11/12/2015

Il senso di indegnità

Quando una persona sinceramente intenzionata a compiere il bene cade in qualche debolezza, il Signore le dona la compunzione del cuore, ossia un dispiacere, comunque mai accompagnato da paura, ansia, disperazione, scoraggiamento, attraverso il quale Egli la richiama dalla strada sbagliata nella quale si era incamminata. Potremmo definirlo un’acuta nostalgia per un amore da cui si è allontanata, ma una nostalgia che è sostanziata di speranza in Dio, di fede nella sua capacità di darle la forza di ritornare ed all’interno della quale risuona una voce che la chiama ad incamminarsi verso una prospettiva diversa.
Lo spirito del male cerca invece di gettarla nella desolazione vera e propria, fatta di turbamento, di rimorso, di scoraggiamento, di incapacità di credere nella forza trasformante dell’amore di Dio.
Quando però lo spirito del male non riesce ad evidenziare scelte sbagliate di natura grave, egli usa allora la tattica di sottolineare la distanza tra quello che la persona è e quello che vorrebbe essere, tra la sua realtà e i suoi ideali di santità.
E’ quanto succede a chi, trasformato dall’amore di Dio e dall’amore per Dio, sta ora iniziando a vivere atteggiamenti nuovi, che però si affiancano ad un modo di fare spesso ancora vincolato all’antico modo di essere, non sempre peccaminoso, ma comunque non ancora del tutto liberato da attaccamenti disordinati.
Ecco allora che la distanza tra sé reale e sé ideale appare incolmabile, la persona si sente doppia, piena di secondi fini che solo ora scopre, indegna di continuare a seguire Cristo. In una parola, rischia di essere colta da uno scoraggiamento che rischia di bloccarne o addirittura farne regredire il cammino. Con il che lo spirito del male avrebbe ottenuto ciò a cui mirava.
Ma non sono solo i piccoli cedimenti che il nemico evidenzia; in questa fase di grandi ideali è anche la banalità dell’impegno quotidiano confrontata con i sogni di cambiare il mondo, talvolta anche l’aridità di una preghiera da cui il Signore sembra essersi allontanato, privando la persona delle consolazioni un tempo così intensamente gustate e lasciandola senza fervore.
In questa situazione, aiuta la persona che accompagni a ricomporre con realismo il suo quadro esistenziale, dando il giusto peso alle sue debolezze, anche situandole nell’ambito del cammino che sta percorrendo (non fare più di quanto lo Spirito le chiede). Ma, soprattutto, aiutala a rifondare il suo operare sulla Grazia: o il fare è il traboccare di un amore che in sé non si riesce più a contenere o… non è. Amare non può essere opera sua, ma opera di Dio in lei, attraverso di lei.
Può essere utile aiutarla a ritarare la preghiera, forse un po’ troppo di testa, per riportarla al cuore, dal pensare all’ ”essere con”. In fondo questo è l’ultimo attaccamento da perdere: quello alla sua santità, all’illusione di essere lei a salvare le persone, per guadagnare la ricchezza più grande: sentirsi amata dal Signore nella sua povertà e fare esperienza che incredibilmente, proprio a partire da questa povertà, il Signore opera la salvezza.

                                                                                                                        Michele Bortignon

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