12/24/2018

Il Natale di Giuseppe


Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». (Mt 1,19-21)


In questo Natale ci siamo soffermati sulla figura di Giuseppe: un uomo giusto che non agisce, però, solo secondo la legge, ma che sa guardarsi dentro, interrogarsi e agire con amore fidandosi di ciò che gli dice l’Amore. Ecco che il frutto di questa fiducia è un bambino il cui nome, Gesù, significa “colui che salva”.
Pensando all'esperienza di Giuseppe, ci siamo chiesti: “Quando, invece di fermarmi a fare ciò che sembrava giusto, ho fatto come Giuseppe e ho scelto prima di tutto ciò che sentivo essere un bene, alla fine sperimentando che da questo bene è nato un frutto di salvezza?”

Ecco le nostre riflessioni:
Le scelte che partono dal cuore guardano l’altro dritto negli occhi senza chiedersi chi è o che cosa ha fatto. Ecco che, quel giorno al mare, salvare un “vu cumprà” e le sue poche cianfrusaglie da un paio di vigili, ospitandolo sotto il mio ombrellone, mi è sembrata la cosa più naturale: lo rifarei.  Maria Rosa

Giuseppe, un umile falegname, si fida del suo cuore che è ispirato da Dio e agisce! Come quel giorno a una festa: qualcuno, che era arrivato tardi, si sente escluso; io ho cambiato posto riportando la serenità. La pace che ho avvertito è stata grande, più del rimprovero di qualcun altro. Che bello!  Pasqualina

Davanti alla tomba che racchiudeva i resti di suo figlio di appena diciotto mesi, all'infermiere venuto per cercare un po’ di pace confessando il suo errore fatale tenuto nascosto per più di un anno, mio padre disse: “Nostro figlio nessuno lo può più tirar fuori da lì. Se sei qui è perché te ne sei pentito. Va in pace!”. Rinuncia a qualcosa o gran guadagno? Claudio

Di fronte alla proposta avrei potuto dire di no: chi me lo fa fare di andare a riunioni o in tribunale, firmare documenti, conoscere educatori, famiglie, centri di accoglienza...invece ho accettato di diventare tutore volontario per il tribunale minorile, sapendo che nelle varie realtà in cui sono coinvolta tutti agiscono dietro compenso, tranne il tutore (che è appunto volontario!) Ho scelto ciò che sentivo essere un bene per i bambini affidatimi, ciò che nel mio piccolo posso fare.  Katia

Una voce dentro mi diceva che così non andava; però quella -dicevano gli altri- era la "normalità". E non sarei stato umile -dicevano ancora- cambiando. Non potevo essere me stesso... Non ce l'ho fatta da solo: qualcuno mi ha detto "Non temere di...". Ed è nato il Kaire!  Michele

Da sempre Natale è Dio che si fa uomo, non è la tua festa Giuseppe, tu sei uomo di poche parole, ma il tuo silenzio non è vuoto, è spazio per accogliere e meditare Dio; lo stesso Dio che mi ha chiesto di andare in direzione contraria alle mie certezze per farmi prossimo e portare la Sua presenza all’interno della comunità. Enrico

Oggi è domenica e non sono andato a messa! Il mattino ho lavorato, il pomeriggio ho atteso mio figlio al ritorno dall'università e alla fine abbiamo trascorso alcune ore insieme, forse andando a messa avrei fatto una cosa giusta, ma credo sia stata una cosa buona  rinsaldare il rapporto padre figlio. Germano

Che in questo Natale del Signore nascano anche in voi gesti di giustizia e misericordia: questo è il nostro augurio.  Buon Natale!

