
Parole pesanti come macigni, parole che
mi schiacciavano alimentando il mio senso di colpa, parole che non capivo… e
che finora faticavo a capire. Parole verso le quali provo un senso di
ribellione a volte violento. Parole alle quali chi cerca di darmi una
spiegazione sembra arrampicarsi sugli specchi e non fa che peggiorare la
situazione dando risposte vaghe alle mie domande che, invece, pretendono
chiarezza e concretezza: “Perché mi dicono che Gesù è morto per me? Che
significa “per i nostri peccati”? Perché “anche per colpa mia”?
Ci abbiamo riflettuto, ci abbiamo
pregato, ci siamo confrontati e alla fine siamo arrivati a una conclusione che
a noi ha fatto bene, aiutandoci a chiarire e a capire certe ‘frasi fatte’ che
hanno bisogno di essere ‘aperte e smontate’ per diventare comprensibili. A noi
è servito, speriamo di aiutare anche voi a fare chiarezza.
Per cercare di comprendere meglio la
morte in croce di Gesù partiamo dall’atto finale: la risurrezione.
Se Gesù è risorto, questo significa
che non era un uomo qualunque, non era solo un uomo: ha la stessa natura di
Dio, è figlio di Dio, è Dio.
Se ha vinto la morte, se la morte non
ha avuto potere su di lui, questo significa che il suo modo di essere, quel che
ha detto e fatto è pieno di vita e porta alla Vita.
Perché Dio si è incarnato in Gesù?
Appunto per portarci alla Vita, mostrandocene in Sé la strada. Ma la mentalità
che ci guida ha già i propri riferimenti (soldi, successo, potere) e schiaccia
chi rischia di metterla in crisi. Gesù ci disturba in tutti quelli che ci
chiedono di cambiare mentalità per venire incontro ai loro bisogni oltre che ai
nostri. Nel rifiutarli, chiudendoci nei nostri interessi, duemila anni fa come
oggi il nostro peccato/egoismo uccide Gesù. Ma Dio sa che chiuderci in noi
stessi dà frutti di morte, perché l’uomo trova il proprio paradiso non da solo,
ma in relazioni belle, profonde, affettuose, stimolanti. Ecco allora che Gesù
muore non soltanto per/a causa dei nostri peccati, ma quel “per i nostri
peccati” ha anche un senso finale: per farcene uscire, per mostrarci in Sé che
aprirci anziché chiuderci alle relazioni –anche se a volte significa lasciar
morire il nostro ego- è fonte di una vita più grande, della Vita vera, in
pienezza.
Gesù muore per mostrarci una strada
per risorgere e tornare a vivere. L’amore, infatti, fa nascere una vita di una
qualità tale da renderla indistruttibile; l’amore vince la morte.
Perciò ogni morte accettata per amore
porta a una risurrezione; e non può esserci risurrezione senza l’accettazione
di una morte per amore.
Anche noi, se amiamo fino in fondo,
possiamo risorgere. Dovrò morire al mio io (il mio egoismo, il mio tornaconto,
il mio bene prima di tutto) o comunque sarò ucciso da chi, vivendo secondo la
logica del mondo, è messo in discussione dal mio modo di vivere, dal mio modo di
amare. In ogni caso, il mio morire dà vita a chi amo e dà una prospettiva di
vita a chi mi uccide (vede che può esserci una via di uscita diversa al solito
modo di fare).
Concludendo, possiamo affermare che
Gesù è la Via, la Verità e la Vita (Gv 14,16) perché ci mostra, vivendolo fino
in fondo, fino a morirne, che esiste una strada diversa da percorrere per
arrivare alla Vita vera. Ci mostra che spesso nel tentativo di costruirci da
soli la vita (in una ricerca spasmodica della felicità a tutti i costi, del
benessere personale senza guardare in faccia gli altri) andiamo in contro alla
morte. Ci addita che vivendo per amore possiamo avere una vita oltre la morte,
che i frutti del nostro amare saranno eterni e sopravvivranno a noi. Ci libera
dalla paura della morte, perché lui per primo ci ha mostrato come entrarci e
come uscirne vincenti, nonostante l’apparente sconfitta. Ci mostra la verità di
noi stessi, ci mostra il nostro essere figli di Dio: fatti per la bellezza, per
amare, per il bene, per tutto ciò che è bello e buono.
Maria Rosa Brian
Michele Bortignon
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