4/04/2021

Hanno portato via il Signore

 Quando l'essenziale è invisibile agli occhi

«Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». (Gv 20,2)

È il giorno dopo il sabato, Maria di Magdala non riesce a stare ferma e si reca alla tomba del suo Maestro ancora prima del sorgere del sole. Al vedere la pietra tombale scostata deduce l’unica cosa umanamente credibile: hanno portato via il corpo del Maestro.

Ma chi lo ha trafugato? e perché poi? Queste sono domande che forse non si è posta: troppa era la fretta di ritornare da Pietro e dagli altri per avvertirli.

Quanta fretta Maria! Quante corse al buio senza vedere bene che cosa era successo.

Anche noi a volte, presi dalla fretta, siamo tentati di prendere decisioni avventate, di scegliere su due piedi, anche se non abbiamo chiara tutta la situazione. Se solo imparassimo a fermarci e a guardare dentro le cose, ci accorgeremmo che non sempre la realtà è come sembra; ci accorgeremmo che quel vuoto è un pieno, che quell’assenza è abitata, che una fine può essere un inizio.

Maria, alla fine sei tornata e, tra le lacrime, ti sei fermata e hai guardato dentro quel sepolcro (Gv 20,11); l’angoscia di una perdita ha allora lasciato il posto alla gioia di una certezza: il tuo maestro non era morto, ma chiamandoti per nome, ti invitava ad annunciare ai discepoli non più la notizia di una perdita (hanno portato via il Signore), ma la gioia della resurrezione.

Resurrezione è saper vedere oltre le apparenze. Quando, sapendomi fermare, ho visto che la situazione era molto diversa da come l’avevo giudicata? Quando sono riuscito a non farmi prendere dal panico o dalla fretta di trovare una soluzione e con la calma ho dato a una situazione la possibilità di cambiare, di trasformarsi?

È ciò che ci siamo chiesti e che, alla luce del cammino che abbiamo intrapreso con il Kaire, abbiamo sperimentato:

Resurrezione è saper vedere oltre le apparenze... C'è stata un’importante frattura tra la mia famiglia e un gruppo di servizio in parrocchia. Un clima pesante, ricatti e prevaricazioni e da parte di molti un voltare lo sguardo altrove, in un silenzio a
ssordante. Lasciare tutto mi sembrava l'unica scelta possibile. Il tempo e lo sguardo rivolto alla croce mi hanno permesso di vedere oltre, cogliendo la fragilità di alcune persone coinvolte, il loro buon cuore e regalandomi la possibilità di nuove relazioni. 

Quando si abbandona il giudizio e si accolgono le situazioni per quello che sono, si aprono opportunità che prima tralasciavo o ignoravo. Una soluzione magari non ce l'ho ancora, ma il non esercitare la mente mi porta a non affrontare i fatti e le persone che incontro con paura ed angoscia. Contemporaneamente lasciare spazio a un respiro profondo e lungo di meditazione mi porta a imparare a sostare in me e con Cristo per illuminare il mio muovermi nel mondo. Non porvi obiettivi e pregiudizi ma continuare a esercitarmi con perseveranza mi può consegnare una dimensione del mio essere più consapevole e compassionevole. L'augurio per questa Pasqua è applicarmi con entusiasmo in questo nuovo compito maturato con l'esperienza del Kaire. 

Ho iniziato il kaire con pochissime porte aperte, quasi non vedessi spiraglio. Mano a mano che procedevo con il percorso ho visto che Dio agisce e giorno dopo giorno mi dà l’utile per fare passi avanti nell'affrontare le difficoltà, mi aiuta a crescere nelle situazioni, anche grazie alle persone che mi fa incontrare.

«È tutta colpa tua, sei tu la rovina di tutto»: parole dure che feriscono, che ho sentito ingiuste nei miei confronti. La prima reazione è stata quella di alzare la voce anch’io e di usare gli stessi epiteti. Ma non l’ho fatto, ho cercato di riportare l’altra persona alla realtà delle cose (se ho parlato male, dimostra il male che ho detto; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti? Gv18,23). Apparentemente non è servito a niente: la situazione non è migliorata. Il cambiamento e la resurrezione sono stati solo miei, ho capito che sono capace di rispondere al male con il bene e la pace interiore che ne segue non ha prezzo.

