Non dirmi che non è successo anche a te di perdere la pazienza con una persona che a tutti i costi voleva importi la sua volontà o il suo modo di fare, sicura di avere ragione!
Cos’è che ti fa saltare i nervi?
Non solo l’altro ti critica, ti sommerge di osservazioni sulle cose che in te
non vanno, mette in discussione quel che pensi, che dici e che fai, ma lo fa
con quella sottile irrisione che ti fa sentire deficiente.
Ti monta allora la rabbia e vuoi
annullare chi ti sta annullando: adesso vediamo chi è il più forte! Non è così
che nascono tutte le guerre? ...da quelle tra le nazioni a quelle all’interno
delle famiglie o degli ambienti di lavoro.
Se dessimo retta a Sant’Ignazio,
lui ci direbbe di bloccarci, perché, qualsiasi cosa adesso diciamo o facciamo,
siamo sotto l’influenza dello spirito del male, che qui assume il volto della
rabbia per l’ingiustizia subita. Mio padre, più semplicemente, tornerebbe a
dirmi “Conta fino a 10 prima di parlare”.
Entrambi i suggerimenti potrebbero
essere riassunti in una sola parola: ricollocati. Chi vuoi essere? Il burattino
mosso dai fili delle tue emozioni? Oppure la persona che hai scelto di essere,
anche se ora, in questa situazione, è un’impresa improba? Intanto fermati,
ferma tutto; scappa in un tuo spazio di deserto dove ci sei solo tu, dove ti
permetti di esserci solo tu. Prenditi il lusso di evadere e datti tempo per
calmarti e pensare.
Là dove ora ti osservi, l’altro
sta continuando a bombardarti. Non importa, lascialo fare. Tenta anzi il
possibile per essere gentile e corretto; e guarda con sfida la tua rabbia che
ti monta dentro: prova ad essere l’artista del rispondere al male col bene...
A un certo punto,
nell’acquietarsi della rabbia nascerà un sorriso, poi quasi una risata: troppo
forte! Non sei più dentro, sei sopra a quel che ti succede, distaccato, libero.
Che sensazione! Vale più di qualsiasi rivincita.
E in questa libertà riconquistata
cominci a vedere le cose come stanno: tu e l’altro entrambi afferrati, bloccati
e stritolati da uno stesso meccanismo: sopravvivere nel riconoscimento
dell’altro. Questo è quello che, più o meno coscientemente pensi: “Io esisto
solo nella stima degli altri (o, che è poi la stessa cosa, nella mia autostima,
che sono gli altri interiorizzati nel mio super-io); ho bisogno di galleggiare
sopra le acque dell’indifferenza e della riprovazione, che travolgendomi, mi
annegherebbero; sono qualcuno solo quando sono qualcuno per gli altri.
Ma… è poi vero?
Mi guardo attorno e vedo che io
ci sono perché è la vita a farmi essere; io scorro nella corrente della vita,
che mi avvolge e mi sostiene.
E’ bello che gli altri ci siano e
la loro vita mi arricchisce, ma io posso stare in piedi anche senza di loro e
certamente non è degno del mio essere uomo farmene condizionare per ottenere da
loro il permesso di esistere, dare loro il permesso di scrivere la mia vita.
Gli altri sono una delle componenti della realtà, ma non la sola; a loro
devo l’esistenza, ma non necessariamente
la Vita.
E’, questa, una presa di
coscienza che nasce dal rendermi libero e, allo stesso tempo, costruisce le
fondamenta della mia libertà. Una libertà che passa attraverso la riconquistata
capacità di essere solo, ma è anche premessa alla possibilità di circondarmi di
persone arricchenti perché non condizionanti: quel che mi danno è un traboccare
della vita che è in loro e non un ricatto per ottenerne da me.
Quando ho bisogno degli altri,
non posso scegliere: mi vanno bene anche le briciole pagate a peso d’oro. Se
non sono preso alla gola dal bisogno di ottenere da loro sicurezza, stima e
affetto, posso aspettare, valutare e scegliere solo le relazioni che mi fanno
sentire bene e colmare questi miei bisogni con il meglio che posso trovare.
A volte, però, non posso
scegliere, perché la relazione con l’altro non la posso evitare (es. un
familiare o un collega di lavoro); anche qui entra in gioco la mia libertà:
posso lasciar perdere le mie ragioni, valutando che per me rinunciarvi, seppur
doloroso, non mi destabilizza come invece succederebbe all’altro? Potrebbe
essere per sempre (amare è anche proteggere l’altro da ciò che lo potrebbe
distruggere), potrebbe essere in attesa di un momento propizio per farmi capire
con calma.
Michele
Bortignon
Bellissima questa riflessione. Un grande GRAZIE. ciao. Domenico b.
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