Perché un Dio misericordioso? Anzi, meglio: perché Dio non
può che essere misericordioso? Il tuo credere che Dio sia giudice della tua
perfezione e, conseguentemente, il tuo voler essere perfetto e credere di
poterlo essere… che disumanità per te stesso e per gli altri!
Per te stesso: passi
dall’autocompiacimento borioso quando ci riesci alla scoraggiante sensazione di
disastro, di totale fallimento quando cadi, quando non ti senti all’altezza di
ciò che dovresti essere.
Per gli altri: come lo sei tu,
così devono essere perfetti anche loro. Senza nessuno sconto. E diventi
implacabile nelle tue pretese, rovinando le relazioni, giudicando tutto e
tutti.
Nel frattempo, però, le tue paure
premono per essere tacitate, le tue pulsioni per essere soddisfatte… e allora
cerchi di crearti un equilibrio fatto di compromessi, in cui pretendi di
sentirti a posto salvando capra e cavoli. E’ la falsa coscienza, è quello che i
padri dicevano “battezzare con nomi santi intenzioni e comportamenti cattivi”.
Il che porta alla “sclerocardia”, all’indurimento del cuore, perché ascolti
soltanto le tue ragioni, ti inventi regole tranquillizzanti nella loro
“sostenibilità”, e diventi sordo a quella vocina che ti dice «No, forse così
non va…!».
Ancora, la perfezione genera la
paura di sbagliare e, questa, la rigidità nei comportamenti. Si dice che “il
meglio è nemico del bene”; ed, effettivamente, una soluzione “vera” a volte la
si trova abbandonando la legge – regola generale ma teorica – e guardando qual
è il bene in quella situazione concreta, un bene a volte fuori dai canoni per
una situazione fuori dai canoni. Uno bene a cui ti può guidare soltanto lo
Spirito che condividi con Cristo quando decidi di risintonizzarti con Lui. Ma,
per capire se davvero è un bene, a volte bisogna sperimentare, metterti nelle
condizioni di poter valutare quel che fai a partire dalle conseguenze. E questo
puoi farlo soltanto se credi in un Dio misericordioso.
Credere non è “Spero che sia
così, ma non so”; credere è “Dev’essere per forza così, perché qui porta tutto
il mio desiderio profondo, quello radicato in quella verità profonda di me che
è Dio stesso”. E allora, se credi che Dio è misericordioso, ossia che non ti
abbandona qualunque cosa tu faccia, non ti butta via quando sbagli, allora puoi
permetterti di cercare nella vita che cosa dà Vita. Sapendo che può anche
capitarti di sbagliare, ma che con Lui puoi guardare, valutare e decidere se
tenere o buttare via.
Dio ci ha affidati gli uni agli
altri per essere Lui – Amore! – attraverso di noi. Se è questo ciò che stiamo
facendo – esprimerci in un amore che ci fa sentire reciprocamente bene – siamo
nella verità, e la Verità genera pace e bellezza. Se poi hai già un’esperienza
di Dio, discernere è ancora più semplice: porta alla memoria del cuore il gusto
di Dio, poi assaggia ciò che stai facendo: tieni ciò che ha il gusto di Dio e
butta via il resto.
Nella misericordia del Padre,
nella creatività dello Spirito, nella Verità di Cristo, cade allora il bisogno
compulsivo di dare nomi spirituali a ciò che spirituale non è, ma fa
semplicemente comodo. Quando poi ti succede di cadere,
chiedi perdono e riprendi a camminare, ma non cercare di giustificare il tuo
comportamento (la falsa coscienza) né lasciarti trascinare dal senso di tragedia
(la desolazione). Né la ragione senza viscere né le viscere senza la ragione
sono buone consigliere, ma la mente ben piantata nel cuore che ha il gusto di
Dio: quando sbagli, Dio ti usa misericordia ridandoti il gusto di Sé.
Michele Bortignon
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