«Ha capito don Manuel?» riprese padre Guillermo al termine del suo racconto, «Iñigo aveva scoperto il requisito fondamentale di ogni cammino spirituale: il decidere di lasciar da parte i propri, pur buoni, progetti, bisogni, desideri, per mettersi in ascolto di Dio, di ciò che Lui ci chiede nella nostra situazione attraverso le esigenze che in essa si presentano.
Questo l’aveva capito. Ma, si sa: una cosa all’inizio la capisci con la testa; però, perché diventi tua, capace di cambiarti la vita, devi capirla anche col cuore. E il cuore impara solo dall’esperienza concreta: quando qualcosa ti mette in crisi, e tu reagisci come al solito, ma, a un certo punto, al colmo dell’amarezza, spunta il ricordo di quel che avevi capito e tu lo cogli come possibilità: chissà… magari…
La vita non aveva ancora messo alla prova quella nuova consapevolezza di Iñigo.
Fu appunto in mezzo alla tempesta di questa prova che lo conobbi “da dentro”. Mi aveva chiesto di confessarlo perché era assalito da tremendi sensi di colpa al pensiero di aver dimenticato di denunciare qualche suo peccato nella precedente confessione generale. Era tornato a confessarsi, e più volte, ma ogni volta l’ombra di qualche atteggiamento che non ammetteva in sé lo faceva sentire imperfetto, indegno dell’amicizia di Cristo, inadeguato a camminare con Lui.
Alla fine, per spezzare quell’ossessione gli ordinai di smetterla di rivangare il passato, a meno che non ne riemergesse chiaramente qualche grave colpa. Sbagliai, perché, come mi venne poi a riferire, tutto era chiaro e tutto era grave.
Non sapeva come porre termine a quella che lui stesso sentiva essere una tentazione, una pazzia, ma che nondimeno lo distruggeva presentandosi come una santa esigenza di purezza, di coerenza, di sensibilità spirituale. L’angoscia giunse a prospettargli l’agognata liberazione nel suicidio, che scartò solo perché sarebbe stato un ulteriore peccato. Le veglie, le preghiere, i digiuni, in cui implorava il soccorso di Dio, a nulla valevano.
Fu il prendere consapevolezza di un sentimento, e della scelta a cui questo lo spingeva, a destarlo dall’incubo: gli era sopravvenuto un gran disgusto della vita che stava conducendo e un insistente impulso ad abbandonarla…
«Ma se questa scelta di vita l’ho fatta in Dio - e di questo non posso dubitare perché ne vedo i frutti di crescita in me e nel bene che faccio agli altri, allora significa che non è Dio a provocare in me questo disgusto per farmene allontanare, ma qualcosa in me che teme questi cambiamenti, qualcosa che vuol mantenermi in un passato rassicurante, piacevole, gratificante, chiudendomi però in me stesso e rubandomi il bene maggiore che è trovare Vita nella relazione con gli altri, in cui Dio mi sta facendo crescere.
E se questa tendenza, questa pulsione, questo “spirito” mi vuol portare al mio male, riconosco che i mezzi che ha usato - gli scrupoli, l’angoscia, la disperazione, il perfezionismo ossessivo - sono suoi, non di Dio: sono segnali caratteristici della presenza del maligno, del suo agire in me».
Fu questa presa di coscienza a liberarlo.
A Montserrat Dio lo aveva chiamato a liberarsi dai suoi sogni di grandezza nella santità, per imparare a camminare con umiltà al suo fianco; qui a Manresa il demonio gli aveva fatto provare un assaggio dell’inferno in cui questi sogni sprofondano chi li segue.
Gli scrupoli non erano altro che l’incapacità di accettare la propria povertà e di rinunciare all’attaccamento al proprio progetto di santità. Se n’era liberato definitivamente quando aveva smascherato la tecnica del demonio: questi era entrato per la via di Dio, proponendogli un fine di bene, ma era uscito per se stesso, angosciandolo per fargli abbandonare la strada intrapresa. Reagire significava fidarsi e affidarsi a Dio, confidando nella sua misericordia per lui povero, limitato, inadeguato: «E’ Dio in me che vuole fare grandi cose, non io per Lui!».
Tornò da me qualche tempo dopo, per confidarmi una grande consolazione che Dio gli aveva donato, a conferma di quanto aveva capito nel discernimento.
Era successo nell’atrio dell’ospizio di Santa Lucia, dove si trovava per il suo servizio agli ammalati: in un rapimento estatico ebbe la visione dello sguardo di Cristo che lo abbracciava. Fu solo la sensazione di un attimo, ma, quando gli chiesi di spiegarmene il significato, me la tradusse con le parole che sentiva Cristo aveva voluto dirgli:
«Guardami negli occhi.
Da sempre io ti sto guardando.
Riposati nel mio sguardo.
Sentiti abbracciato, cullato dal mio sguardo.
Nel mio sguardo trovi
tutto ciò che continui a cercare invano, con ansia.
Nel mio sguardo ti senti restituito
ciò che avverti indebitamente tolto dagli altri.