12/01/2018

La mistica del quotidiano


In una conferenza a cui ho partecipato ultimamente, il relatore parlava di mistica e ascesi come strettamente correlate: per unirsi a Dio occorre svuotarsi di sé nello sforzo ascetico di farsi come Dio.
Ho ascoltato il mio stomaco che mi diceva «Ma no… non è così!» e ho cercato di capire le sue ragioni.
Intanto intendiamoci su che cos’è la mistica. “Il cristiano del futuro sarà un mistico o non sarà affatto” diceva Karl Rahner; e da gesuita qual era possiamo intravedere nelle sue parole lo spessore di un rapporto di amicizia intima con Cristo. Dunque… se non c’è una relazione personale, fatta cioè di parole, di emozioni, di gesti condivisi, non c’è cristianesimo; tutt’al più moralismo e ideologia, destinati, alle prime serie difficoltà, a soccombere o a svuotarsi dentro, pur mantenendo l’aspetto esterno.
Ma è possibile che quest’amicizia sia a senso unico? Con un Cristo che mi dice «Io ho già dato a suo tempo e ora vediamo se tu riesci a raggiungermi…»?
Una prospettiva del genere mi sembra più un voler dimostrare a se stessi e agli altri il proprio valore. E chi lo fa ha scambiato il santo per un supereroe.
No… Cristo non chiede all’uomo di superare se stesso, ma è Lui che si abbassa al suo livello, ne raccoglie i pezzi e lo fa volare sulle sue ali. Questo è un santo: un uomo in braccio a Dio con tutto lo spessore della sua fragile umanità; unito a Lui per sua grazia; ma che di questa grazia è così compenetrato (la sente, ne vibra, la gusta, la ama, ne gode) che le sue mani, la sua mente, il suo cuore, indegnamente ma fattivamente, diventano le mani, la mente e il cuore di Dio.
L’ascesi scelta, programmata, autoimposta non è via alla mistica perché strumento di un io che vuole farsi Dio… quando è invece Dio che si fa me per farmi Sé (Sant’Ireneo).
Una Kenosis che si ripete per amor mio ogni giorno, ad ogni mia stupidata, con una costanza che mi commuove.
Io non riesco a salire verso Dio svuotandomi di me stesso perché Lui possa riempirmi di Sé. Ma è il mio peccato che mi svuota di me stesso attraverso l’umiliazione, perché Lui possa riempirmi di Sé come misericordia.
Mi svuota di me stesso: della mia supponenza, della mia presunzione, soprattutto -e dolorosamente-  della mia orgogliosa ambizione: vorrei sentirmi conforme a uno standard per il quale essere stimato e stimarmi, santo in compagnia dei santi, esempio di punto d’arrivo del cammino che propongo, valido compagno e aiutante del mio Signore. Insomma, …essere sopra gli altri. Ma se da qui aiuto gli altri, non rischio di far loro capire che salvezza è tirarsi fuori dalla mediocrità?
Noi non possiamo volere quell’abbassamento che Dio ha scelto per stare vicino a chi ha bisogno del suo aiuto. E allora Dio permette il nostro peccato per metterci tutti sullo stesso piano, perché il nostro aiuto sia uno stare l’uno accanto all’altro e non una degnazione di chi è a posto verso chi è sbagliato.
Resta il dubbio: ma io da che parte veramente sto? Non sarò un ipocrita che fa il suo comodo? Il farmi questa domanda è già una risposta. Non è un momento di debolezza a definirmi, ma la tensione di fondo, quello che voglio quando l’impulso non sta agendo su di me; quando io mi possiedo, non quando sono trascinato fuori di me; quando vedo gli altri, non quando sono avvitato nelle mie sensazioni.
Ma non c’è solo amarezza e dispetto per ciò che non riesco a essere. C’è anche -e qui riemerge la dimensione mistica- nostalgia di Lui da cui mi sto allontanando, preso da altre emozioni. Perché è a Lui che appartengo; perché è Lui il senso del mondo in cui voglio vivere; perché Lui sa farmi volare; perché è Lui la Bellezza che mi circonda; perché quando mi riempie siamo uno; perché se qualcosa di buono faccio, è in Lui che lo faccio.
Lui, Lui, Lui: quando, alla fine delle mie peregrinazioni e dei miei sviamenti, lo sguardo torna a Lui, ecco… siamo tornati uno. E Lui è già in me ad amare… come Lui vuole e sa fare attraverso di me.

                                                                                                                   Michele Bortignon