Nei loro scritti, i grandi autori
spirituali descrivono e tematizzano le loro esperienze non per attirare le
persone a ripeterle, ma perché, quando una si trovi a propria volta a viverle,
non se ne spaventi, non vi si senta smarrita, ma si trovi consolata nel
rendersi conto che si tratta di situazioni comuni ad un certo punto del cammino
spirituale.
E’ il caso ad esempio, della
recrudescenza delle tentazioni. “Quando preghi come si deve, aspettati quel
che non si deve”, scrive Elia Ecdico. Sembra impossibile, ma la violenza
delle tentazioni e l’effettiva percorribilità delle situazioni che esse
prospettano aumenta con l’avanzare della vita spirituale. Chi ne parla
(ricordiamo, ad esempio, S. Antonio abate o il curato d’Ars) lo fa per
metafora: è così difficile ammettere di essere colpiti, trascinati, atterrati
da impulsi di cui proviamo vergogna! Da cui tutti i racconti di dèmoni che si
scatenano di notte contro il protagonista del racconto. Di notte… sì, perché le
tentazioni costruiscono il loro mondo irreale nel vuoto della realtà, dove
tutto è possibile. Alla luce del giorno tutto cambia: la realtà torna a imporsi
e il cuore si ritrova di nuovo pieno di Colui con cui hai deciso di condividere
la tua vita.
Le prime volte che ti succede,
però, sei colto da un senso di indegnità, quasi che le fantasie che ti invadono
fossero già peccato, già tradimento della relazione su cui hai deciso di
fondarti.
Com’è tutto diverso da quando,
agli inizi del cammino con Dio, ti
sentivi a posto, tranquillo ed entusiasta della nuova avventura con il tuo
Signore! Logico: eri assolutamente inoffensivo per il demonio. Il bene che pure
facevi era a circuito chiuso: pagato dalla soddisfazione ricevuta in cambio nel
compierlo, mattone per l’autocostruzione del tuo io.
Che cosa è cambiato da allora?
C’è stato il passaggio della fedeltà. Non una fedeltà ascetica, anch’essa
costruzione del tuo io, ma una fedeltà nonostante te, tenuta in vita da una
struggente nostalgia che ti impedisce di allontanarti da Lui.
E, nella tentazione, ti sembra di
essere come quella bandiera che il vento volge dove vuole, fino a sfibrarla e a
stracciarla, ma senza riuscire a portarla con sé, perché saldamente legata al
pennone.
Quando poi la realtà ti mette
proprio in quelle situazioni in cui la tua fantasia si era scatenata sotto la
spinta della tentazione, non succede nulla, se non l’esprimersi di quell’Amore
che ti riempie. E allora capisci che proprio questo la tentazione era stata
mandata a impedire, perché non sei più tu ad amare, ma hai imparato a lasciare
che Dio ami attraverso di te. Sei diventato pericoloso per lo spirito del male,
che ora scatena contro di te tutte le sue forze, in una battaglia senza tregua.
La cosa più strana di questa
situazione è che ti sembra di non star facendo niente di particolare per gli
altri; semplicemente godi della bellezza in cui sei immerso, con il cuore
gonfio. E ti sorprendi quando ti chiedono come fai ad amare dove gli altri
scappano. Il cuore è colmo, e, semplicemente, trabocca di un amore fecondo,
senza sentire di star facendo assolutamente nulla.
Santa Teresa d’Avila parla di
questa stessa situazione con la metafora delle due fontane: “Supponiamo, per
meglio intenderci, di vedere due fontane i cui bacini si riempiono di acqua, ma
in modo diverso. In uno l'acqua viene da lontano per via di acquedotti e di
artificio, mentre l'altro, essendo costruito nella sorgente, si riempie senza
rumore.
Se la sorgente è abbondante, com'è questa di cui parliamo,
non solo riempie il bacino, ma questo, a sua volta, rigurgita in un grosso
ruscello continuamente alimentato, senza bisogno di condutture o d'artificio. E
in ciò consiste la differenza. Qui l'acqua deriva dalla stessa sorgente che è
Dio; e quando Sua Maestà si compiace di accordare qualche grazia
soprannaturale, l'acqua fluisce nel più profondo dell'anima con pace, dolcezza
e tranquillità inesprimibile, senza che si sappia da dove e in che modo
scaturisca.
Scrivendo queste righe,
ricordo il versetto “Dilatasti cor meum”, nel quale si dice che il cuore si è
dilatato. Tuttavia, mi pare che questi effetti, invece di nascere dal cuore,
provengano da un punto più interno, come da una cosa molto profonda. Penso che
debba essere dal centro dell'anima. Questo versetto mi può servire per far
comprendere la dilatazione di cui parlo. Appena l'acqua celeste comincia a
sgorgare dalla sua sorgente, vale a dire dal profondo di noi stessi, sembra che
il nostro interno si vada dilatando ed ampliando, empiendosi di beni eccellenti
ed ineffabili, tanto che la stessa anima non sa comprendere ciò che allora
riceve” (Teresa de Jesus, Il castello interiore, Quarte mansioni, 2, 2-6).
A volte, è vero, qualche
cedimento può accadere, ma ti trovi a trasformarlo in lezione di vita, che ti
aiuta ad essere più forte le volte successive, quando ancora la situazione si
ripresenti.
Mi si dirà che ben diverso è il
presentarsi della tentazione all’inizio del cammino spirituale, quando
l’intimità con Dio non è ancora così consolidata. In un’occasione in cui mi ci
sono trovato immerso, inutilmente lottando contro di essa con i miei
ragionamenti mentre essa mi colpiva a livello emotivo, compresi che al suo
spingermi a fare quel che essa vuole posso oppormi facendo quel che essa non
vuole: «Non lottare per distruggere» mi dissi, «ma per costruire sul versante
opposto». Quasi un proverbio, che ora, a distanza di anni, tradurrei così: non
è la lotta per staccarti dagli attaccamenti disordinati che ti salva, ma
l’attaccarti a Chi rapisce la tua anima nella bellezza.
Vorrei concludere con una
preghiera, che mi aiuti e ti aiuti a vivere la tentazione non come una
deviazione nel cammino spirituale, ma proprio come la prova che lo
approfondisce e lo rafforza:
Quando la vertigine m'assale
difendi tu stesso, Signore,
in me il tuo volto.
Vissuta con te,
la tentazione mi pianterà più a fondo
nello spessore della Vita.
Michele
Bortignon
Nessun commento:
Posta un commento