L’idea mi è venuta sentendo “di
rimbalzo” parlare di noi accompagnatori (ma vale per qualsiasi cristiano):
«Questi qui sono sempre disponibili e non chiedono nulla, quando chiunque
altro, per qualsiasi servizio, si fa pagare».
La gratuità: davvero la sento
come una delle componenti più imprescindibili di quel che facciamo.Da tempo ho capito che non è tanto, o non solo, quel che diciamo ad aiutare le persone, ma l’amore di Dio che traspare dal nostro amore. Amore che si manifesta appunto nella gratuità. Mi stupiscono certi cambiamenti che avvengono perché la persona si è sentita ascoltata, capita, sostenuta, voluta bene come so e come posso, anche se non ho detto nulla di speciale. Solo per essere stato lì con lei, per lei. La gratuità parla di Dio e lo rende presente.
Ma come nasce, e come sussiste, l’umanamente impossibile possibilità della gratuità?
Di certo non è una scelta (uno non se ne rende conto!), ma un respiro dell’anima.
Una madre è tutta per il suo bambino e per lei non è possibile essere che così.
Non è forse naturale, per ogni amore vero, realizzarsi nel bene procurato all’altro? Sento di far parte di quel che lui diventa! Il bene che nasce in lui è un po’ anche frutto della mia pianta.
La mia vita assume significato quando non serve solo a se stessa, ma costruisce qualcosa di più grande di me. Potrei pretendere un ritorno… ma quel che perdo è più di quanto guadagno: col suo esserci, la gratuità dice che l’amore c’è e ci sarà sempre, emergendo al di là di tutto ciò che cerca di negarlo, manipolarlo o calpestarlo. Anche per me: come oggi io ci sono per te, domani un altro ci sarà per me. E in un mondo dove ci si ama si sta meglio che in un mondo dove ci si paga.
La gratuità nasce in me quando io per primo sono immerso in essa, per cui il mio è un condividere con stupore ciò che mi riempie di infinito. E così la gratuità parla di Dio: se io ci sono per te, davvero tu senti che io sono con te ed entrambi siamo contenuti nell’abbraccio di Colui che è Vita e dà la Vita.
Gratuità significa inoltre valorizzare l’altro quando non lo meriterebbe, dargli fiducia quando non so perdonarlo, uscendo dalla rigidità del dare-avere, credendo che l’amore può fare miracoli. Se non nell’altro, certo in me.
Anche questo è un manifestare Dio, perché tutto ciò che sconcerta, sollevando interrogativi o provocando stupore, apre uno squarcio su una realtà oltre, che supera e mette in crisi la logica puramente umana.
Ma come sussiste, come rimane possibile la gratuità?
Dare senza ricevere è uno svuotarsi… Senza una ricarica gli ideali perdono motivazione, si afflosciano, svuotati all’interno dalla stanchezza e dalla delusione, e prevale l’istinto di sopravvivenza, che ti fa difendere il tuo piccolo io.
Come è nata, così la gratuità è fatta vivere dalla contemplazione dell’infinito. Ogni volta che dico “Bello!” o “Grazie!”, nella meraviglia di ciò che mi circonda, mi ricarico di energia, di positività, della sensazione che alla fine tutto sarà bene, per cui essere buono è bello, è lasciarsi essere in sintonia con la bellezza e la grandezza dell’universo.
C’è poi un aspetto della gratuità che me la fa sentire preziosa: quel sottofondo di libertà che essa inserisce nella relazione. Se nulla ti chiedo, significa che il mio amore è vero, senza secondi fini, per cui puoi fidarti. E io posso essere vero e me stesso fino in fondo perché non sono condizionato da quel che mi dai. Liberi come l’aria, nessuno dei due può accampare diritti sull’altro.
Michele Bortignon
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