Un dialogo fra noi
Michele: «Maria Rosa, hai mai fatto caso a come si svolgono le dinamiche dei litigi?
Quando sorge una tensione tra due persone, ciascuno si sente calpestato nei propri diritti e li rivendica; anzi, spesso esagera, pronto a schiacciare l’avversario. A volte urlando, a volte in un balletto di accuse a denti stretti.
Se non si risolve subito, dopo lo sfogo, parlandosi, la tensione permane ed entriamo in due possibili opposti scenari: il rancore o l’immolazione.
Nel rancore quello che è successo si ingigantisce, diventa terribile e imprescindibile da affrontare per ricucire lo strappo.
Nell’immolazione, che è spesso mascherata da cristiana abnegazione, si perdona tutto e si riprende come se nulla fosse successo.
In entrambi i casi mi costruisco in testa un film in cui io sono la vittima e l’altro il carnefice.
Non ti sembra che a questo punto ci siamo dimenticati della cosa più importante? Il problema… dov’è andato a finire? L’attenzione si è subito spostata sull’io ferito che deve lavare l’onta subita oppure la sublima nella consolante visione di sé come martire cristiano.
Sapendo che, alla fine, si finisce per imboccare l’una o l’altra strada, non è male (dopo lo sfogo iniziale, che è logico e inevitabile) fermarsi davanti a questo bivio e cercare la terza via.
“Siediti al sole, abdica e sii re di te stesso”, dice Fernando Pessoa. Rilassati, lasciati perdere e cerca di capire qual è il problema.
Se davvero è un problema, lo è per te come per l’altro, e l’altro capirà che è un problema anche per lui.
Se ti è chiaro, riuscirai a esprimerlo in poche, chiare parole, magari anche proponendo una soluzione semplice e condivisibile.
La terza via: quella che non contrappone i diritti delle due parti, ma che affronta il problema.»
MariaRosa: «E’ vero quel che dici, Michele: smettere di guardare il proprio ombelico, rendendosi conto che non è il centro del mondo, è un primo passo per guardare l’altro e soprattutto vedere il punto di vista dell’altro.
Spesso, però, l’altro non è altrettanto disposto a cambiare punto di vista o almeno ad alzare lo sguardo da se stesso e dalle proprie ragioni. Che fare allora? Come comportarsi quando sentiamo che la voglia di pace è solo nostra e che, invece, l’altro cerca ogni appiglio per dichiararci guerra?
La terza via di cui parli non è evidente, anzi! In un primo momento proprio non ne vedi l’esistenza e sai perché? Perché il tuo sguardo non è limpido, ma offuscato dalle tue ragioni, dal senso di offesa, dalla voglia di far valere le tue verità a tutti i costi. Lascia decantare tutti questi sentimenti, datti tempo, rilassati, cambia prospettiva e soprattutto chiarisciti ciò che vuoi: costruire la pace. Vedrai che a poco a poco, come il diradarsi della nebbia, o all’improvviso, come un raggio di sole tra le nuvole, si aprirà davanti a te la terza via, quella che porterà al bene di entrambe le parti. Essa sarà quella soluzione così semplice e allo stesso tempo intelligente che spiazzerà l’altro ed egli non potrà che assecondarti o…ritirarsi sconfitto in attesa di sferrare un altro attacco…
In un caso o nell’altro avrai, nel tuo piccolo, aggiunto un mattone nel ponte della pace!»
Michele Bortignon e Maria Rosa Brian
Per un collegamento al Vangelo: Gv 14, 16
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