Ci si può rallegrare in questa guerra? E’ possibile che il “Kaire!” faccia risuonare diversamente il rombo dei cannoni? Eppure, fatti gli opportuni distinguo, è questo che mi sta succedendo...
La guerra mi sta mettendo in crisi come uno schiaffo che mi scrolla da un sonno in cui avevo affogato ciò che non mi andava di vedere. E il “Rallegrati!” è come dire “Accorgiti, renditi conto ed esci da questa situazione. Rallegrati perché è ora di venirne fuori”.
Quale situazione? Quella delle mie guerre.
Quante guerre ho impiantate attorno a me? Quante persone ucciderei se potessi? (Magari no, ma se sparissero non mi dispiacerebbe).
Ecco allora che questa guerra agisce come una lente d’ingrandimento sulle mie guerre personali. Intanto mi mostra che in guerra ci sono anch’io (è inutile che me lo nasconda e mi stupisca di chi sta sparando se poi lo faccio anch’io) e poi mi mostra a cosa porta una guerra, a quali sofferenze, a quali mostruosità conduce. Anche le mie guerre hanno delle conseguenze, anche se non voglio vederle, anche se non le ammetto e so solo denunciare l’ingiustizia che mi viene fatta.
Il problema è che ci facciamo guerra perché ogni contendente ha ragione e vuole uscirne vincitore. Fintantoché il mio obiettivo è mostrarti che le mie ragioni sono più forti delle tue, non ne verremo mai fuori, perché tu farai altrettanto.
Andremo avanti finché io non mi renderò conto che non è star bene da solo che può soddisfarmi. Finché non troviamo un modo per stare bene assieme, stiamo costruendo un fallimento per entrambi.
Costruire la pace è trovare questo star bene assieme, non l’uno a scapito dell’altro, non l’uno senza l’altro. Ma questo passa dal rinunciare a quello che mi ero immaginato di poter essere. E’ doloroso, fa rabbia, risulta pesante, perché in questo mio essere con te non posso entrarci con quel che voglio essere, ma con quel che di me è compatibile con questa nuova realtà. Ed è ancor più doloroso, fa ancora più rabbia, risulta ancora più pesante perché tu non cambi: tu il problema non lo vedi o non ti fa problema. E così il cambiamento che dovrebbe farci star meglio assieme è tutto a mio carico. Ma ci sei e sei così come sei; e probabilmente non sarai mai come vorrei che tu fossi. E così, se voglio che qualcosa cambi (non in te, ma fra noi), io sono l’unica risorsa a disposizione. Tacendo, aspettando, cercando di capire, trovando una mediazione.
La guerra tra Russia e Ucraina mi spaventa e per essa spero e invoco la pace. Ma la pace non basta sperarla, non basta invocarla. La pace posso costruirla qui, concretamente, all’interno delle mie guerre.
Intanto comincio io. E lo spirito della guerra avrà un respiro in meno per continuare a sopravvivere.
Michele Bortignon
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