7/01/2022

Salvezza e benessere

 


Che cos'è l’anima? Sono io, in tutto ciò che non posso togliermi senza rinunciare a quello che sono. E’ quello che resta di me dopo la mia morte, quello che di valido ho realizzato nella mia vita, ciò che di me è impregnato di bontà, di verità, di bellezza. E’ il mio io profondo.

 

Che cos'è lo spirito? E’ ciò che mi fa essere oltre me stesso. È Dio che abita nella mia anima e così mi rende suo figlio, suo erede, sua presenza nel mondo.

 

Il corpo e la psiche sono ciò che dà all'anima la possibilità da un lato di esprimersi (sentimenti, parole, gesti), di esserci, di essere al mondo, dall'altro di percepire, di ricevere stimoli che la modificano.

 

La vita umana, nella prospettiva cristiana, si realizza in un processo di incarnazione dell’Amore.

Lo Spirito d’Amore scende nell'anima (ossia plasma l’io profondo) prima attraverso la relazione con i genitori, poi (con il maturare della capacità d’astrazione, a circa 10 anni) attraverso la relazione con Dio, cioè con l’Amore incontrato in una pluralità di modi diversi (persone, cultura, Scritture, Chiesa, ecc.).

Questo processo di incarnazione dell’Amore è però soggetto ad importanti deformazioni a causa di mediazioni manipolatorie: le ferite della psiche incidono sull'anima, deformandone la naturale capacità di amare.

L’accompagnamento spirituale deve allora aiutare il riplasmarsi dell’anima in Cristo.

Perché Cristo? Perché il suo modo di vivere la vita, cioè l’amore, ha vinto le morti che Egli ha incontrato nella sua esistenza, dandoci così la speranza di uscire dalle nostre morti se le viviamo anche noi nell'amore.

Come aiutare questa ri-creazione dell’anima nell'amore? Rifacendo il look agli archetipi: portando la persona a vivere con Dio, a livello intellettuale, affettivo e corporeo, l’esperienza d’amore gratuito e maturante che non ha vissuto con i genitori. Di questo amore di Dio potrà fare esperienza nell'amore comunque presente nelle sue relazioni, nell'amore del suo accompagnatore, mediatore della Parola che in lui si fa Spirito, nell'Amore che misticamente percepisce in ciò che la circonda.

L’anima non la guarisci da solo, ma nella relazione con un altro o con un Altro, perché la medicina dell’anima si chiama amore.

 

Poiché, come abbiamo detto, le ferite psichiche hanno inciso sull'anima, ed è l’anima ad interagire con la vita attraverso la psiche e il corpo, creare condizioni di benessere per quest’ultimi dà sollievo, ma non è risolutivo, non guarisce l’anima. La condizione dell’anima guarita è la salvezza, ossia il ripristino della percezione di essere amata e della conseguente capacità di amare.

 

Salvezza è Vivere nell'Amore, è lo Spirito Santo che scende nell'anima e si fa uno con essa, è Cristo che si incarna in me.

Benessere è funzionare correttamente nella psiche e nel corpo, è la psiche e il corpo che funzionano in armonia.

L’accompagnamento spirituale non lavora sul benessere, ma sulla salvezza; che poi si traduce anche in benessere.

 

Risulta evidente che ciò che decide della vita o della morte interiore di una persona è la possibilità di ricevere e di dare amore. In maniera sana. Ed è proprio a questo livello che incide la salvezza. Anche nel linguaggio comune si dice “mi hai salvato la vita” quando uno era in pericolo di morte e tu lo hai aiutato ad uscirne.

La salvezza è dunque la questione fondamentale della nostra vita. A livelli più superficiali c’è ciò che migliora il nostro vivere, ma non ci uccide dentro, non toglie senso alla nostra vita se dovesse mancarci: la salute, la sicurezza economica, il successo nelle nostre attività... tutte cose buone e desiderabili e doverose da perseguire, ma non decisive per la Vita. Prova ne sia che, se anche le possedessimo tutte, senza amore non ci sarebbe alcun gusto nel vivere; sarebbe anzi una tragedia.

 

Ma perché l’esperienza di Dio è necessaria per la salvezza? Noi trasmettiamo agli altri amore nelle modalità in cui l’abbiamo ricevuto: scriviamo con l’alfabeto che ci è stato insegnato! Ma queste modalità di amare, anche nel migliore dei casi, sono pur sempre segnate da egoismi e immaturità che limitano o rovinano l’essere persona di chi riceve questo amore; il quale non risponderà certo con amore a queste manifestazioni distorte.

