Se uso il carrello al
supermercato, dovrebbe essere ovvio che poi lo ripongo al suo posto. Se non
posso più esserci alla visita che ho prenotato, dovrebbe essere ovvio che
avviso per disdirla. Invece, a quanto sembra, non è proprio così ovvio: per
farci capire che i carrelli vanno riposti, hanno dovuto inventare il deposito
con i soldi e se non disdico, devo pagare ugualmente la prestazione; anzi, a
costo intero. Ho voluto partire da queste ovvietà, che dovrebbero essere parte
di noi, del nostro senso civico, per cercare di capire dove siamo finiti. Il
tanto decantato bene comune non è anche semplicemente riporre il carrello al
suo posto perché chi verrà dopo di me lo trovi pronto? O perdere cinque minuti
per disdire una visita in modo da lasciare il posto a chi ne ha bisogno, non è
attenzione all'altro?
Invece hanno dovuto
obbligarci con cauzioni e sanzioni perché c’è chi non ci bada e fa quel che gli
è più comodo. Tutta una serie di comportamenti che dovrebbero essere logici,
naturali per chi ha un minimo di senso civico e attenzione al prossimo, hanno
dovuto essere imposti con regole, con leggi.
Non ultime tutte quelle
relative al Covid: se devo stare in isolamento perché non lo faccio? Se potrei
essere contagioso perché non sto attento? Se potrei averti contagiato perché
non ti avviso? Se potrei essere stato contagiato perché non faccio il tampone?
Perché viviamo tutti questi atteggiamenti preventivi come imposizioni e non
come attenzione e cura verso l’altro? Non voglio entrare in merito al fatto che
siano tutte regole giuste, sbagliate, esagerate o inutili, ecc… Voglio capire
perché il bene comune, ossia ciò che limita la mia libertà per la tua libertà e
per la tua sicurezza, lo vedo solo come minaccia alla mia libertà. Vorrei
capire perché siamo arrivati a guardarci il nostro ombelico e a coltivare il
nostro orticello invece di guardarci negli occhi e coltivare l’Eden comune.
Vorrei capire perché, soprattutto nel web, ogni affermazione -qualsiasi
affermazione- diventa scontro e non incontro.
San Paolo parla della
Comunità cristiana come di un unico corpo composto da tante membra, dove se un
membro soffre, soffre tutto il corpo e se un membro è nella gioia tutto il
corpo è nella gioia (1Cor 12,12-31).Da quando abbiamo smesso di
considerarci corpo?
A mio avviso quando
abbiamo dimenticato due parole: fiducia e sacrificio.
La fiducia. Il primo a fidarsi dell’uomo è stato Dio: ha dato all'uomo il potere di scegliere un nome per ogni animale che Lui aveva creato (Gen 2,19) e ha posto la creazione nelle sue mani.
Ci si abitua da piccoli ad
aver fiducia: ci si fida dei genitori, dei fratelli, degli insegnanti e degli
educatori. Crescendo e diventati adulti, ci fidiamo del coniuge, dei colleghi,
degli amici; ci fidiamo di chi decidiamo ci rappresenti al governo o nel
consiglio pastorale piuttosto che nel circolo di quartiere o nell'associazione a cui apparteniamo.
La nostra giornata è piena
di fiducia nell'altro: mi fido che tu mi dai la precedenza e ti fermi allo
stop, ad esempio. Se voglio vivere in una società complessa mi devo fidare del
lavoro dell’altro e della capacità dell’altro di conoscere e rispettare le
regole. Mi devo fidare in tutti gli ambiti dal più semplice -che il meccanico
mi ha veramente controllato l’olio- al più complesso -che il chirurgo che mi
opererà sa fare il suo lavoro.
Mi fido dell’altro perché
principalmente mi fido di me stesso e so che l’altro si comporterebbe come mi
comporterei io al suo posto: con professionalità, competenza, onestà e umanità.
Mi fido dell’altro perché
in lui mi specchio e in lui vedo una parte di me. L’altro non mi sta di fronte
contrapponendosi a me, ma, dandomi la possibilità di confrontarmi con uno
simile a me, ma diverso da me, mi dà la possibilità di crescere. La fiducia nell'altro è anche fiducia in Dio, perché è attraverso l’altro, attraverso un
corpo, che Dio si manifesta al mondo. Dio si fa carne e in Spirito abita ogni
corpo: si manifesta a me attraverso l’altro da me.
Il sacrificio. Se riconosco l’altro come parte di un noi di cui anch'io faccio parte, non posso non entrare in empatia con lui, non posso non interessarmi a lui. Capisco perciò che le mie scelte non sono legate solo al mio stare bene o al benessere del mio gruppo familiare o di amici -già questo sarebbe un “noi”-, ma esiste un noi più grande. Questo “noi più grande” possiamo chiamarlo “casa” ed è il mondo e dobbiamo considerarci, come dice Papa Francesco “tutti sulla stessa barca” e avere la consapevolezza che “nessuno si salva da solo”.
Questo interessarmi all'altro implica dover rinunciare a un po’ di me: del mio tempo, delle mie
energie, dei miei beni…; lo faccio, rinuncio a qualcosa, me ne occupo, perché
il vantaggio comune è vantaggio anche per me ed è vantaggio per tutti. E’
questo il sacrificio: rinuncio a un mio benessere e tornaconto personale per un
bene comune più grande del quale, forse, io non vedrò e non godrò nemmeno il
risultato. Sacrificio: parola desueta, fuori moda, che sa di vecchio. Eppure,
motivo in più se ci consideriamo cristiani, seguaci di Cristo: non possiamo dimenticare
che la strada che ci ha additato è quella della croce, del saperci sacrificare
per amore dell’altro, perché l’io autentico è comunitario, non isolato. L’uomo
è un animale sociale che per vivere ha bisogno dell’altro, di un reciproco
prendersi cura; ha bisogno di sapere che è amato e di avere qualcuno da amare e
ogni gesto di amore porta in sé la gioia della rinuncia per l’altro e per un
bene più grande, per un ideale di amore che si concretizza in azioni.
Fiducia nell'altro e sacrificio per l’altro: due parole che, a mio avviso, tracciano la via verso la possibilità di ricominciare a vivere come donne e uomini nuovi aperti a un futuro certo non facile, ma di speranza.
Maria Rosa Brian
Bellissimo scritto. Grazie Maria Rosa!!!Mi hai permesso di riscoprire ciò che i miei genitori, anziani rispetto a me, mi hanno insegnato. Il sacrificio è una parola che oggi non può neanche essere nominata con i nostri figli. La fiducia poi sta alla base della nostra vita. Se non ce l'abbiamo faremo ricorsi ad avvocati in modo esagerato e stupido. Ritroviamo io per prima, il sentiero che ha queste due peculiarità e avremo , sembra impossibile, la gioia nel cuore.
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