9/01/2020

Quando l’ira ti travolge

 

Non dirmi che non è successo anche a te di perdere la pazienza con una persona che a tutti i costi voleva importi la sua volontà o il suo modo di fare, sicura di avere ragione!

Cos’è che ti fa saltare i nervi? Non solo l’altro ti critica, ti sommerge di osservazioni sulle cose che in te non vanno, mette in discussione quel che pensi, che dici e che fai, ma lo fa con quella sottile irrisione che ti fa sentire deficiente.

Ti monta allora la rabbia e vuoi annullare chi ti sta annullando: adesso vediamo chi è il più forte! Non è così che nascono tutte le guerre? ...da quelle tra le nazioni a quelle all’interno delle famiglie o degli ambienti di lavoro.

Se dessimo retta a Sant’Ignazio, lui ci direbbe di bloccarci, perché, qualsiasi cosa adesso diciamo o facciamo, siamo sotto l’influenza dello spirito del male, che qui assume il volto della rabbia per l’ingiustizia subita. Mio padre, più semplicemente, tornerebbe a dirmi “Conta fino a 10 prima di parlare”.

Entrambi i suggerimenti potrebbero essere riassunti in una sola parola: ricollocati. Chi vuoi essere? Il burattino mosso dai fili delle tue emozioni? Oppure la persona che hai scelto di essere, anche se ora, in questa situazione, è un’impresa improba? Intanto fermati, ferma tutto; scappa in un tuo spazio di deserto dove ci sei solo tu, dove ti permetti di esserci solo tu. Prenditi il lusso di evadere e datti tempo per calmarti e pensare.

Là dove ora ti osservi, l’altro sta continuando a bombardarti. Non importa, lascialo fare. Tenta anzi il possibile per essere gentile e corretto; e guarda con sfida la tua rabbia che ti monta dentro: prova ad essere l’artista del rispondere al male col bene...

A un certo punto, nell’acquietarsi della rabbia nascerà un sorriso, poi quasi una risata: troppo forte! Non sei più dentro, sei sopra a quel che ti succede, distaccato, libero. Che sensazione! Vale più di qualsiasi rivincita.

E in questa libertà riconquistata cominci a vedere le cose come stanno: tu e l’altro entrambi afferrati, bloccati e stritolati da uno stesso meccanismo: sopravvivere nel riconoscimento dell’altro. Questo è quello che, più o meno coscientemente pensi: “Io esisto solo nella stima degli altri (o, che è poi la stessa cosa, nella mia autostima, che sono gli altri interiorizzati nel mio super-io); ho bisogno di galleggiare sopra le acque dell’indifferenza e della riprovazione, che travolgendomi, mi annegherebbero; sono qualcuno solo quando sono qualcuno per gli altri.

Ma… è poi vero?

Mi guardo attorno e vedo che io ci sono perché è la vita a farmi essere; io scorro nella corrente della vita, che mi avvolge e mi sostiene.

E’ bello che gli altri ci siano e la loro vita mi arricchisce, ma io posso stare in piedi anche senza di loro e certamente non è degno del mio essere uomo farmene condizionare per ottenere da loro il permesso di esistere, dare loro il permesso di scrivere la mia vita. Gli altri sono una delle componenti della realtà, ma non la sola; a loro devo  l’esistenza, ma non necessariamente la Vita.

E’, questa, una presa di coscienza che nasce dal rendermi libero e, allo stesso tempo, costruisce le fondamenta della mia libertà. Una libertà che passa attraverso la riconquistata capacità di essere solo, ma è anche premessa alla possibilità di circondarmi di persone arricchenti perché non condizionanti: quel che mi danno è un traboccare della vita che è in loro e non un ricatto per ottenerne da me.

Quando ho bisogno degli altri, non posso scegliere: mi vanno bene anche le briciole pagate a peso d’oro. Se non sono preso alla gola dal bisogno di ottenere da loro sicurezza, stima e affetto, posso aspettare, valutare e scegliere solo le relazioni che mi fanno sentire bene e colmare questi miei bisogni con il meglio che posso trovare.

A volte, però, non posso scegliere, perché la relazione con l’altro non la posso evitare (es. un familiare o un collega di lavoro); anche qui entra in gioco la mia libertà: posso lasciar perdere le mie ragioni, valutando che per me rinunciarvi, seppur doloroso, non mi destabilizza come invece succederebbe all’altro? Potrebbe essere per sempre (amare è anche proteggere l’altro da ciò che lo potrebbe distruggere), potrebbe essere in attesa di un momento propizio per farmi capire con calma.

 

Michele Bortignon

 

1 commento:

  1. Bellissima questa riflessione. Un grande GRAZIE. ciao. Domenico b.

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