12/01/2018

La mistica del quotidiano


In una conferenza a cui ho partecipato ultimamente, il relatore parlava di mistica e ascesi come strettamente correlate: per unirsi a Dio occorre svuotarsi di sé nello sforzo ascetico di farsi come Dio.
Ho ascoltato il mio stomaco che mi diceva «Ma no… non è così!» e ho cercato di capire le sue ragioni.
Intanto intendiamoci su che cos’è la mistica. “Il cristiano del futuro sarà un mistico o non sarà affatto” diceva Karl Rahner; e da gesuita qual era possiamo intravedere nelle sue parole lo spessore di un rapporto di amicizia intima con Cristo. Dunque… se non c’è una relazione personale, fatta cioè di parole, di emozioni, di gesti condivisi, non c’è cristianesimo; tutt’al più moralismo e ideologia, destinati, alle prime serie difficoltà, a soccombere o a svuotarsi dentro, pur mantenendo l’aspetto esterno.
Ma è possibile che quest’amicizia sia a senso unico? Con un Cristo che mi dice «Io ho già dato a suo tempo e ora vediamo se tu riesci a raggiungermi…»?
Una prospettiva del genere mi sembra più un voler dimostrare a se stessi e agli altri il proprio valore. E chi lo fa ha scambiato il santo per un supereroe.
No… Cristo non chiede all’uomo di superare se stesso, ma è Lui che si abbassa al suo livello, ne raccoglie i pezzi e lo fa volare sulle sue ali. Questo è un santo: un uomo in braccio a Dio con tutto lo spessore della sua fragile umanità; unito a Lui per sua grazia; ma che di questa grazia è così compenetrato (la sente, ne vibra, la gusta, la ama, ne gode) che le sue mani, la sua mente, il suo cuore, indegnamente ma fattivamente, diventano le mani, la mente e il cuore di Dio.
L’ascesi scelta, programmata, autoimposta non è via alla mistica perché strumento di un io che vuole farsi Dio… quando è invece Dio che si fa me per farmi Sé (Sant’Ireneo).
Una Kenosis che si ripete per amor mio ogni giorno, ad ogni mia stupidata, con una costanza che mi commuove.
Io non riesco a salire verso Dio svuotandomi di me stesso perché Lui possa riempirmi di Sé. Ma è il mio peccato che mi svuota di me stesso attraverso l’umiliazione, perché Lui possa riempirmi di Sé come misericordia.
Mi svuota di me stesso: della mia supponenza, della mia presunzione, soprattutto -e dolorosamente-  della mia orgogliosa ambizione: vorrei sentirmi conforme a uno standard per il quale essere stimato e stimarmi, santo in compagnia dei santi, esempio di punto d’arrivo del cammino che propongo, valido compagno e aiutante del mio Signore. Insomma, …essere sopra gli altri. Ma se da qui aiuto gli altri, non rischio di far loro capire che salvezza è tirarsi fuori dalla mediocrità?
Noi non possiamo volere quell’abbassamento che Dio ha scelto per stare vicino a chi ha bisogno del suo aiuto. E allora Dio permette il nostro peccato per metterci tutti sullo stesso piano, perché il nostro aiuto sia uno stare l’uno accanto all’altro e non una degnazione di chi è a posto verso chi è sbagliato.
Resta il dubbio: ma io da che parte veramente sto? Non sarò un ipocrita che fa il suo comodo? Il farmi questa domanda è già una risposta. Non è un momento di debolezza a definirmi, ma la tensione di fondo, quello che voglio quando l’impulso non sta agendo su di me; quando io mi possiedo, non quando sono trascinato fuori di me; quando vedo gli altri, non quando sono avvitato nelle mie sensazioni.
Ma non c’è solo amarezza e dispetto per ciò che non riesco a essere. C’è anche -e qui riemerge la dimensione mistica- nostalgia di Lui da cui mi sto allontanando, preso da altre emozioni. Perché è a Lui che appartengo; perché è Lui il senso del mondo in cui voglio vivere; perché Lui sa farmi volare; perché è Lui la Bellezza che mi circonda; perché quando mi riempie siamo uno; perché se qualcosa di buono faccio, è in Lui che lo faccio.
Lui, Lui, Lui: quando, alla fine delle mie peregrinazioni e dei miei sviamenti, lo sguardo torna a Lui, ecco… siamo tornati uno. E Lui è già in me ad amare… come Lui vuole e sa fare attraverso di me.

                                                                                                                   Michele Bortignon

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