Questo modo di agire o reagire in cui inevitabilmente cadi è stato indotto, costruito in te da una passata esperienza di vita, probabilmente durata a lungo, a contatto con persone per te affettivamente significative.
Adesso, cambiata la situazione, ti accorgi però che il tuo modo di reagire è lo stesso, solo che non è più adeguato alla situazione: invece di vedere le persone per quello che sono, proietti su di loro l’immagine di chi allora ti aveva fatto del male appena cogli in loro un qualche atteggiamento che te lo ricorda, per cui non è alla persona che ti sta davanti che reagisci, ma a quella che ti aveva fatto del male.
Ad esempio, se la tua esperienza pregressa è stata di essere rifiutato e aggredito, e tu hai risposto aggredendo a tua volta, ora, nella tua esperienza attuale, ti senti rifiutato anche solo se ti viene fatta un’osservazione o dato un consiglio ed aggredisci l’altro (o te stesso, somatizzando la sofferenza) con una reazione chiaramente sproporzionata rispetto alla causa.
Vediamo cosa succede quando ti senti ferito dal comportamento dell’altro, perché lo inserisci nel mondo delle tue esperienze ferite.
Anziché chiarirti con lui, credendo nella sua buona fede e cercando di capire le motivazioni o i problemi sottostanti ai suoi comportamenti che non ti vanno, li ritieni colpevoli e premeditati per ferirti («L’ha fatto apposta!»; «Non poteva non rendersi conto che così mi avrebbe ferito!») e quindi iniziare un’azione difensivo-offensiva (ti chiudi e/o lo aggredisci) che finisce per suscitare un suo contrattacco, in una reazione a catena che diventa sempre più pesante.
Spesso, al di sotto di una richiesta specifica, c’è un bisogno profondo che, quando non soddisfatto, rende esplosiva una situazione di per sé spesso banale. Si creano allora associazioni di pensiero irrealistiche; ad esempio: «Se sei in ritardo nel preparare la cena -e sai che ci tengo alla puntualità!- significa che non t’interessa niente di me» (bisogno di affetto insoddisfatto); «Se non mi dai l’aiuto che ti ho chiesto, significa che mi consideri una schiava a tuo servizio» (bisogno di stima insoddisfatto).
Scopri dunque qual è il bisogno da cui nasce la tua richiesta e dagli tu stesso una risposta o condividilo con umiltà con chi può soddisfarlo.
In ogni caso, renditi conto che spesso, senza che tu lo voglia, parte il tuo cinema interiore, che ti fa interpretare ciò che l’altro dice e fa secondo il tuo copione, non secondo le sue intenzioni. E l’altro potrà sempre dirti: “Sono responsabile di quel che dico, non di quel che capisci tu”.
Michele Bortignon
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