Il risultato è che ti domandi perché lo fai e poi domandi a Lui, a Gesù, perché lo fai. E allora succede che ti metti in relazione con Lui anziché con la tua rabbia e le tue paure.
No, non ho fatto ragionamenti con Lui, nemmeno mi sono sfogato: ero con Lui e ho pregato. Ho pregato per questa persona e ho sentito il suo sbandamento, la sua disperazione che l’ha spinta a un’azione di cui ha visto il vantaggio per sé ma non il male che ha provocato ad altri. L’empatia si trasforma in compassione. Non sono più contro di lei, ma con Dio davanti a lei. Non è passata la paura, che ogni tanto invade i miei pensieri: potrebbe rifarlo! Ma mi sento libero e in pace: non c’è il rancore a separarmi da lei e io mi sento completamente nel Padre. Trovare in Dio un padre e vedere nell’altro un fratello: non è questa la salvezza?
Sentire la tua mano nella mano del Padre non cancella la paura, il malessere, l’amarezza per quel che succede o è successo, ma ti ci fa rimanere o passare attraverso senza sentirtene sommerso. In Lui trovi la luce per capire, la forza per andare avanti, quell’intimità che ti fa sentire in Lui dovunque e comunque tu sia. Per te c’è un orizzonte diverso. E già questo è Paradiso.
Che cosa attiva questa dinamica di affidamento che inserisce nell’abbraccio di Dio? Rileggiamo l’esperienza appena descritta. L’invito di Gesù a rallegrarmi ha avuto lo stesso effetto che ha il “Koàn” nel Buddismo Zen: un assurdo che ti fa cadere dai tuoi consueti punti di riferimento e ti obbliga a pensare in maniera nuova. E, quando non sai da che parte girarti, fai silenzio e aspetti. Aspetti in silenzio, senza costruire pensieri. Perché? Perché i pensieri rimescolano quello che già sai e ti riportano a quello che hai sempre fatto. Un agire nuovo è portato invece da un’ispirazione: un pensiero carico di emozioni positive che proviene da un modo di essere e di pensare che hai sentito profondamente vero ma finora è rimasto quiescente dentro di te, come un seme pronto a germinare quando un bisogno profondo lo richieda. E ora puoi e vuoi seguirla perché il nuovo te stesso che ti chiama a essere lo senti più vero di quel che sei ora.
Da una piccola morte è nata una piccola risurrezione. Davvero, “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8, 28).
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