L’altra sera tornavo a
casa a piedi. Approfittando del silenzio, rotto solo dal rumore dei miei passi,
ho colto l’occasione per immaginarmi la misericordia di Dio.
In quest’anno così
ricco della parola misericordia, ho desiderato sentirla in modo quasi tangibile
questa benedetta parola. Questo per non farla restare solo un suono nella mente,
ma per trasformarla in un’esperienza del cuore. E come non concretizzarla se non
in un abbraccio? E precisamente nell’abbraccio di Dio quando lo incontrerò:
pienezza di tutti gli abbracci dati e ricevuti in questa vita. Un abbraccio,
anzi, l’Abbraccio che farà tacere tante mie inutili parole che tenteranno di
farsi strada in me: “scusa, mi spiace, ho sbagliato, ho peccato, abbi pietà di
me,….”; no, non vorrà sentire nessuna scusa: non servono giustificazioni a Dio.
Come saranno le braccia
di Dio per me? Dio ama tutti e tutti perdona; il suo abbraccio allora sarà
uguale per tutti? Ci accoglierà tutti allo stesso modo? Io non lo voglio un
abbraccio in serie, io voglio il mio abbraccio: solo mio. Voglio sentire
l’abbraccio di cui avrò bisogno e che mi scalderà il cuore.
Ascoltando i miei passi
nel silenzio della sera, mi sono tornate alla mente alcune strofe di “Preghiera
in gennaio” bellissima canzone di Fabrizio De André scritta subito dopo il
suicidio dell’amico Luigi Tenco.
“Signori benpensanti spero non
vi dispiaccia se in cielo, in mezzo ai Santi Dio, fra le sue braccia soffocherà
il singhiozzo di quelle labbra smorte...”
Sì, Dio non ci abbraccerà
tutti allo stesso modo, ma ognuno riceverà il suo abbraccio, quello che andrà a
scaldare e curare la sua parte di cuore più fredda o ferita, più bisognosa di calore o di cure. Sentiremo
sciogliersi tensioni, nodi, dubbi o timori e un pianto liberatorio scenderà dai
nostri occhi a bagnare la guancia di Dio. Sentiremo le nostre ferite risanarsi,
sentiremo il nostro cuore stingersi in una morsa d’amore da far quasi male. E i
più distanti ora, i più bistrattati e abbandonati, quelli che si sentono così
sbagliati e persi da non aver nemmeno il coraggio di chiedere, saranno quelli
abbracciati e coccolati per primi, più a lungo e intensamente.
E io allora? Dove sarò
io? Dove sono qui? Dove sono ora? Faccio parte dei “signori benpensanti” di De
André?
Gustare e capire la misericordia
è sentire tutta la mia distanza, la mia piccolezza, la mia miseria; significa caricarmi
tutto il mio debito sulle spalle, sentirlo pesante come un macigno e poi
rendermi conto che mi è condonato, cancellato per sempre: mai più ricordato.
Solo capendo la misura
della mia distanza posso godere del dono della sua vicinanza. È per questo che
chiedo di non essere anestetizzata dalla società del “così fan tutti”, del “che
c’è di male”; il peso dei miei peccati lo voglio sentire tutto, per gustare
tutto il perdono. E desidero sentirlo giorno dopo giorno questo peso proprio
per gustare, giorno dopo giorno, la misericordia.
Alla fine tra le
“braccia di Dio” ci sarà un posto unico e speciale per tutti coloro che saranno
riusciti, durante tutta la loro vita, o per un tratto di essa, o anche solo
nell’ultimo istante, ad accettare e riconoscere l’Amore.
O forse… forse la
misericordia va oltre, forse è ancora più in là: forse… abbraccerà anche chi
non riconoscerà l’Amore?
Maria Rosa Brian
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