3/01/2023

Vivere il presente tra paure, dolore e sofferenze

 

Desidereremmo tutti poter vivere una vita serena, tranquilla, senza problemi. Ma la realtà è un’altra e spesso ci troviamo dentro a situazioni, soprattutto di malattia, che ci rendono questa vita difficile, quasi impossibile e insopportabile. Quando il dolore fisico o psicologico invade la nostra vita coinvolgendoci in prima persona, quando i protagonisti del dramma siamo noi, la nostra reazione è di paura e di rifiuto. Ma questa reazione al male sarebbe un voler negare la realtà, un nascondere la testa sotto la sabbia e fingere che non ci sia il problema; d’altra parte non possiamo nemmeno permettere al dolore di farla da padrone e invadere tutta la nostra vita rovinandoci l’esistenza in modo definitivo. Correttamente dovremmo dire: «Il mio male c’è, ma io non sono il mio male; io non sono solo la malattia e la malattia non è tutta la mia vita». Ma come riuscire a rendere vita vissuta questa affermazione di principio? Come affrontare la paura, il dolore e la sofferenza che questa mia malattia mi provoca senza lasciarmi travolgere dalla sua negatività?

Se osserviamo bene, le emozioni negative sono suscitate soprattutto dalle recriminazioni per ciò che è stato, attraverso le quali cerco una causa al mio male, o dalla paura di un futuro immaginato disastroso, che partorisce angoscianti premonizioni. È quasi istintivo, quando si è in una situazione di malattia o di sofferenza, voler cercare a tutti i costi una causa rivangando il passato, oppure pretendere di pianificare e controllare il futuro.

Ma l’unico tempo reale è il presente: il passato non c’è perché è già stato e il futuro non c’è perché non c’è ancora. Occorre allora vivere qui e ora: non lasciare che il passato domini il mio presente e che il futuro mi crei preoccupazioni (appunto pre-occupazioni) che sono solo ipotesi e probabilità.

Vivere qui e ora significa gustare, accogliere, apprezzare quello che ho adesso, quello che vivo adesso: amore, amicizia, vicinanza, affetto, aiuto, ecc…; tutto il bello e il bene che c’è nella mia vita.

Vivere qui e ora significa anche accettare (non subire) quello che non va: ciò che non posso cambiare me lo alleo, lo accolgo e lo addomestico.

Addomestico il dolore, accolgo la sofferenza, mi alleo la paura.

  • Addomestico il dolore. Lo vedo come ingrediente inevitabile di questa vita. Il dolore è selvaggio, non sai né quando arriva, né quando e se se ne va. Allora chiedo la forza a Cristo, Lui sa che cos’è il dolore. Gli chiedo di non lasciarmi sopraffare da esso, di non permettere che il male riempia tutto il mio orizzonte.

  • Accolgo la sofferenza. La sofferenza è un male interiore. Sosto nella sofferenza, le parlo, le chiedo che cosa mi può offrire, che cosa mi insegna, come mi fa crescere, cambiare, evolvere.

  • Mi alleo la paura. La paura è forza vitale: mi salva e mi protegge. Ma, se sfocia nel terrore, mi blocca. E allora cerco di conoscerla e dominarla per domarla.

Dolore, sofferenza, paura sono sentimenti che mi possono servire se sono io a controllarli; mi schiacciano e mi uccidono se mi lascio dominare da loro e se non imparo a conoscerli.

Alla fine sono io a decidere se esserne preda o dominatore: la scelta è mia.

Oltre a un ragionamento intellettivo e razionale attraverso il quale posso decidere il cambiamento, c’è un atteggiamento interiore di fiducia e apertura verso Colui che ha liberamente accettato di vivere il dolore, la sofferenza e la paura. Gesù mi insegna: ha lottato e ha vinto il dolore, la sofferenza, la paura, il senso di fallimento e la solitudine. Gesù mi invita a fidarmi e a vivere qui e ora il rapporto preferenziale con Lui in questa mia situazione.

Vivere qui e ora significa concentrarmi sul presente. Penso alle mie azioni, alle mie parole, ai miei movimenti. Mi concentro sui miei sensi: ascolto, annuso, tocco, assaporo, vedo. Godo della mia vita, dell’essere viva; la vivo tutta, la spremo, la consumo.

Il passato e il futuro li posso immaginare come i bordi della mia strada e non permetto che la invadano: loro restano là, ai margini. Oppure me li immagino come la strada dietro e davanti a me: quella fatta e quella ancora da percorrere. Guardo la strada dove metto i piedi, mi concentro sul passo che sto facendo, mi gusto il paesaggio che sto guardando. Solo questo passo. Ho l’energia per fare questo passo presente, immediato. Non consumo le mie forze a pensare a come ho fatto i passi precedenti o a come farò i futuri. Qui e ora. Quando il passato si fa invadente e soffoca il mio presente, non faccio altro che riconoscerlo, capire perché torna a invadere il mio “qui e ora”; cerco di capire di quali bisogni è voce, di quali ferite non rimarginate si fa eco.

Guardando a Gesù, che vuol fare nuove tutte le cose, accolgo il suo perdono, il suo invito a perdonare e prima ancora a perdonare me stesso. A questo punto la smetto di recriminare e, invece, colgo e sottolineo la lezione che la mia storia mi porge. E lascio andare ciò che è passato. È passato e basta; punto a capo.

Quando è il futuro a farmi paura mi rifugio tra le braccia di Dio e mi sento serena come un bimbo svezzato in braccio a sua madre (Sal 131,2). Mi lascio cullare, contenere, proteggere; mi fido, proprio come un bimbo si fida di sua madre.

Il futuro non lo posso controllare, non posso prevederlo: posso solo fidarmi. Fidarmi di un Dio con me, che non mi abbandona mai.

In conclusione vivere qui e ora significa rappacificarmi con il mio passato vedendo in esso la presenza di Dio che mi aspettava e che fremeva perché mi accorgessi del Suo amore. Inoltre significa fidarmi che la Sua alleanza dura in eterno: se c’era nel mio passato, c’è nel mio presente e ci sarà nel mio futuro.

Tutto questo spetta a me interiorizzarlo e assimilarlo. La scelta definitiva è sempre e solo la mia: a Lui posso chiedere la forza dello Spirito per sentirlo e sperimentarlo DIO CON ME.

Maria Rosa Brian

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