Quando la persona constata allora che i suoi atteggiamenti sono controproducenti, non le ottengono l’amore che cerca e rovinano la relazione con l’altro, può scatenarsi in lei una crisi dolorosa ma salutare. E’ il momento di orientarla alla sorgente stessa dell’amore, al Dio-Amore, per aiutarla a capire come amare, facendo prima esperienza di essere amata.

Come ha mostrato nella sua vicenda terrena, anche se l’uomo si relaziona con Lui in maniera distorta, Cristo risponde con un amore sano e autentico. A questa scuola d’amore l’uomo impara ad amare; pian piano riuscirà gradualmente a vivere anch'egli in maniera sana le proprie relazioni e a ottenerne risposte d’amore.

L’amore ricevuto da Dio diventa pertanto condizione per dare amore agli altri e, conseguentemente, riceverne.

Ogni amore che dura è perché, direttamente o indirettamente, è modellato su quello di Cristo, immagine del Dio-Amore. Gli altri amori sono merce di scambio per ottenere il soddisfacimento di un bisogno; e, quando l’altro delude questa mia aspettativa, lo scarico.

 

La salvezza, dunque, si apre davanti a chi ha fede, a chi accetta, cioè, di entrare in un sistema di riferimento (l’amore) completamente diverso rispetto a quello in cui il problema si è creato (dominato dall'ansia di ottenere e dalla paura di perdere ciò che soddisfa i nostri bisogni). Come abbiamo appena visto, tale scelta di campo può farla chi riconosce le conseguenze fallimentari dell’essersi fatto Signore della propria vita: diventa allora disponibile a dare al Dio-Amore il ruolo di Signore, e perciò ad assumere i suoi criteri per entrare nella Vita. La salvezza non è dunque un risultato raggiunto una volta per tutte, ma la scelta quotidiana di vivere in Colui che è la Vita.

 

L’errore che si potrebbe commettere a questo punto è quello del volontarismo: ho capito che nella salvezza entra chi ama e allora mi sforzo di amare.

No: l’amore deve traboccare da un cuore che ne è stato riempito, altrimenti non è amore.

Gesù dice Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15, 12). Amiamo dopo aver fatto l’esperienza di essere amati e amiamo nel modo in cui siamo stati amati. Allora è amore vero, senza secondi fini inconsci e modalità contorte.

Dobbiamo solo scoprirci amati: è questo il lavoro iniziale e fondamentale dell’accompagnamento spirituale, che non a caso si chiama “Principio e fondamento”.

L’esperienza dell’essere amati porta in sé la spinta e il modo per amare a nostra volta.

Senza di questo non si va avanti senza il rischio di ricadere nel volontarismo.

Nella psicanalisi freudiana, ad esempio, dopo aver fatto chiarezza sulle motivazioni inconsce dell’agire del paziente, si lascia alle sue forze e alla sua buona volontà ricostruire la sua situazione. Nel counseling rogersiano si confida che la persona saprà trovare da sola la sua strada e percorrerla una volta che ha preso consapevolezza della propria situazione.

La salvezza ha invece la sua origine nell'esperienza dell’Amore, nei tanti modi in cui si esprime nella nostra vita, e il suo compimento nel viverlo nei modi che la nostra storia personale ci affida. In ciò consiste la Vita Eterna, altro modo di esprimere il concetto di salvezza. Dice Benedetto XVI° (Omelia del 3.11.2012): “… la vita eterna non è un infinito doppione del tempo presente, ma qualcosa di completamente nuovo. La fede ci dice che la vera immortalità alla quale aspiriamo non è un’idea, un concetto, ma una relazione di comunione piena con il Dio vivente: è lo stare nelle sue mani, nel suo amore, e diventare in Lui una cosa sola con tutti i fratelli e le sorelle che Egli ha creato e redento, con l’intera creazione”.

 

Come si riconosce la salvezza in una persona? Dalla gioia, dalla pace, dalla libertà interiore, frutto del sentirsi amati, e dalla generosità, espressione della bellezza dell’amare.

Diceva Nietzsche: «Non è vero che Cristo è risorto, sennò i cristiani avrebbero un’altra faccia». Un cristiano dal volto triste non è credibile nel suo annunciare che la salvezza viene da quel Cristo nel cui amore dice di vivere.

Quando si vive in Dio, nelle situazioni difficili, pur nella comprensibile preoccupazione, il clima di fondo è la pace, che deriva appunto dall'essere con Lui ad affrontarla, e la generosità, che ci spinge a vivere fino in fondo il suo amore per risolverle.

 Michele Bortignon

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