7/10/2016

Dov’è il limite?

Quante volte ti sei chiesto dove fosse il limite del lecito e del buono in un comportamento di cui vedevi sia le opportunità che i rischi? Quante volte ti sei trovato a un bivio senza saperti decidere, perché da una parte si prospettava il rimorso per aver colto quell’occasione e dall’altro il rimpianto per non averla colta? E intanto ti risuonava negli orecchi l’eco della tentazione primigenia, a presentare Dio come un despota che ti priva del gusto della vita: “E’ vero che Dio vi ha detto che non potete mangiare di nessun albero del giardino?”. E davanti a un Dio così o ti blocchi, terrorizzato di sbagliare, o ti ribelli, buttandoti nel peggio che ti trovi davanti.
O tutto o niente: questa è l’alternativa davanti alla quale ti pone il serpente; e sa benissimo che entrambe le scelte ti conducono in bocca a lui.
Prova a notare: entrambe le strade ti angosciano e ti lasciano insoddisfatto. In entrambe, il primo passo è il compiacimento – o per la tua capacità di resistere alla tentazione o per il piacere ottenuto nell’assecondarla – e il successivo è la depressione – per una vita senza gusto o per il disgusto di quanto hai fatto.
Nota anche che entrambe le alternative sono molto “pensate”: quanto tempo hai passato a dare spazio a “seghe mentali” che ti dicevano di si e di no e ancora di no e di si, e niente ti lasciava pienamente convinto, anche se a momenti spinto con entusiasmo verso l’una o verso l’altra?
Da tempo ho imparato (anche se ancora non ci arrivo subito!) che quella di Dio è la terza via. Dio non ti spinge e non ti strattona, ma danza davanti a te e ti invita a danzare con Lui. Dio danza la vita: non la evita né la travolge, ma si muove con eleganza per creare bellezza. Sa mettere i piedi al posto giusto: nulla è buono o cattivo in blocco, ma in tutto c’è del buono da cogliere e del cattivo a cui girare attorno.
Ultimamente sono riuscito a penetrare meglio il significato di questa terza via considerando quanto Ignazio di Loyola dice riguardo alla consolazione senza causa (EESS 336): c’è (secondo la definizione di consolazione in EESS 316) “un movimento intimo per cui l’anima resta infiammata nell’amore” che viene da Dio per grazia, così bello che, invece di accoglierne il compimento con un «Grazie!», se ne vuole prolungare l’effetto con considerazioni o propositi che però, provenendo da noi, ci portano per strade solo nostre. Allo stesso modo, ogni realtà è dono di Dio; c’è un momento in cui la gustiamo col cuore, con la mente, con il corpo, e tutto ciò che facciamo è un atto di lode che esprime gioia, gratitudine, esultanza. Ma, già un momento dopo, alla grazia succede la nostra responsabilità nel gestire questa realtà. Una responsabilità che ora deve far fronte alle pulsioni che vogliono trasformare il dono - che dà bellezza alla vita ed è dato per il bene comune -  in una proprietà da usare per soddisfare i nostri bisogni e il nostro esclusivo piacere. E tutto viene allora trasformato in mezzo per ottenere le tre S: Sesso, Soldi, Successo.
Praticamente, se il dono di Dio ci fa esclamare «Che bello!» o «Che buono!», l’uso che ne facciamo dovrebbe far esclamare a Lui «Che bello!» o «Che buono!». Diversamente, l’uso si trasforma in abuso: l’abuso di cibo, di alcool, della tua posizione nella società, delle tue relazioni personali, del tuo tempo, del tuo denaro, delle tue capacità, ecc..
Come evitare questo rischio? Per quanto abbiamo detto prima, attenzione ai pensieri che ti spingono e ti agitano: nascondono un tranello! Dio entra in te con calma forza, ti riempie di bellezza e di pace e ti trascina con Sé fuori di te, facendoti sentire che ciò che stai facendo è la cosa più giusta e più naturale del mondo. Se alla fine riesci a dirgli «Grazie!», certamente veniva da Lui.


Michele Bortignon

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