascoltato
da lui, ma ciò che ha sentito vibrare in lui vedendolo espresso nel suo modio
di essere, di agire e di reagire.
“Hai reso semplice un percorso
di riscoperta dei Padri della Chiesa”.
Perché la gente va in cerca di
religioni orientali o di “americanate” pseudo-psicologiche?
Abbiamo un patrimonio di sapienza
umana e spirituale maturata “col sangue” da grandi testimoni della fede, che
può aprirci concrete prospettive per la nostra vita se solo sappiamo
comprenderla e attualizzarla. Ma abbiamo confinato i tesori della nostra
tradizione in scaffali polverosi e ci alimentiamo di banalità che non ci
nutrono affatto.
Ridare la parola ai maestri dello
Spirito, tornare a comprenderne il messaggio e renderlo nuovamente incisivo per
la nostra crescita umana in Cristo: ecco un’altra sfida che attende
l’accompagnamento spirituale.
Per concludere, nessuna ricetta,
ma una constatazione derivante dall’esperienza: «Per accompagnare a Cristo non
preoccuparti di tecniche e di conoscenze. Pensa solo ad essere in Lui e ad
amare con Lui: pianterai nel cuore di chi ami il seme di ciò che Lui è».
Michele Bortignon
Michele Bortignon
Accompagnare è allacciare anche la mia relazione con Dio.
RispondiEliminaCome mamma posso dire che, contribuire a dare la vita ai miei figli è stato, ed è, recuperare vita anche per me.
Come accompagnatrice spirituale posso dire che, contribuire ad avvicinare i miei "figli" alla VITA ha significato, e significa, riempirmi di quella VITA che, per grazia, mi sento tramite.
In ogni caso accompagnare è sperimentare quel "Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo"(Lc 6,38)