Che cos'è l’anima? Sono io, in tutto ciò che non posso togliermi
senza rinunciare a quello che sono. E’ quello che resta di me dopo la mia
morte, quello che di valido ho realizzato nella mia vita, ciò che di me è
impregnato di bontà, di verità, di bellezza. E’ il mio io profondo.
Che cos'è lo spirito? E’ ciò che mi fa essere oltre me stesso. È
Dio che abita nella mia anima e così mi rende suo figlio, suo erede, sua
presenza nel mondo.
Il corpo e la psiche sono ciò che dà all'anima la
possibilità da un lato di esprimersi (sentimenti, parole, gesti), di esserci,
di essere al mondo, dall'altro di percepire, di ricevere stimoli che la
modificano.
La vita umana, nella prospettiva cristiana, si realizza in un processo
di incarnazione dell’Amore.
Lo Spirito d’Amore scende nell'anima (ossia plasma l’io profondo) prima
attraverso la relazione con i genitori, poi (con il maturare della capacità
d’astrazione, a circa 10 anni) attraverso la relazione con Dio, cioè con
l’Amore incontrato in una pluralità di modi diversi (persone, cultura,
Scritture, Chiesa, ecc.).
Questo processo di incarnazione dell’Amore è però soggetto ad importanti
deformazioni a causa di mediazioni manipolatorie: le ferite della psiche incidono
sull'anima, deformandone la naturale capacità di amare.
L’accompagnamento spirituale deve allora aiutare il riplasmarsi
dell’anima in Cristo.
Perché Cristo? Perché il suo modo di vivere la vita, cioè l’amore, ha
vinto le morti che Egli ha incontrato nella sua esistenza, dandoci così la
speranza di uscire dalle nostre morti se le viviamo anche noi nell'amore.
Come aiutare questa ri-creazione dell’anima nell'amore? Rifacendo il
look agli archetipi: portando la persona a vivere con Dio, a livello intellettuale,
affettivo e corporeo, l’esperienza d’amore gratuito e maturante che non ha
vissuto con i genitori. Di questo amore di Dio potrà fare esperienza nell'amore
comunque presente nelle sue relazioni, nell'amore del suo accompagnatore,
mediatore della Parola che in lui si fa Spirito, nell'Amore che misticamente
percepisce in ciò che la circonda.
L’anima non la guarisci da solo, ma nella relazione con un altro o con
un Altro, perché la medicina dell’anima si chiama amore.
Poiché, come abbiamo detto, le ferite psichiche hanno inciso sull'anima,
ed è l’anima ad interagire con la vita attraverso la psiche e il corpo, creare
condizioni di benessere per quest’ultimi dà sollievo, ma non è risolutivo, non
guarisce l’anima. La condizione dell’anima guarita è la salvezza, ossia il
ripristino della percezione di essere amata e della conseguente capacità di
amare.
Salvezza è Vivere nell'Amore, è lo Spirito
Santo che scende nell'anima e si fa uno con essa, è Cristo che si incarna in
me.
Benessere è funzionare correttamente nella
psiche e nel corpo, è la psiche e il corpo che funzionano in armonia.
L’accompagnamento spirituale non lavora sul benessere, ma sulla
salvezza; che poi si traduce anche in benessere.
Risulta evidente che ciò
che decide della vita o della morte interiore di una persona è la possibilità
di ricevere e di dare amore. In maniera sana. Ed è proprio a questo livello che
incide la salvezza. Anche nel linguaggio comune si dice “mi hai salvato la
vita” quando uno era in pericolo di morte e tu lo hai aiutato ad uscirne.
La salvezza è dunque la
questione fondamentale della nostra vita. A livelli più superficiali c’è ciò
che migliora il nostro vivere, ma non ci uccide dentro, non toglie senso alla
nostra vita se dovesse mancarci: la salute, la sicurezza economica, il successo
nelle nostre attività... tutte cose buone e desiderabili e doverose da
perseguire, ma non decisive per la Vita. Prova ne sia che, se anche le
possedessimo tutte, senza amore non ci sarebbe alcun gusto nel vivere; sarebbe
anzi una tragedia.
Ma perché l’esperienza di
Dio è necessaria per la salvezza? Noi trasmettiamo agli altri amore nelle
modalità in cui l’abbiamo ricevuto: scriviamo con l’alfabeto che ci è stato
insegnato! Ma queste modalità di amare, anche nel migliore dei casi, sono pur
sempre segnate da egoismi e immaturità che limitano o rovinano l’essere persona
di chi riceve questo amore; il quale non risponderà certo con amore a queste
manifestazioni distorte.
