3/03/2016

Un altro modo è possibile

«Sentite Starback: tutti gli oggetti visibili non sono altro che maschere di cartapesta. Alcuni inscrutabili eppur coerenti fattori determinano la formazione dei loro lineamenti. La balena bianca me lo insegna: essa è un mostro. Eppure non è che una maschera. E’ ciò che si cela dietro quella maschera che io odio sopra tutto: i malefici arcani che hanno sempre afflitto e terrorizzato l’uomo dall’origine dei tempi, i mali che prostrano e mutilano la nostra razza non uccidendoci decisamente, ma lasciandoci con la metà di un polmone o la metà del cuore».
Il discorso del capitano Achab, in “Moby Dick” di Herman Melville, spoglia del suo travestimento quella forza oscura che vuole ricondurre tutto al male, in contrapposizione con lo Spirito Santo, che tutto vuole invece ricapitolare in Cristo.
Come ci riesce?
Moby Dick, la balena grande come un’isola, attira i balenieri col miraggio di un guadagno ingente e della gloria ottenuta nell’affrontare una così ardua impresa. La sete di avere e di apparire si congiungono poi nella ricerca del piacevole brivido del potere.
Succede anche a noi, nella nostra forse meno avventurosa vita: a tutto si è disposti pur di provare queste emozioni che ti fanno sentire diverso, speciale, vittorioso sull’annullamento con cui la banalità del vivere sembra schiacciare tutti. Il più delle volte, infatti, parti a cercare la balena bianca spinto al largo dalla delusione della vita, che non sta andando come volevi: ti senti tradito, umiliato, senza prospettive. E il mare ti sembra una promessa. Ma il prezzo da pagare è il morso di Moby Dick: non ti uccide subito - non sempre -, ma, mentre sei drogato di eccitazione nel sentirti qualcosa o qualcuno, ti fa in effetti vivere “con la metà di un polmone o la metà del cuore”. Non sei più interamente te stesso, non quello che la tua Vita con gli altri ti chiama a essere, ma ti stai trasformando in qualcos’altro, a tua volta agente di un male che, come un buco nero, tutto assorbe in sé.
La ricerca ossessiva di ciò che procura queste emozioni è il tratto caratteristico di chi più non si appartiene completamente: la compulsione ad avere sempre di più, ad apparire sempre di più, a potere sempre di più perché niente sembra abbastanza, niente soddisfa quel vuoto che, anzi, sembra diventare sempre più grande, mentre ti pungola un senso di ingiustizia nel vedere quanto gli altri hanno e tu non hai, anche se non ne hai assolutamente bisogno. E non ti accorgi che l’essenziale è gratis.

Come salvarsi dall’inseguire la propria balena? Come evitare il rischio di lasciarsi catturare da un miraggio? Come sfuggire a quel morso che fa vivere a metà? Gesù dice di essere venuto per darci la vita e per darcela in abbondanza (Gv 10, 10), per farci gustare quella misura traboccante che Lui ci versa in grembo (Lc 6, 38). Il fatto è che, quando stiamo male, questa fede vacilla e la caccia a Moby Dick riprende, apparendoci l’unica concreta, con risultati a portata di mano, sostenuta dal consenso di chi ci vive attorno. Anche Gesù se ne rende conto: conosce bene la nostra tentazione e pure il suo esito di morte. Per questo, all’inizio della sua missione, proclama l’alternativa il cui esito è la Vita: le beatitudini. Finora le abbiamo lette come rivolte a persone diverse; proviamo invece a sentirle rivolte a noi quando siamo messi in crisi da una situazione che ci fa soffrire: un’apertura di prospettive diverse, appartenenti a un piano di realtà in cui possiamo entrare per fede se ci diamo la possibilità di ascoltare senza difenderci quel “Ma io vi dico…” di Gesù. Un po’ come se Egli ci sfidasse a seguirlo su un piano più alto, schiodandoci dai nostri soliti modi di reagire: «Se vuoi recuperare la tua serenità, la tua gioia di vivere, ti dico…

Beati i poveri in spirito
Prova qualcosa di nuovo, prova l’assurdo della gratuità e del fare del bene a chi ti maltratta. Solo se fai qualcosa di diverso otterrai qualcosa di diverso.

Beati gli afflitti
Credi all’impossibile speranza che a tratti ti sfiora: puoi uscirne, perché Qualcuno non ti lascia solo.

Beati i miti
Prova a non lasciarti trasportare dalla rabbia, dalla voglia di ricambiare il male ricevuto. Ci sono altre vie per ottenere; e, a volte, proprio non ottenere ciò che vuoi ti fa entrare nell’inatteso di cui avevi bisogno.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia
Tu vuoi giustizia; ma attento che la prima giustizia è la tua correttezza.

Beati i misericordiosi
Non dimenticare che la vita è estremamente complessa e tu la osservi da una ristrettissima angolatura. Cerca allora di dare fiducia, di scoprire la motivazione nascosta nel comportamento nell’altro, magari buona, magari dolorosamente condizionata da tanta paura e sofferenza. Com’è difficile giudicare!

Beati i puri di cuore
Se ti stacchi un attimo dalla tua, di paura, dalla tua, di sofferenza, vedrai Dio all’opera nel bene che tenta di raggiungere e te e l’altro.

      Beati gli operatori di pace
Lasciati toccare, lasciati scaldare, lasciati portare. Un altro modo è possibile: si chiama pace.

Beati i perseguitati
Un altro modo è un altro mondo. Se ci entri, saprai che qui ti aspettavo e la vita te ne sta aprendo la porta proprio attraverso lo sconvolgimento che ora stai vivendo. Guarda oltre e mi vedrai.

Le beatitudini sono certo un aiuto per tornare a camminare sulla terraferma, ma pur sempre una ricetta, atta a sostenere i primi passi in quella direzione. Non basta più quando Moby Dick torna a impadronirsi del tuo animo, bianco fantasma in una notte di tenebra. In quel momento, qualcosa lo può solo la fede: quel tuo aggrapparti a brandelli di coscienza e di nostalgia di Dio che ti consente magari solo di tenere la testa fuori dalle onde che tentano di sommergerti. Ma, intanto, con questo respiri; e senti che, in quello strano modo, la Vita, Dio, vogliono che tu Viva e hanno fiducia che ce la farai.


Michele Bortignon

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