Nel mio sguardo è custodito
ed è sempre a tua disposizione
ciò che temi gli altri non ti diano più
o non nella misura in cui tu lo vorresti.
Lascia emergere il tuo bisogno,
lascia emergere la tua paura e affidameli.
E nel mio sguardo senti
che il tuo bisogno e la tua paura
si sciolgono, si dissolvono.
Noi due siamo più importanti
dei bisogni e delle paure.
Amarci è tutto ciò che basta.
Un abbraccio è tutto ciò che serve».
Poteva percepire tangibilmente questo amore incondizionato di Cristo che nel suo sguardo gli scendeva in fondo al cuore, lo avvolgeva, lo sollevava e lo chiamava a sé.
E Iñigo aveva goduto di questo sguardo, di questo abbraccio, aveva accolto il suo perdono e in Lui aveva trovato la forza ed il coraggio di abbandonare alla sua misericordia il suo passato e il suo presente per iniziare da subito una nuova vita, che fosse una risposta d'amore all'amore che Cristo nutriva per lui.
Ora veramente quel che aveva intuito a Montserrat gli era sceso nel cuore e lì era diventato suo, capace di improntargli di sé la vita.
Don Manuel era rimasto silenzioso. La commozione con cui padre Guillermo aveva parlato dell’esperienza di Iñigo glielo faceva sentire partecipe della sua stessa sensibilità, quasi l’uno si fosse trasfuso nell’altro, quasi il padre avesse trovato nel figlio se stesso.
Lui, invece, gli scrupoli li aveva sempre sentiti qualcosa di positivo, una spinta al miglioramento, uno sguardo dall’alto che lo controllava per evitargli di prendere decisioni sbagliate… «Non è troppo facile nascondere quello che ci disturba sotto il velo della misericordia, così da poter continuare come prima?» pensò. «Se questa “manica larga” si afferma, c’è il rischio di lasciare il gregge della Chiesa senza punti di riferimento, in balìa alla propria istintualità e, così, esposto al rischio di perdersi!».
«Non mi sembra che lei abbia risposto alla mia domanda, padre Guillermo: come può una persona in preda a questi turbamenti, che non ha ancora risolto i propri problemi spirituali, essere d’aiuto ad altri? “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in un fosso?1”».
«Cosa significa aiutare spiritualmente? Risolvere i problemi di una persona al posto suo? Prepararle nella propria esperienza una strada già tracciata che basta solo percorrere? No, non credo… Dio ha dato alle persone un’intelligenza e una coscienza per orientarsi nella vita: un’intelligenza a cui fornire informazioni con le nostre conoscenze e una coscienza a cui fornire ispirazioni con la nostra esperienza di una vita vissuta in Dio. Una ricerca si affianca a un’altra ricerca per fare un tratto di strada assieme, entrambe sottomesse a una Parola, entrambe tese all’incontro con il loro Signore.
Qual è stata per Iñigo, in questo tratto di vita, la sua esperienza di Dio?
Ha imparato che fondamento del proprio cammino spirituale è mettersi in ascolto di Dio.
Ha imparato che sostegno del proprio cammino spirituale è la misericordia di Dio.
Accogliere Dio e lasciarsi accogliere da Dio: non tutto, ma due buoni atteggiamenti per cominciare a costruire su solide basi.
E poi, aver cominciato a capire le tecniche usate dal demonio per sviarci dal nostro cammino… le sembra poco?
Quel che Iñigo ha capito è che, quando amiamo sinceramente il Signore, lo spirito del male non riesce più a farci cadere proponendoci qualcosa di cattivo. Si traveste allora da spirito buono e cerca di farci abbandonare il cammino intrapreso facendoci sentire indegni di continuarlo: ci accusa di incoerenza, di fiacchezza nell’assolvere gli impegni che ci siamo presi, di debolezza nel resistere alle tentazioni. O, all’opposto, ci spinge a imprese al di sopra delle nostre forze per farci schiattare.
Se fosse Dio a volerci far recedere da una strada sbagliata, non lo farebbe con lo strepito dell’angoscia che ci precipita nelle tenebre, ma con la dolcezza di una nostalgia sottile che ci richiama a Lui e ci suggerisce la via d’uscita, ci mostra il sole oltre la nebbia».
Don Manuel era confuso, ma non convinto.
«Continuerò la mia ricerca» disse. «Una faccenda così delicata merita di non essere trattata con leggerezza!».
«Cerchi i frutti nelle persone, don Manuel: “Dai loro frutti li riconoscerete!”2. Questo è l’unico criterio per distinguere ciò che viene da Dio».
Si abbracciarono. L’uno con trasporto, l’altro con deferenza. Ma in entrambi c’era lo stesso desiderio di arrivare a vedere con chiarezza il volto di Dio.
«E, ricordi…» gridò fra’ Guillermo, in un’ultima battuta, a don Manuel che già si stava allontanando: «Dio è misericordia!».
1 Lc 6, 39
2 Mt 7, 16