Quando la persona constata
allora che i suoi atteggiamenti sono controproducenti, non le ottengono l’amore
che cerca e rovinano la relazione con l’altro, può scatenarsi in lei una crisi
dolorosa ma salutare. E’ il momento di orientarla alla sorgente stessa
dell’amore, al Dio-Amore, per aiutarla a capire come amare, facendo prima
esperienza di essere amata.
Come ha mostrato nella sua
vicenda terrena, anche se l’uomo si relaziona con Lui in maniera distorta,
Cristo risponde con un amore sano e autentico. A questa scuola d’amore l’uomo
impara ad amare; pian piano riuscirà gradualmente a vivere anch'egli in maniera
sana le proprie relazioni e a ottenerne risposte d’amore.
L’amore ricevuto da Dio diventa pertanto condizione per dare amore agli
altri e, conseguentemente, riceverne.
Ogni amore che dura è perché, direttamente o indirettamente, è modellato
su quello di Cristo, immagine del Dio-Amore. Gli altri amori sono merce di
scambio per ottenere il soddisfacimento di un bisogno; e, quando l’altro delude
questa mia aspettativa, lo scarico.
La salvezza, dunque, si apre davanti a chi ha fede, a chi accetta, cioè,
di entrare in un sistema di riferimento (l’amore) completamente diverso
rispetto a quello in cui il problema si è creato (dominato dall'ansia di
ottenere e dalla paura di perdere ciò che soddisfa i nostri bisogni). Come abbiamo
appena visto, tale scelta di campo può farla chi riconosce le conseguenze
fallimentari dell’essersi fatto Signore della propria vita: diventa allora
disponibile a dare al Dio-Amore il ruolo di Signore, e perciò ad assumere i
suoi criteri per entrare nella Vita. La salvezza non è dunque un risultato
raggiunto una volta per tutte, ma la scelta quotidiana di vivere in Colui che è
la Vita.
L’errore che si potrebbe commettere a questo punto è quello del
volontarismo: ho capito che nella salvezza entra chi ama e allora mi sforzo di
amare.
No: l’amore deve traboccare da un cuore che ne è stato riempito,
altrimenti non è amore.
Gesù dice “Amatevi gli uni gli altri, come
io vi ho amati” (Gv 15, 12). Amiamo
dopo aver fatto l’esperienza di essere amati e amiamo nel modo in cui siamo
stati amati. Allora è amore vero, senza secondi fini inconsci e modalità
contorte.
Dobbiamo solo scoprirci amati: è questo il lavoro iniziale e
fondamentale dell’accompagnamento spirituale, che non a caso si chiama
“Principio e fondamento”.
L’esperienza dell’essere amati porta in sé la spinta e il modo per amare
a nostra volta.
Senza di questo non si va avanti senza il rischio di ricadere nel
volontarismo.
Nella psicanalisi freudiana, ad esempio, dopo aver fatto chiarezza sulle
motivazioni inconsce dell’agire del paziente, si lascia alle sue forze e alla
sua buona volontà ricostruire la sua situazione. Nel counseling rogersiano si
confida che la persona saprà trovare da sola la sua strada e percorrerla una
volta che ha preso consapevolezza della propria situazione.
La salvezza ha invece la sua origine nell'esperienza dell’Amore, nei
tanti modi in cui si esprime nella nostra vita, e il suo compimento nel viverlo
nei modi che la nostra storia personale ci affida. In ciò consiste la Vita Eterna,
altro modo di esprimere il concetto di salvezza. Dice Benedetto XVI° (Omelia
del 3.11.2012): “… la vita eterna non è un infinito doppione del tempo
presente, ma qualcosa di completamente nuovo. La fede ci dice che la vera
immortalità alla quale aspiriamo non è un’idea, un concetto, ma una relazione
di comunione piena con il Dio vivente: è lo stare nelle sue mani, nel suo
amore, e diventare in Lui una cosa sola con tutti i fratelli e le sorelle che
Egli ha creato e redento, con l’intera creazione”.
Come si riconosce la salvezza in una persona? Dalla gioia, dalla pace,
dalla libertà interiore, frutto del sentirsi amati, e dalla generosità,
espressione della bellezza dell’amare.
Diceva Nietzsche: «Non è vero che Cristo è risorto, sennò i cristiani
avrebbero un’altra faccia». Un cristiano dal volto triste non è credibile
nel suo annunciare che la salvezza viene da quel Cristo nel cui amore dice di
vivere.
Quando si vive in Dio, nelle situazioni difficili, pur nella
comprensibile preoccupazione, il clima di fondo è la pace, che deriva appunto
dall'essere con Lui ad affrontarla, e la generosità, che ci spinge a vivere
fino in fondo il suo amore per risolverle.
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