8/10/2015

Tentazioni e carità: quando la forza non viene da te

Nei loro scritti, i grandi autori spirituali descrivono e tematizzano le loro esperienze non per attirare le persone a ripeterle, ma perché, quando una si trovi a propria volta a viverle, non se ne spaventi, non vi si senta smarrita, ma si trovi consolata nel rendersi conto che si tratta di situazioni comuni ad un certo punto del cammino spirituale.
E’ il caso ad esempio, della recrudescenza delle tentazioni. “Quando preghi come si deve, aspettati quel che non si deve”, scrive Elia Ecdico. Sembra impossibile, ma la violenza delle tentazioni e l’effettiva percorribilità delle situazioni che esse prospettano aumenta con l’avanzare della vita spirituale. Chi ne parla (ricordiamo, ad esempio, S. Antonio abate o il curato d’Ars) lo fa per metafora: è così difficile ammettere di essere colpiti, trascinati, atterrati da impulsi di cui proviamo vergogna! Da cui tutti i racconti di dèmoni che si scatenano di notte contro il protagonista del racconto. Di notte… sì, perché le tentazioni costruiscono il loro mondo irreale nel vuoto della realtà, dove tutto è possibile. Alla luce del giorno tutto cambia: la realtà torna a imporsi e il cuore si ritrova di nuovo pieno di Colui con cui hai deciso di condividere la tua vita.
Le prime volte che ti succede, però, sei colto da un senso di indegnità, quasi che le fantasie che ti invadono fossero già peccato, già tradimento della relazione su cui hai deciso di fondarti.
Com’è tutto diverso da quando, agli inizi del cammino con Dio,  ti sentivi a posto, tranquillo ed entusiasta della nuova avventura con il tuo Signore! Logico: eri assolutamente inoffensivo per il demonio. Il bene che pure facevi era a circuito chiuso: pagato dalla soddisfazione ricevuta in cambio nel compierlo, mattone per l’autocostruzione del tuo io.
Che cosa è cambiato da allora? C’è stato il passaggio della fedeltà. Non una fedeltà ascetica, anch’essa costruzione del tuo io, ma una fedeltà nonostante te, tenuta in vita da una struggente nostalgia che ti impedisce di allontanarti da Lui.
E, nella tentazione, ti sembra di essere come quella bandiera che il vento volge dove vuole, fino a sfibrarla e a stracciarla, ma senza riuscire a portarla con sé, perché saldamente legata al pennone.
Quando poi la realtà ti mette proprio in quelle situazioni in cui la tua fantasia si era scatenata sotto la spinta della tentazione, non succede nulla, se non l’esprimersi di quell’Amore che ti riempie. E allora capisci che proprio questo la tentazione era stata mandata a impedire, perché non sei più tu ad amare, ma hai imparato a lasciare che Dio ami attraverso di te. Sei diventato pericoloso per lo spirito del male, che ora scatena contro di te tutte le sue forze, in una battaglia senza tregua.

La cosa più strana di questa situazione è che ti sembra di non star facendo niente di particolare per gli altri; semplicemente godi della bellezza in cui sei immerso, con il cuore gonfio. E ti sorprendi quando ti chiedono come fai ad amare dove gli altri scappano. Il cuore è colmo, e, semplicemente, trabocca di un amore fecondo, senza sentire di star facendo assolutamente nulla.

Santa Teresa d’Avila parla di questa stessa situazione con la metafora delle due fontane: “Supponiamo, per meglio intenderci, di vedere due fontane i cui bacini si riempiono di acqua, ma in modo diverso. In uno l'acqua viene da lontano per via di acquedotti e di artificio, mentre l'altro, essendo costruito nella sorgente, si riempie senza rumore.
Se la sorgente è abbondante, com'è questa di cui parliamo, non solo riempie il bacino, ma questo, a sua volta, rigurgita in un grosso ruscello continuamente alimentato, senza bisogno di condutture o d'artificio. E in ciò consiste la differenza. Qui l'acqua deriva dalla stessa sorgente che è Dio; e quando Sua Maestà si compiace di accordare qualche grazia soprannaturale, l'acqua fluisce nel più profondo dell'anima con pace, dolcezza e tranquillità inesprimibile, senza che si sappia da dove e in che modo scaturisca.
Scrivendo queste righe, ricordo il versetto “Dilatasti cor meum”, nel quale si dice che il cuore si è dilatato. Tuttavia, mi pare che questi effetti, invece di nascere dal cuore, provengano da un punto più interno, come da una cosa molto profonda. Penso che debba essere dal centro dell'anima. Questo versetto mi può servire per far comprendere la dilatazione di cui parlo. Appena l'acqua celeste comincia a sgorgare dalla sua sorgente, vale a dire dal profondo di noi stessi, sembra che il nostro interno si vada dilatando ed ampliando, empiendosi di beni eccellenti ed ineffabili, tanto che la stessa anima non sa comprendere ciò che allora riceve” (Teresa de Jesus, Il castello interiore, Quarte mansioni, 2, 2-6).

A volte, è vero, qualche cedimento può accadere, ma ti trovi a trasformarlo in lezione di vita, che ti aiuta ad essere più forte le volte successive, quando ancora la situazione si ripresenti.

Mi si dirà che ben diverso è il presentarsi della tentazione all’inizio del cammino spirituale, quando l’intimità con Dio non è ancora così consolidata. In un’occasione in cui mi ci sono trovato immerso, inutilmente lottando contro di essa con i miei ragionamenti mentre essa mi colpiva a livello emotivo, compresi che al suo spingermi a fare quel che essa vuole posso oppormi facendo quel che essa non vuole: «Non lottare per distruggere» mi dissi, «ma per costruire sul versante opposto». Quasi un proverbio, che ora, a distanza di anni, tradurrei così: non è la lotta per staccarti dagli attaccamenti disordinati che ti salva, ma l’attaccarti a Chi rapisce la tua anima nella bellezza.

Vorrei concludere con una preghiera, che mi aiuti e ti aiuti a vivere la tentazione non come una deviazione nel cammino spirituale, ma proprio come la prova che lo approfondisce e lo rafforza:

Quando la vertigine m'assale
difendi tu stesso, Signore,
in me il tuo volto.
Vissuta con te,
la tentazione mi pianterà più a fondo
nello spessore della Vita.


                                                                     Michele Bortignon

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