Ti sei mai sentito dolorosamente spaccato a metà?
Una parte di te è saldamente ancorata a Cristo, che è per te una vera ragione
di vita, ma c’è un’altra parte di te che si lascia attirare dalle comodità, dal
piacere, dalla tranquillità che vedi cercate da tanti nel mondo in cui vivi.
Istinto e ragionevolezza, desiderio e ponderatezza, passione e dominio di te
stesso si agitano nel tuo cuore in antitesi tra di loro.
Nei momenti di ripensamento sei profondamente
amareggiato dall’andirivieni che ti vedi percorrere dall’una all’altra di
queste due parti: né santo né grande peccatore, in una mediocrità che ti
disgusta; ti proponi allora di sradicare decisamente il “male” che è in te,
proponendoti una vita integerrima.
Nella parabola della zizzania (Mt 13, 24-30), Gesù
sembra però d’altro avviso: raccomanda di non togliere la zizzania per non
rischiare di sradicare anche il grano buono. Il pericolo è di perdere i chicchi
di grano nel tentativo di togliere le sterili spighe della zizzania. Fuori
metafora, il rischio è di trascurare il bene perché si impegnano tutte le
proprie forze nel cercare di sradicare il male. E’ questo
un importante punto di svolta nel cammino di una persona impegnata nel bene: il
moralismo ingessa nella paura di agire, inaridisce l’amore per la Vita, che ci
fa vibrare di sentimenti anche contrastanti e ci chiede di aprirci la nostra
strada sperimentando, rischiando, cadendo, sbagliando, rialzandoci e
riprovando. «Pensate a coltivare il grano e non occupatevi della zizzania»,
dice Gesù. Lasciatevi guidare dal buono che c’è nel vostro cuore senza
spaventarvi del male: bene e male vi coabitano. Dio sa che nell’uomo coesistono
entrambi e ama l’uomo così com’è, con le sue zone di luce e ombra. Lasciateli
entrambi, grano e zizzania; a tempo debito si vedrà… chissà se, per allora, la
zizzania non avrà dato anch’essa un frutto buono, facendoci fare esperienza di
ciò che è inutile, sterile, dannoso, di ciò che fa male agli altri e a noi
stessi. Noi non sopportiamo la prova del tempo, in cui il peccato stilla tutta
la propria amarezza facendoci capire il suo imbroglio e il bene si fa strada
silenziosamente accettando la fatica e le difficoltà. Abbiamo la mentalità dei
servi: sono i servi, non il padrone, a voler togliere la zizzania. I servi non
hanno fiducia nella capacità della vita
di insegnarci attraverso i nostri errori e vogliono “metterla a posto” secondo
la loro visione. Quante volte anche noi preferiamo negare ciò che è accaduto o
credere che non sia successo niente? Vorremmo chiudere con la pesantezza della
natura umana e sentirci già in Dio. Ma non è, questo, proprio il contrario di
ciò che Dio ha fatto? Cristo assume la pesantezza della natura umana; non la
nega, ma la divinizza: la trasfigura e la fa risorgere. Ecco… come trasfigurare
la zizzania? Non toglierla…, e nemmeno travestirla da grano con le nostre
autogiustificazioni… Che cosa allora? Ma questa è una domanda ancora una volta
da servi, che vogliono sapere cosa fare anziché star seduti ai piedi del loro
Signore lasciandosi ispirare da Lui, imparando da Lui giorno per giorno,
mettendo insieme, nel discernimento, quei due grandi maestri che sono vita e
Parola, così da individuare il passo successivo e solo quello.
Non sarà un progetto di santità ben costruito a
cambiarci la vita, ma il guardare Gesù, e il sentirci guardati da Lui, con
simpatia e con fiducia. Forse comincerà allora a germogliare in noi la
spontaneità di vivere con gli altri quel che abbiamo vissuto con Lui: il
rispetto, la valorizzazione, la misericordia, la bontà, che prenderanno di
volta in volta forme diverse nella situazione che stiamo vivendo.
Spariranno le nostre tentazioni? Riusciremo a
vincere il male che è in noi? Nella parabola, non è, questo, un compito dei
servi, ma dei mietitori: situazioni –probabilmente difficoltà, problemi,
sofferenze…- che fanno emergere ciò che in noi è fecondo di buoni frutti e ciò
che invece è sterile, inutile, dannoso, …da bruciare.
Fino a quel momento, il tempo della tentazione e
del peccato ci è dato allora come luogo in cui conoscere noi stessi in verità,
in cui sperimentare la misericordia di Dio, in cui vivere con gli altri,
altrettanto peccatori di noi, la misericordia gratuitamente ricevuta da Dio.
Maria Rosa Brian
Michele Bortignon
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