12/01/2022

Il “dovere” della gioia

Tutti, penso, ci siamo trovati in situazioni in cui proprio non siamo riusciti a capirci con chi ci stava davanti, con conseguenti litigi, musi lunghi, sensazione che tutto sia finito senza nessuna possibile soluzione.

Cessata la rabbia (e abbiamo visto che non ci portava da nessuna parte, se non a peggiorare la situazione) siamo stati presi da una sorta di depressione, senza più alcuna voglia di fare, mentre una nebbia ci isolava in noi stessi come se attorno tutto fosse sparito. In questa condizione, il futuro ci viene rubato e il presente è un brancolare senza direzione.

Cosa facciamo? Restiamo così e incolpiamo gli altri di aver creato questa situazione? Aspettiamo siano loro a darsi da fare per risolverla? Anche no! Ricordiamoci che noi siamo l’unica risorsa a nostra disposizione per cambiare le cose. Qualsiasi cosa possiamo pensare, prima però dobbiamo lavorare sulla motivazione per farlo, e, ancor prima, sul clima interiore che permette a una motivazione di esserci: se non sono contento della vita, perché mai dovrei impegnarmi per migliorarla? Tanto vale lasciarla andare dove vuole!

E’ qui che si inserisce l’invito alla gioia dell’ottava beatitudine del Vangelo (Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli". Mt 5,11-12): quando le cose vanno di al contrario, tu rallegrati e salta di gioia, la mente e il corpo impegnati a dire che quel che ti sta succedendo è Super, è da WOW! Una reazione da svitati? Ma forse una reazione di fede, una fede assoluta nella promessa che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8, 28).

Rallegrarmi è un atto di una fiducia così assurda che non può che mettere in moto l’impossibile di Dio: «Caro Dio, o ci sei o non ci sei; e, se ci sei, dovrai tener fede alla tua promessa di dare un senso a ciò che sto vivendo». Eccomi allora entrare in un’attesa attiva: come dice sant’Ignazio, agisco come se tutto dipendesse da me, ma chiamando Dio al mio fianco, con un’invocazione di speranza e di fiducia che lo chiama a essere co-autore di questa svolta nella mia vita. Come risponde Dio? A sua volta rivestendomi di speranza e di fiducia per rendermi co-autore di quel bene che spero. Come? Comincio intanto io a vivere questa situazione come se il bene che spero si fosse già realizzato ("Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato". Mc 11, 24). Se il futuro che spero è fatto di armonia, di collaborazione, di premura, comincio io a vivere con l’altro questi atteggiamenti. E, poiché la realtà funziona secondo la legge dello specchio, che ti restituisce quello che gli dai, è possibile che qualcosa di buono accada davvero.

Difficile questa prospettiva? Molto, perché anti istintiva. Ma quando abbiamo esaurito tutte le risorse che il nostro buon senso può offrirci e ci troviamo a sbattere la testa contro un muro di gomma, può valere la pena di provare anche questa strada… che magari ci porterà da tutt’altra parte: la fantasia di Dio sa sempre stupirci!

 

Michele Bortignon

 

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