9/07/2016

Il peccato è un’esperienza spirituale?

O notte, sei stata tu la mia maestra.
O notte più luminosa del sole nel mattino.
O notte che mi unisci a Colui che amo
trasformandomi in Lui.

Qual è il significato della “notte oscura” di San Giovanni della Croce? Se fosse l’esperienza del peccato? L’oscurità del peccato, vissuta comunque con Dio, che comunque mi riempie e mi avvolge, diventa luce sulle parti di me stesso ancora abitate da altri che Lui, non ancora da Lui riempite e avvolte. Parti, soprattutto, in cui mi illudo di essere me stesso in Lui. Riempito e avvolto dai miei bisogni, difesi e alimentati dai miei impulsi istintivi, sono convinto delle mie ragioni.
Ma ecco che, nel fallimento del peccato, il senso di colpa scuote la mia presunzione di equilibrio, di perfezione. E mi ritrovo distante, separato da quel Dio-perfezione con cui mi sentivo prima integrato. Rigettato da un Dio che non mi riconosce più suo figlio? Ma questo non può essere Dio! “Anche se tua madre ti abbandonasse, io non ti abbandonerò mai; ho scritto il tuo nome sul palmo della mia mano” (Is 49, 15-16 cfr.). Forse, allora, il vero Dio è per me ancora soltanto una conoscenza teologica, mentre il dio di cui si traveste il super-io è avvinghiato alle radici del mio modo di essere, che gestisce con i suoi criteri, coniugando un’imperfezione di fatto, perché tesa a soddisfare i miei bisogni in maniera autocentrata, a un’idea di perfezione tagliata a mia misura per salvaguardare la mia autostima.
E allora è buono questo destabilizzante vuoto di Dio che diventa spazio per l’incarnarsi in esperienza del Dio ancora soltanto teoria teologica. Un Dio che ti si presenta proprio adesso, per abbracciarti nella tua nudità di perfezione, per ricostruirti come figlio con i cocci del tuo fallimento. Non subito però: prima è appunto bene che tu vada in cocci. Quella tua solidità, fittizia e saccente, deve rompersi sotto i colpi della sofferenza che provochi, che certo non appartiene al Dio che dici di seguire.
Ma, se davvero è il volto del Dio di misericordia quello che incontri, il miracolo che fa è quello di liberarti dalla compulsione a tornare ad essere perfetto. Compulsione che riconosci dal fatto che non riesci a trovare pace, ora, con Lui, ma solo se cambi.
Anche per il cambiamento c’è tempo. Altrimenti nasce da quel che sai, per rifare quel che hai sempre fatto. Lascia che quel che è giusto emerga, con voce sottile ma insistente, al di sopra dello strepito dei tuoi impulsi e delle altrui pressioni; anche ascoltando i tuoi bisogni, ma ora tenendo conto di quelli degli altri. E capisci che, mentre nella perfezione tutto è bianco o è nero, con Dio… dipende da come e perché è fatto; alla legge subentra lo Spirito e il discernimento.
Ecco allora che la notte oscura è diventata un tratto luminoso della tua storia con Dio: ti ha strappato al dominio dell’io inconscio e super-conscio per affidarti alla libertà del Dio che è dentro di te e sopra di te, comune istanza di amore e di verità.
Concludendo, se, tenendoti comunque aggrappato a Dio, non ti lasci distruggere dai sensi di colpa o bloccare dallo scoraggiamento, il peccato diventa la più trasformante delle esperienze spirituali, certamente l’unica in cui Dio si manifesta al di là di tutti i nostri filtri.


                                                                                 Michele Bortignon

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