Guardo con dispiacere a quando, fino a qualche anno fa, mi facevo un punto d’onore rispondere sempre per le rime a chi mi faceva qualche appunto. E, quando mi prendeva l’ansia, l’ira mi scoppiava dentro di brutto. Io sapevo già che le cose erano andate come pensavo io… Poi ho provato a tacere qualche volta… e darmi il tempo di pensare e capire. Strano e bello: posso essere diverso! Certamente più libero.

Riconosco che i segni di resurrezione sono sempre stati presenti nella mia vita, ma con modi di intenderli diversi, penso sia dovuto al passare degli anni. Da focoso, entusiasta, quando ero più giovane, oggi mi scopro più rivolto verso una consapevolezza nuova; sono attento più di prima alle apparenti piccole cose quotidiane: il risveglio al mattino, l'aver una persona che mi vuole bene, il piacere di parlare con lei delle situazioni che ci stanno a cuore, poter essere utile agli altri con servizi pratici o con parole di ascolto. E' un segno di resurrezione vedere i figli crescere, prendere decisioni, assumersi responsabilità, soffro e gioisco con loro, partecipo come mi è permesso alle loro vite. Ma soprattutto sono questi i giorni della S.Pasqua, il Signore mi fa conoscere di Lui sempre cose nuove.

Buona Pasqua di Gesù nella Vostra vita 

Katia, Lorenzo, Simone, MariaRosa, Michele, Tiziano

4/01/2021

Il silenzio che illumina

Un tentativo di furto con relativo danneggiamento. Mi ha fatto sentire violato e ora anche insicuro perché potrebbe ripetersi. Nello smarrimento mi sono rallegrato: “Kaire!”, l’ultima delle beatitudini: quando gli altri vi fanno del male voi rallegratevi. L’ho fatto per obbedienza: un atto di fiducia in Gesù, che certo sa quel che dice.

Il risultato è che ti domandi perché lo fai e poi domandi a Lui, a Gesù, perché lo fai. E allora succede che ti metti in relazione con Lui anziché con la tua rabbia e le tue paure.

No, non ho fatto ragionamenti con Lui, nemmeno mi sono sfogato: ero con Lui e ho pregato. Ho pregato per questa persona e ho sentito il suo sbandamento, la sua disperazione che l’ha spinta a un’azione di cui ha visto il vantaggio per sé ma non il male che ha provocato ad altri. L’empatia si trasforma in compassione. Non sono più contro di lei, ma con Dio davanti a lei. Non è passata la paura, che ogni tanto invade i miei pensieri: potrebbe rifarlo! Ma mi sento libero e in pace: non c’è il rancore a separarmi da lei e io mi sento completamente nel Padre. Trovare in Dio un padre e vedere nell’altro un fratello: non è questa la salvezza?

Sentire la tua mano nella mano del Padre non cancella la paura, il malessere, l’amarezza per quel che succede o è successo, ma ti ci fa rimanere o passare attraverso senza sentirtene sommerso. In Lui trovi la luce per capire, la forza per andare avanti, quell’intimità che ti fa sentire in Lui dovunque e comunque tu sia. Per te c’è un orizzonte diverso. E già questo è Paradiso.

Che cosa attiva questa dinamica di affidamento che inserisce nell’abbraccio di Dio? Rileggiamo l’esperienza appena descritta. L’invito di Gesù a rallegrarmi ha avuto lo stesso effetto che ha il “Koàn” nel Buddismo Zen: un assurdo che ti fa cadere dai tuoi consueti punti di riferimento e ti obbliga a pensare in maniera nuova. E, quando non sai da che parte girarti, fai silenzio e aspetti. Aspetti in silenzio, senza costruire pensieri. Perché? Perché i pensieri rimescolano quello che già sai e ti riportano a quello che hai sempre fatto. Un agire nuovo è portato invece da un’ispirazione: un pensiero carico di emozioni positive che proviene da un modo di essere e di pensare che hai sentito profondamente vero ma finora è rimasto quiescente dentro di te, come un seme pronto a germinare quando un bisogno profondo lo richieda. E ora puoi e vuoi seguirla perché il nuovo te stesso che ti chiama a essere lo senti più vero di quel che sei ora.

Da una piccola morte è nata una piccola risurrezione. Davvero, tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8, 28).

                                                                                       Michele Bortignon