Sì, può essere un buon avvio
sulla giusta strada, perché fa gustare la bontà, la bellezza, l’utilità del
bene, ma porta con sé un rischio: potresti continuare a fare il bene perché ti
dà gusto, non perché è giusto. Non te ne accorgi, ma cominci a fare il bene per
te e non più con il Signore: il bene che fai tiene conto dei tuoi bisogni,
mentre quelli degli altri passano in secondo piano; e così, col tempo, si va
trasformando in un non-bene. Inoltre, in questo tuo fare il bene in modo
autocentrato ti aspetti una risposta dagli altri, esigi un ritorno all’impegno
che ci metti: se non ci trovi gusto, soddisfazione, realizzazione, perché
farlo?
Smarrito, volgi allora a Dio lo sguardo, a quel Dio che
finora hai creduto fonte delle tue consolazioni. Ma Dio tace. È la notte dei
sensi, la notte in cui ti ha fatto sprofondare il tuo rapporto sensuale con
Dio, la crisi di una relazione con Dio funzionale ai tuoi sogni e ai tuoi
bisogni, una relazione che sei tu a gestire, secondo i tuoi parametri.
Ma “Dio è spirito, e quelli
che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” (Gv 4,24): nella fede,
nella speranza, nell’amore.
Ascoltare un richiamo e seguirne
la direzione: questa è fede.
Guardare nella nebbia e giurare
di aver visto uno spiraglio: questa è speranza.
Sentire che la meta è già dentro
di te se non la cerchi da solo: questo è amore.
Fede, speranza e amore: il fuoco
dentro di te che illumina la notte dei sensi aprendoti all’azione dello
Spirito.
Attento però a non imboccare la
via del protagonismo: è la direzione che accende in te la luce, non viceversa;
ma non aspettarti nemmeno che faccia tutto Dio: la fiaccola deve protendersi
verso la fiamma per potersi accendere.
Quando nasce il cambiamento?
Quando ne avrai disperatamente bisogno.
La fede è mossa da un
desiderio-speranza che si innesta su un fallimento-insoddisfazione: hai provato
in tutti i modi, ma senza risultato, a risolvere il tuo problema con le risorse
della ragione; ora provi a sperare che la risposta si apra nel percorrere un
oltre che non conosci, ma che vedi vissuto da qualcuno nei cui occhi brilla una
luce che ti affascina, segno che una risposta lui l’ha trovata.
Su questa fede puoi entrare
nell’Oltre, nell’assurdo di scelte che, sulla base delle tue ragioni, mai avresti
fatto, ma che, dai frutti, mostrano la loro validità e rivelano quindi la loro
sensatezza. In questo modo la fede rifonda su nuove basi le tue ragioni e ti
apre a una speranza più grande, verso cui cominci ad avviarti facendo scelte
sempre più radicali.
Ma in che cosa hai fede quando
hai fede in Dio?
La fede riposta in Dio è fede
riposta nell’Amore.
Perché l’amore?
E perché Dio è amore?
Con le nostre scelte noi vogliamo
confermare il nostro esserci e affermare il nostro essere.
Ci sono scelte istintive che ci
affermano a scapito degli altri e quindi non possono durare nel tempo, perché
gli altri prima o poi rivendicheranno i loro diritti calpestati.
L’unica scelta in cui possiamo
affermare noi stessi affermando allo stesso tempo gli altri è l’amore.
Che cos’è l’amore? Prendersi
cura. Semplicemente. Tenendo conto dell’altro.
Se qualcuno non si fosse preso
cura di noi, adesso non esisteremmo.
L’amore è stato scritto nelle
nostre fibre dalle cure dei nostri genitori; lo abbiamo poi dato e ricevuto nel
rapporto con gli altri per aprire e scoprire nuovi mondi; per alcuni di noi,
infine, si è reso persona nel nostro essere a nostra volta genitori.
Nell’amore siamo stati e ci siamo
costruiti: se togli l’amore rimane il Nulla.
Sentiamo che l’amore è la nostra natura, lo stampo in cui siamo stati creati, e ci rendiamo conto che essere è essere-con, ma, assieme, avvertiamo in noi una forza, impastata di paura, che ci fa preoccupare solo per noi stessi.
In chi avverte in sé questa
guerra e non vuol cedere le armi, lasciandosi andare alla deriva, nasce
l’esigenza di un riferimento che lo rifondi sulla propria verità, ossia sul
proprio essere amore.
Un riferimento che non può essere
lui a costruire, perché avrebbe tutti i suoi limiti e quindi a nulla gli
servirebbe; un riferimento che si rivela in tutte le esperienze d’amore
autentico, tutte assommandole e tutte rilanciandole verso un di più, perché di
ciò che è bello, di ciò che ci fa bene non abbiamo mai abbastanza.
Questo riferimento ha dunque la
caratteristica di essere amore e di essere infinito.
A esso l’uomo ha dato il nome di
“Dio”.
Questo è Dio, non quello che ti
costruisci tu.
Michele Bortignon
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