9/01/2024

Cosa significa credere in Dio?

Credere in Dio: che cos’è? Un’opinione sul fatto che Dio esista o meno? Se fosse soltanto così, chi se ne importa? Ognuno si tiene la sua opinione e pace!

Ma… chi è questo Dio?

L’unica cosa sensata che, come cristiani, possiamo dire di Dio è che Lui a noi ci tiene.

Il nostro è un Dio che si fa uomo per mostrarci il modo di essere uomini e si mette a fianco di coloro ai quali l’ingiustizia umana non dà la possibilità di esserlo. Credere in Dio è allora mettersi sulla sua stessa strada, far nostro il suo Spirito e continuare quel che Lui ha cominciato a fare. Se Lui a noi ci tiene, credere in Dio è credere che ognuno di noi è unico e importante, ha una sua dignità che gli dev’essere assicurata e che lui stesso deve conquistarsi.

Nel corso della storia, alcune persone “illuminate” hanno visto con più chiarezza le situazioni in cui la dignità dell’uomo veniva calpestata e questi ridotto a merce da sfruttare da parte di chi deteneva potere e ricchezza. Sulle loro orme, tanti altri si sono dedicati al riscatto dei poveri, all’educazione dei giovani, al prendersi cura degli ammalati e degli anziani, all’accompagnamento spirituale, all’evangelizzazione, ecc. Con la loro azione, essi hanno contribuito al cambiamento della mentalità della società, che ha fatto poi proprie queste attività.

Da notare che il cambiamento è avvenuto sempre quando qualcuno si è messo a fianco di chi voleva aiutare, condividendo le loro condizioni, la loro situazione di vita e mostrando in sé l’alternativa. Solo vivendo “dal di dentro” certe situazioni si può capire come muoversi.

L’ebraismo ha sviluppato due concetti che possono tornarci utili per continuare il nostro ragionamento: il primo è che, dopo la creazione, Dio si è ritirato per lasciare spazio all’uomo; il secondo è che il Messia verrà quando troverà giustizia sulla terra. Collegandoli, se ne può desumere che l’uomo è chiamato a continuare la creazione iniziata da Dio riorganizzandola sulla base della giustizia. E l’unica giustizia giusta è, come abbiamo detto, quella che dà dignità a ogni singolo uomo, assicurandogli la possibilità di diventare pienamente quel che è.

Dove portare questa giustizia? Ogni epoca, ogni luogo ha le sue situazioni da far risorgere; e le capacità e la sensibilità di ciascuno gli dicono su quale di queste impegnarsi. Senza farsene un problema. Ci sarà un momento in cui le sue possibilità verranno interpellate dai bisogni che gli si presentano davanti: sarà quello, e solo quello, il momento di agire.

Ma attenzione: anche l’impegno nel bene potrebbe essere una tentazione: una possibile via di fuga dalla propria realtà deludente per ricevere, aiutando gli altri, una conferma della propria positività e un contraccambio affettivo.

Come si diceva prima, l’aiuto vero lo dà chi vive la stessa situazione mostrando in sé l’alternativa. Se io per primo non ho risolto (o non sto lavorando per risolvere) i miei problemi, che alternativa rappresento? Il mio sarà solo un “fare per”, non un “essere con”, ossia un fare senz’anima, non guidato dallo Spirito, ma dalla ricerca di me stesso.

Certo, anche avere problemi è condividere la situazione degli altri, ma un conto è viverci dentro e affrontarli quotidianamente, un altro girar loro le spalle e impegnarsi altrove per non vederli.

La prima situazione da risanare è dunque la nostra, quella in cui viviamo con le persone con cui siamo in relazione in famiglia, al lavoro, nella comunità. E probabilmente sarà proprio il bene che riusciremo a costruire in questi ambiti a sviluppare in noi quelle capacità e quella sensibilità che avranno in sé la forza e la passione di esportarsi in bene verso gli altri.

Michele Bortignon


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