O notte più luminosa del sole
nel mattino.
O notte che mi unisci a Colui
che amo
trasformandomi in Lui.
Qual è il significato della
“notte oscura” di San Giovanni della Croce? Se fosse l’esperienza del peccato?
L’oscurità del peccato, vissuta comunque con Dio, che comunque mi riempie e mi
avvolge, diventa luce sulle parti di me stesso ancora abitate da altri che Lui,
non ancora da Lui riempite e avvolte. Parti, soprattutto, in cui mi illudo di
essere me stesso in Lui. Riempito e avvolto dai miei bisogni, difesi e
alimentati dai miei impulsi istintivi, sono convinto delle mie ragioni.
Ma ecco che, nel fallimento del
peccato, il senso di colpa scuote la mia presunzione di equilibrio, di
perfezione. E mi ritrovo distante, separato da quel Dio-perfezione con cui mi
sentivo prima integrato. Rigettato da un Dio che non mi riconosce più suo
figlio? Ma questo non può essere Dio! “Anche se tua madre ti abbandonasse,
io non ti abbandonerò mai; ho scritto il tuo nome sul palmo della mia mano”
(Is 49, 15-16 cfr.). Forse, allora, il vero Dio è per me ancora soltanto una
conoscenza teologica, mentre il dio di cui si traveste il super-io è
avvinghiato alle radici del mio modo di essere, che gestisce con i suoi
criteri, coniugando un’imperfezione di fatto, perché tesa a soddisfare i miei
bisogni in maniera autocentrata, a un’idea di perfezione tagliata a mia misura
per salvaguardare la mia autostima.
E allora è buono questo
destabilizzante vuoto di Dio che diventa spazio per l’incarnarsi in esperienza
del Dio ancora soltanto teoria teologica. Un Dio che ti si presenta proprio
adesso, per abbracciarti nella tua nudità di perfezione, per ricostruirti come
figlio con i cocci del tuo fallimento. Non subito però: prima è appunto bene
che tu vada in cocci. Quella tua solidità, fittizia e saccente, deve rompersi
sotto i colpi della sofferenza che provochi, che certo non appartiene al Dio
che dici di seguire.
Ma, se davvero è il volto del Dio
di misericordia quello che incontri, il miracolo che fa è quello di liberarti
dalla compulsione a tornare ad essere perfetto. Compulsione che riconosci dal
fatto che non riesci a trovare pace, ora, con Lui, ma solo se cambi.
Anche per il cambiamento c’è tempo. Altrimenti nasce da
quel che sai, per rifare quel che hai sempre fatto. Lascia che quel che è
giusto emerga, con voce sottile ma insistente, al di sopra dello strepito dei
tuoi impulsi e delle altrui pressioni; anche ascoltando i tuoi bisogni, ma ora
tenendo conto di quelli degli altri. E capisci che, mentre nella perfezione
tutto è bianco o è nero, con Dio… dipende da come e perché è fatto; alla legge
subentra lo Spirito e il discernimento.
Ecco allora che la notte oscura è
diventata un tratto luminoso della tua storia con Dio: ti ha strappato al
dominio dell’io inconscio e super-conscio per affidarti alla libertà del Dio
che è dentro di te e sopra di te, comune istanza di amore e di verità.
Concludendo, se, tenendoti
comunque aggrappato a Dio, non ti lasci distruggere dai sensi di colpa o
bloccare dallo scoraggiamento, il peccato diventa la più trasformante delle
esperienze spirituali, certamente l’unica in cui Dio si manifesta al di là di
tutti i nostri filtri.
Michele Bortignon
Nessun commento:
Posta un commento