9/01/2021

Imparare a scegliere

Sapete perché, nelle icone, sono disegnate tre stelle sul capo e sulle spalle della madonna? Stanno a indicare la verginità di Maria prima, durante e dopo il parto. Potremmo pensare a un modo di comprovare il concepimento di Gesù ad opera dello Spirito Santo… Giusto, ma non credo che il dogma si limiti a questo. I dogmi sono i punti fermi della nostra fede; non la conclusione di un ragionamento, ma porta aperta su un mistero da esplorare.

Ed è proprio nel mistero della verginità di Maria che mi voglio addentrare, per ricavarne un insegnamento per noi oggi. Me ne ha dato lo spunto una frase di Sant'Agostino in uno dei suoi sermoni (293, 1): “Prima la fede raggiunge la mente della Vergine, poi si attua la fecondità in seno alla madre”.

La condizione della fecondità è la fede, l’accoglienza della Parola da parte di un cuore che si rende vergine. La fecondità è per noi e per gli altri: abbiamo bisogno che quel che facciamo sia significativo, che costruisca bene in noi e attorno a noi, che renda il mondo migliore di come l’abbiamo trovato.

Per diventare fecondi bisogna rendersi vergini, abbiamo detto. Ma perché?

 Ai problemi che incontriamo noi applichiamo la nostra soluzione: è quello che sappiamo fare, è quello che ci hanno insegnato a fare. Abbiamo la nostra soluzione in tasca, o la cerchiamo tra quelle che abbiamo sempre applicato, ma… è davvero quella buona? Se così fosse, tutto sarebbe subito risolto!

Ma il più delle volte così non è…

La realtà è complessa e va affrontata con umiltà, senza la presunzione di sapere già.

Certo la novità, la complessità, la difficoltà generano angoscia, che cerchiamo di sciogliere aggrappandoci alla prima soluzione che ci sembra convincente. E qui entrano tante dinamiche che finiscono per deviare le nostre decisioni.

La prima è quella del capro espiatorio: anziché chiederci cosa fare per risolvere il problema, cerchiamo di chi è la colpa per sfogare su di lui la nostra rabbia, per pretendere un  risarcimento.

La seconda è il vittimismo: ci sentiamo vittime di una diabolica macchinazione che opera a favore di inconfessabili interessi, da cui ci difendiamo con il sospetto sistematico.

La terza è lo schieramento: ci documentiamo sul problema, ma dando credito solo alle fonti che avvalorano la nostra visione delle cose, trascurando il fatto che una teoria, per essere scientificamente provata, dev'essere confermata con dati statistici.

Che cosa accomuna questi approcci? La mancanza di un’ipotesi alternativa: distruggono ma non propongono. Non portano una soluzione che abbia l’umiltà di fondarsi su sperimentazioni convalidate, su dati confrontabili; come se il buon Galileo non ci avesse insegnato nulla sul metodo scientifico.

E’ qui che entra in gioco la verginità. Una soluzione al problema dobbiamo trovarla, se non in termini generali, validi per tutti, quantomeno per il nostro inserirci in esso, per capire come comportarci.

Abbiamo il diritto -e nessuno può togliercelo!- di decidere per noi stessi, almeno fino al punto in cui le nostre scelte non coinvolgono altre persone. Ma la nostra scelta, per essere  moralmente valida, dev'essere presa con retta coscienza. Ci si deve cioè rendere vergini, lasciando da parte le nostre propensioni, e prendere in  considerazione le posizioni di chi può con competenza dire qualcosa sull'argomento (e qui l’onestà valuta anche idee diverse dalla propria).

Guardando alle conseguenze su di me e sugli altri che la mia scelta coinvolge, in coscienza, davanti a Dio, prendo infine la mia decisione. In tal modo sarò altresì riuscito a motivarla e quindi sarò anche disposto a pagarne il prezzo.

Una considerazione dev'essere fatta anche sul fatto che non tutte le nostre scelte possono essere “assolute”, ossia svincolate da ciò che ha democraticamente deciso la società in cui viviamo. Personalmente posso non essere d’accordo su certe norme che regolano il vivere comune, ma sono comunque tenuto a rispettarle. Democrazia è anche sapersi adattare alle scelte della maggioranza, quando non vanno contro la nostra coscienza in questioni fondamentali. Il preteso diritto a fare quello che vogliamo è figlio dell’individualismo esasperato di cui è impregnata la nostra cultura, che ci porta a fregarcene del fatto che viviamo in una società in cui dovremmo scegliere assieme il bene comune.

Michele Bortignon

 

 

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